La Procura di Bologna e il surreality show

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Provo un rispetto quasi sacrale per la Magistratura, non foss’altro che nel mio peregrinare satirico ha sempre difeso la libertà d’espressione.

Piccole cose, piccole querele (Nicola Porro, un ex assessore socialdemocratico, Manes Bernardini, Forza Nuova, un gruppetto neonazista che non voleva essere chiamato per nome) che si sono sempre concluse con l’assoluzione perché il fatto non sussisteva.

Abbracci, simpatia, viva l’articolo 21 della Costituzione.

Aggiungo che, da battutaro quale sono e fui, penso di aver comunque compreso l’impianto formale che sorregge le accuse della Procura sulle occupazioni. E temo non sia infondato. Mi pare (posso sbagliare) che il ragionamento sia: anche a Bologna, c’è chi usa il disagio sociale come un tram per il proprio percorso ideologico di illegalità diffusa. Che è un po’ come dire che alcuni No Tav manco saprebbero indicare la Val di Susa sulla cartina, ma intanto sono in prima fila a strumentalizzare le ragioni – giuste o sbagliate che siano – di quella battaglia.

Detto questo, ribadito il rispetto per chi giudica, in un Paese che ripudia e sente altro da sé chiunque applichi la legge, scolpito sul marmo che le sentenze si rispettano e le indagini pure, gli avvisi di garanzia al piddino Mazzanti e alle sellina Cathy La Torre hanno un che di surreale.

Uso questo termine, surreale, perché è lo stesso che è valso al capogruppo Pd la querela. E lo faccio non già per sfida, ma per inserirlo nella coda di opinioni che ho espresso in queste poche righe. Criticabili o no. Ma appunto opinioni.

Ne aggiungo perciò un’altra: il sindaco e l’assessore Frascaroli hanno gestito le occupazioni con la lucidità e la consapevolezza di chi sa che l’emergenza sociale, qui come altrove, è stata affrontata poco e male. Hanno fatto il loro, secondo il sottoscritto. Se poi in quelle occupazioni siano stati commessi reati, e quali, lo stabiliranno appunto i giudici. Senza neanche bisogno di andare a Berlino. Basta e avanza via Farini. Ma così, d’acchito, per la rubrica “ascolta un cretino” parrebbe proprio che il Comune abbia agito per salvaguardare i deboli. Sprezzante, pare incredibile anche a me, dei calcoli elettorali.

Pensarlo, e affermarlo, è davvero reato? Proprio perché rispetto i Giudici, aspetterò che si pronuncino. Sperando che nel frattempo non tocchi anche a me di scontare l’aver parlato degli assessori che parlavano del sindaco che parlava delle occupazioni che al mercato mio padre comprò.

Intanto posso affermare con certezza che a causa di questa complessa vicenda s’è consumato un terribile delitto: ho appena passato 40 righe a difendere Virginio Merola.

Roba, effettivamente, per cui meriterei almeno l’ergastolo.

 

Uscito sul Corriere di Bologna

Grazie, graziella e grazie al vescovo di Ferrara che pare abbia augurato a Francesco di fare la fine di Papa Luciani

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(ANSA – BERTONE) Don Negri mette sul tavolo tutta la sua fede

 

Volevo ringraziare don Luigi Negri, arcivescovo di Ferrara.

Volevo ringraziarlo per non aver capito che Dio pare sia in cielo, in Terra e in ogni luogo, ma anche i collaboratori del Fatto Quotidiano possono essere quantomeno seduti al tuo fianco sul Frecciarossa.

Volevo ringraziarlo per aver telefonato a un anonimo interlocutore, che secondo il Fatto quotidiano era Renato Farina de Il Giornale, adepto di Comunione e Liberazione come Negri, di osservanza andreottiana, che però ha smentito, ha querelato tutti, ha ribadito che lui è un grande fan di Francesco e dei suoi vescovi, e francamente non vedo perché dubitare di Farina.

Volevo ringraziare don Negri per aver detto, tra le altre cose, che si augura per il Papa un intervento della Madonna per farlo finire come quell’altro, Papa Luciani, che come sappiamo raggiunse i cieli dopo un mesetto appena al soglio di Pietro.

Volevo ringraziarlo per aver tuonato contro i vescovi di strada nomimati da Papa Bergoglio in luogo, per dire, a Bologna, del cardinal Caffarra, ratzingeriano di osservanza strettissima.

Volevo ringraziarlo per aver detto che don Dossetti e il cardinal Lercaro, due figure di dialogo, tolleranza, intelligenza, inclusività, che hanno fatto grande questa città e in generale la religione che hanno propalato in Terra, avevano rovinato la Chiesa.

Volevo ringraziarlo per aver promesso di non farne passare una, di far vedere i sorci verdi al cardinal Zuppi, vescovo di Bologna, che “parla dei poveri ma lui che ne sa”.

