Trump presidente: il programma dell’insediamento

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(ANSA – ALVARO VITALI) Donald Trump mentre propone all’inviato dell’Associated Press il celebre gioco del dito da tirare

(ANSA – ALVARO VITALI) Donald Trump mentre propone all’inviato dell’Associated Press il celebre gioco del dito da tirare

Come si svolgerà la cerimonia d’insediamento del presidente Trump?

 

La cerimonia di oggi sarà scandita, all’insegna della sobrietà, da un rigido protocollo. Questo.

Ore 8 (del 18 gennaio) Via ai lavori il riporto di Trump: li coordina un ingegnere spaziale.

Ore 9 (del 20 gennaio) Trump telefona a Hillary Clinton per invitarla a presenziare.

Ore 9.01 Trump richiama per rivelare che era uno scherzo. Segue rumorosa pernacchia.

Ore 9.30 Spettacolo di lap dance al Trump Plaza offerto da Vladimir Putin. Silvio Berlusconi ha mandato dall’Italia alcune consigliere regionali.

Ore 10 Suddivisione del pubblico. In omaggio al politicamente corretto, i posti per le persone di colore portano la scritta “black” e non “nigger”.

Ore 18 Dopo l’allontanamento dell’annunciatore storico, un nuovo speaker dà il via alla cerimonia: il wrestler Hulk Hogan.

Ore 18.30 Arrivano Barack e Michelle Obama. Trump scrive “Thank you” sulla loro auto con una chiave inglese.

Ore 19 Trump giura. Per rendere più  cannoni a salve sono stati sostituiti da alcune ogive nucleari. Annientata la Corea del Nord.

Ore 19.30 Discorso d’insediamento con un passaggio sull’Isis. Viene pronunciato addentando un panino con la porchetta.

Ore 20 Conferenza stampa. Per l’inviato della Cnn pronte pece e piume. L’evento è organizzato con la consulenza di Beppe Grillo.

Ore 20.30 Aperitivo alla Casa Bianca con 300 invitati. Le auto vengono parcheggiate sull’orto di Michelle.

Ore 21.30 Dopo i numerosi forfait, lo show si apre comunque con un concerto che farà rumore: un agricoltore di Montgomery suona “Sweet home Alabama” con le ascelle.

Ore 21.30 Gesto distensivo verso il Messico: un gruppo di mariachi esegue brani tipici mentre deputati repubblicani gettano noccioline dentro la loro gabbia.

Ore 23.30 Invasione del Canada.

Ore 24 Inizia lo smontaggio del riporto di Trump. Durerà per l’intero mandato.

Uscito su Oggi

 

Una cosa impopolare sull’attacco di De Magistris a Saviano

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Roberto Saviano dice spesso che il suo principale torto è di essere ancora vivo.

Ha ragione.

Se la sentenza a suo carico fosse già stata eseguita, quantomeno non assisteremmo al dividersi scurrile che anima in queste ore il campo del cosiddetto fronte anticamorra, col sindaco di Napoli che, per difendere il proprio operato da un’intervista critica dell’autore di Gomorra, ha sfoderato un attacco personale che manco De Luca ai bei tempi.

De Magistris ha ovviamente ogni diritto di criticare Saviano, di smontarne – se riesce – il giudizio sulla  “sua” città. Di contrastarlo politicamente. Non può (non dovrebbe) farlo con le solite due frasette orecchiate malamente da Sciascia, che potremmo ridurre a una immagine: parla lui, che con la camorra si è arricchito e adesso conciona da un attico di New York.

Se mi è consentito, vorrei porre all’ex pm un paio di obiezioni:

  • Personalmente, trovo più comodo uno scranno a palazzo San Giacomo che vivere da latitante dopo aver scritto la verità sul Sistema. Per primo.
  • Non si vede perché, durante la latitanza, Saviano dovrebbe vivere a pane e acqua. È un giornalista, uno scrittore. Mica San Francesco. A meno che non voglia decidere De Magistris dove il suo odierno avversario deve nascondersi. Pyongyang? Beirut? La Fossa delle Marianne?

Non vedo, inoltre, perché Saviano non dovrebbe guadagnare dal suo lavoro. A parte che la blindatura lo costringe a non poter lavorare sul campo, limitandone di fatto i margini narrativi. Ma cosa c’è di male se incassa fior di royalties sui libri che, incidentalmente, ne hanno stuprato l’esistenza?

Chiedo a De Magistris: è meglio guadagnare con la camorra o l’anticamorra?

Saviano ha ragione: paga l’essere ancora vivo. L’essere diventato un santino suo malgrado.

Con le sue contraddizioni. I suoi libri più o meno riusciti. I suoi articoli più o meno azzeccati. Le sue opinioni più o meno condivisibili. Le sue interviste opinabili, per criticare le quali, però, non si dovrebbe usare un linguaggio, un tono, argomentazioni, che normalmente denotano una cattiva coscienza.

Il fatto che De Magistris non ce l’abbia, quella cattiva coscienza. Che sia una persona onesta. Che possieda una cultura superiore all’italiano medio abituato a costruire piedistalli che poi istoria di paduli disegnati con lo spray, che, in definitiva, la sua reazione sia molto probabilmente una bizza da primadonna incapace di tollerare qualcuno più “eroe” di lui, che gioca a chi ce l’ha più lungo, il curriculum, è parecchio triste.

E, se possibile, aggrava la gravità delle sue parole.

Farebbe bene – credo – a scusarsi.