Bologna e il caso Merola: certi nemici, molto onore

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Le possibilità che il sottoscritto voti Pd alle prossime elezioni sono vicine a quelle che ha Mancosu di vincere quest’anno la classifica dei cannonieri. In Premier League.

Se proprio devo scegliere un partito liberista, che irride i sindacati, scatena contenziosi generazionali e sociali a puro scopo propagandistico, riempie le coalizioni di personaggi impresentabili, annuncia operazioni epocali e poi si dedica al piccolo cabotaggio elettorale, allora vado dritto su Forza Italia.

Che però a Bologna manco esiste. Come del resto non c’è il MoVimento Cinque Stelle. Siamo praticamente l’unica città in cui l’opposizione è implosa. Ne avrebbero avuti di motivi per generare un progetto politico intorno al poco o nulla combinato da palazzo d’Accursio. Non era difficile. Invece siamo qua a scrutare (io, in verità, con un certo terrore) le prove tecniche di coalizione demoleghista. Male che vada #cambieremoverso al manganello.

Però, se mi è concesso, voglio proprio difendere Virginio Merola.

Non solo perché senza di lui farei molta più fatica a inventarmi le rubriche. Pietre miliari come il referendum ignorato sulla scuola, la giravolta da Bersani a Renzi, i lavori per il Crealis durante il boom di turisti per l’Expo – “Oh, what a wonderful cantierone!” – sono una garanzia per la vita della satira.

Quanto soprattutto per una vecchia massima di Freak Antoni: “Dimmi con chi vai, ti dirò se vengo anch’io”. Cui ho sempre aggiunto una variante personale di un celebre detto del pelatone di piazza Venezia: “Certi nemici, molto onore”.

Che a crivellare l’esperienza politica di Merola siano figure stimabili come Andrea De Maria, che però conosco da quando in via Barberia lo spolveravano insieme al busto di Breznev, mi suona un filo anacronistico. Se poi leggo i nomi dei presunti candidati alle primarie cui dovrebbe sottoporsi (ma sfiduciatelo e basta: davvero volete fargli fare la fine di Silvia Bartolini?) sobbalzo ancora di più.

Lasciamo stare il Rettore: lì il problema è funzionale. Sarebbe forse l’ora che la politica si riprendesse un posto centrale, senza delegare le proprie scelte ad altri e degnissimi mondi. Se il Pd non ha un candidato in proprio, come direbbe Renzi, è un problema suo. Endemico.

Ma Galletti? Fossi uno qualunque – e lo sono – della fu base piddina, mi chiederei come sia possibile che l’Ogm del vecchio partitone voglia affidare il futuro della città a un assessore della peggior Giunta mai vista a Bologna. Quella che, al di là della stima per l’uomo Guazzaloca, assestò la spallata definitiva alla buona amministrazione che già scricchiolava sotto il peso della nomenklatura ex comunista.

Anche per questo, que viva Virginio. Il grigio Virginio. Il confuso Virginio. Lo scaricato Virginio. Cui riesce, sul filo di lana di una corsa che forse perderà, il miracolo di essere molto meglio di chi gli ha già preparato corda e sapone.

Uscito sul Corriere di Bologna