Una cosa prolissa sulla SS Lazio, il tifo organizzato, i riflessi condizionati

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Non avendo mai puntato all’unanimità, non mi stupisco di risultare spesso antipatico e irricevibile. Per parafrasare il bunjee jumper di Piazzale Loreto: “Certi nemici, molto onore”. Non mi spaventano, ancorché mi fracassino l’apparato riproduttivo, le shitstorm organizzate. Ne ho ricevute da partiti di quasi tutto l’arco costituzionale, tolto il Pd. Non perché io sia del Pd: è che non capiscono le battute. Però, ecco, ma mi rendo conto che sui social sia molto difficile, vorrei essere responsabile di quello che dico e non di quello che capiscono gli altri. Specie se gli altri si raggrumano come una massa senza volto sulla base di quello che hanno creduto di capire. Una massa in cui c’è ovviamente molta gente in buonafede, alcuni decisamente simpatici, cui riservo questa risposta. Perché a tutti non è umanamente possibile.

Non chiedo scusa, intanto. Non chiedo scusa per aver rilevato, con una blandissima battuta, la curiosa “coincidenza” dello striscione che, nella curva della SS Lazio, ha commemorato la Regina Elisabetta con il tradizionale fascio font. Con tutto che la Regina Elisabetta, o per meglio dire il suo predecessore, contribuì alla fuga verso il confine del coniglio pelato che ci aveva resi camerieri dei nazisti. Quello che mandò mio padre in un campo di concentramento. Diciamo che, al netto di tutto, si poteva scegliere una grafica più consapevole.

Non chiedo scusa perché quello che avete capito voi, o che vi è piaciuto capire, non è quello che dicevo. Cioè: non ho mai detto che tutti i laziali sono fascisti. Ho celiato sulla curiosa coincidenza di una curva infestata, come molte, ma, storicamente, più di molte, da gente che potendo invaderebbe la Polonia. E non escludo che l’abbia già fatto. Facile? Certo. Le battute sono facili. Falso? Dai: non ci credete manco voi.

Che ci siano laziali antifascisti è noto. È un’ovvietà. Essendo nemico dei luoghi comuni, ho più volte dato pubblicità al Club laziale che si definisce tale. E che non è stato trattato coi guanti, mi risulta, in quello spicchio di Olimpico. Ho già aggiunto un dato che suona molto come “ho anche amici gay”. Ma ho almeno tre amici laziali antifascisti. Veri, eh? Non credo siano anche gay, ma non è che si possa essere perfetti.

Non chiedo scusa perché è un tema persino naturale, per un tizio come me, e l’ho sempre trattato per qualunque squadra. Pagandone le conseguenze, peraltro del tutto onorevoli, con insulti e minacce. Minacce reali. Anche quando la squadra era quella, il Bologna Fc 1909, che per me è una ragione di vita. Dacché a me fa abbastanza vomitare, per usare un giro di parole, che gli stadi italiani siano diventati un non luogo di prepotenze nostalgiche assortite. Quando accade, ne scrivo. Sono un cagacazzi anche dal vivo, tra l’altro. E prima o poi magari mi menano: solo negli ultimi due mesi ho rischiato con un tizio che salutava romanamente ad Ascoli e un farmacista filonazista nel Triestino.

Perché a me il fascismo, il nazismo, quella merda lì, chiamatela come volete, manda il sangue alla testa. I bulli, mi mandano il sangue alla testa. Una volta lo chiesi a un partigiano: “Come spiegherebbe a un ragazzo i fascisti?”. E lui: “Gli direi che erano dei bulli”.

Siccome però campo – bene – anche di facezie, quando posso li metto in burletta: una risata li appenderà. E non mi importa molto quali colori sfruttino per propalare quella – ripeto – merda. Anzi, come ho già scritto anche nei miei libri: essermi famiglio comporta una responsabilità maggiore. Se a vagheggiare il tempo dell’olio di ricino è qualcuno che condivide una mia passione, calcistica o no, direttamente o qualche con simbologia paracula ma evidentissima, m’incazzo il doppio. Così come chi ha nostalgia dell’Urss, chi sta con Putin, i vetero-comunisti, chi si permette di spezzare una piccola lancia per le Br, mi fa incazzare come non mai. Perché mi somiglia, o crede di somigliarmi. Mi sta vicino. Dunque, se posso gli tiro, una scoppola, metaforica, più forte.

Ora: non pretendo che i laziali antifascisti, nel momento in cui si fa notare quello striscione di melma, tra l’altro acqua di rose rispetto a quel che si è visto da quelle parti, prendano le distanze. Sarebbe come chiedere a tutti i musulmani di dissociarsi dal terrorismo, o come se gli italiani dovessero andare in giro per il mondo specificando di non essere mafiosi. Ma almeno sarebbe opportuno non sucarla a chi fa notare un’ovvietà di cui non possono non essere consapevoli. Prendetevela con chi lo sporca davvero, il vostro nome. Mica con me.

Ché quando all’estero mi dicono che c’è la mafia, per dire, o quella volta che in Polonia il tizio del bed and breakfast mi ripeté “bunga bunga” allo sfinimento, convinto di essere divertente, mica rispondo per le rime e m’incazzo con lui. Non è che, nello specifico polacco, mi sia messo a fracassargli la uallera spiegando dove poteva infilarsi il bunga bunga. Perché non sono berlusconiano: non mi tocca. Di più, quel “bunga bunga” l’avevo preso per il culo altrettanto allo sfinimento pure io. Spesso non gratis. Cos’è? Vogliamo l’esclusiva dell’indignazione? I panni sporchi eccetera eccetera?

Per finire, ma mi serviva qualcosa di più di un tweet, dico solo che mi è spiaciuto dover bloccare a raffica anche qualcuno che ha frequentato il bene dell’ironia e quindi non lo meritava. Ma a un certo punto, mettermi a battagliare in punta di penna su una mania di persecuzione immotivata – nessuno, ripeto, ha mai detto: “Tutti i laziali sono fascisti” – era davvero diventato impossibile.

A me, con tutto il rispetto per la Lazio, della Lazio – come dicono a Cambridge – importasega. Mi interessa solo il Bologna. Quando parlo del quale, sono permaloso e spesso vittimista come tutti i tifosi. Ma ne sono consapevole, ed è forse ciò che mi salva. Perché quando mi riprendo dalla mancanza di ossigeno, quasi sempre riesco a sussurrarmi ciò che, ora, mi sento di ripetere a ogni singolo tifoso laziale da cui sono stato aggredito senza ragione: stacce.

Di solito, in questo modo, mi calmo.

Post scriptum Siccome questo post eccede i 200 caratteri, nessuno l’avrà letto fino in fondo. Ma aggiungo solo una cosa: quando ho usato la mia presunta “pavidità” per un’altra battuta su un’ulteriore coincidenza – sono fatto così: molta gente molto più potente ha cercato di zittirmi: in genere reagisco alzando la voce, finché non mi cacciano – sono stato preso in parola e mi si è aperta una scuola di tip tap sui coglioni perché rifuggirei il confronto. Ergo: lascerò aperti i commenti al post. Anche perché non è che ci voglia ‘sto coraggio a prendersi qualche altra pernacchia: c’è gente che con le parole rischia davvero. Ho già detto quel che dovevo. Non ho nulla da spiegare, null’altro a cui replicare. Dico solo che, come sempre, continuerò a scrivere l’accidenti che mi capita. In base alle cose in cui credo. Potendo, con ironia. Ah: Forza Bologna, sempre.

12 pensieri su “Una cosa prolissa sulla SS Lazio, il tifo organizzato, i riflessi condizionati

  1. Roberto

    Bravo Luca, ci vuole davvero una pazienza infinita.
    Tanti non capiscono, ma molti non vogliono proprio capire. Eppure non era difficile comprendere.
    Apprezzo molto la tua resistenza sui social.

  2. Raffa

    Mo soccia già che sono arrivato fino in fondo mi aspettavo almeno un forza . L’aver impiegato del proprio tempo, immagino tanto, per spiegare per filo e per segno il tutto dimostra amore verso il prossimo. Ah, forza vecchio cuore granata.

  3. Andrea

    Sono della Lazio e non sopporto l’inquinamento della tifoseria da parte di estremisti di destra, (fossero di sinistra sarebbe lo stesso). Tutta la mia solidarietà per quello che hai scritto e ancora di più per quello che hai sopportato.

  4. Pierluigi Torre

    Grazie per aver lasciato aperti i commenti, credo sia la prima volta. Scrivi sempre, o quasi, quello che penso anch’io. Ma lo scrivi molto meglio. Ah, e forza Roma, sempre!

  5. Enrico Valentini

    Sono arrivato in fondo ed ho capito tutto!!! era bello ascoltarti su Lateral alla mattina, la mia rassegna stampa Sfavorita. Ciao e tieni botta.

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