Volevo ringraziarlo perché non so se ne sappia, di poveri, don Zuppi, ma intanto la notte dorme nel pensionato per preti invece che nel salone delle feste come il cardinal Bertone, cui immagino il vescovo Negri sia un filo più famiglio.

Volevo ringraziarlo per aver tuonato contro il vescovo antimafia che Francesco ha insediato a Palermo.

Volevo ringraziarlo.

Perché sono ateo, ma fino a diciotto anni ho frequentato la parrocchia, ho fatto il catechismo, sono battezzato.

Ed è grazie a cardinali come don Negri se quando trapasserò, nel caso improbabile che incontrassi un tizio con la barba, le chiavi in una mano e il caffè Lavazza nell’altra, potrò dire che, dopo aver letto cosa pensano certe gerarchie in tonaca di persone specchiate come il nostro vescovo, di gente che vuol ripulire la chiesa, di sacerdoti che “non hanno capito” e non vogliono capire cosa sia diventato il ministero di Dio e lo sprezzo per gli ultimi, che ho sentito il desiderio irrefrenabile, quasi inevitabile, di tornare a messa domenica prossima.

Grazie, don Negri. E così sia.

Uscito sul Corriere di Bologna

 

Album di Figurine – Piccolo florilegio delle sciocchezze che ho scritto sul Corriere di Bologna nel 2014

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Vieni avanti, Pechino

Guaraldi combattuto sui quindici milioni di euro offerti dal Guang Zhou per Diamanti: non sa se portarglielo a piedi o in ginocchio.

 

Porcellum
Maniaco di Bologna, per gli inquirenti arrivano i rinforzi: pare che lo cerchi Renzi per farci la legge elettorale insieme.

 

Rimuovimi questo
Condannato per istigazione alla corruzione il titolare della ditta di carrattrezzi che coopera, a Bologna, con le forze dell’ordine. La notizia è sconcertante: davvero c’è un carrattrezzi a Bologna?

 

Lotta di seconda classe
Moretti di Trenitalia lancia una linea Av per collegare la nostra città a Fiumicino. Ma è inutile: quando l’opera sarà terminata, Roma confinerà con Bologna grazie alla deriva dei continenti.

 

Conio cartonio

Beppe Grillo a Casalecchio il 10 aprile nel suo spettacolo contro l’euro. I biglietti costeranno da 38725,4 a 58088,1 lire.

 

Ma che nozze vuoi?

Il vescovo di Bologna, per propagandare le unioni “normali”, ha invitato gli sposi a essere martiri. Wow: non so voi, ma io proprio non vedo l’ora di andare all’altare.

 

Piazza affari
Consorte fonda un suo nuovo movimento politico. Fassino: “Abbiamo un partito?”

 

Pre-occupati
Appreso che alla Bolognina era stato occupato un brutto e inutile edificio in disuso da tempo, il sindaco Merola s’è precipitato per cacciare gli intrusi dal suo ufficio.

 

Spray way
Un locale di piazza Verdi ha lanciato per giovedì prossimo un Tag party celebrativo della musica elettronica, della “next generation” (cito) e, appunto, della bella abitudine di firmare i muri con la bomboletta che tanto bene ha fatto a Bologna. Li supporto con viva cordialità e colgo l’occasione per mandarli tutti a taggare.

 

Senza titolo

Gli studenti di Hobo e Cui hanno interrotto la commemorazione dell’omicidio di Stato di Francesco Lorusso al grido di “Giù le mani da Francesco”. Bravi: pure voi, però.

 

Chi rompe, Gaga
Comunicato: “Nel prossimo video la cantante Lady Gaga indosserà biancheria intima firmata dall’azienda bolognese La Perla”. Era già una notizia dopo le prime 10 parole.

 

Bancarossa
Rapinata la filiale del Monte Paschi di via Zamboni. Rispetto alle ultime inchieste, la novità è che stavolta i ladri venivano da fuori.

 

Vecchi Dc (9)

Alla notizia che Renzi annunciava la cancellazione del segreto sulle stragi di Stato, Giovanardi ha avuto un cedimento strutturale.

 

Il magna magna
Sciopero della pappa, è guerra di cifre: secondo il Comune l’adesione è stata del 52% ma i pediatri registrano che i mal di pancia sono scesi almeno dell’80.

 

Piste riciclabili

Nuovi guai per il vigile indisciplinato di via della Grada. Richiesto di spiegare perché stesse transitando sulla ciclabile in moto, ha risposto: “Perché con la macchina non ci passavo”.

 

Ruby Sunday

Entusiasmo in Forza Italia per la proposta Pd di far votare alle Regionali anche i sedicenni. In questo modo potranno andare alle urne anche molte amiche di Berlusconi.

 

Copia chi molla

Secondo Guaraldi, i giornalisti avrebbero come unico obiettivo il fallimento del Bologna. Praticamente una denuncia per plagio.

 

Convergenze

Merola: “A Bologna i gay potranno essere sepolti insieme”. Giovanardi: “Ok, però vivi”.

 

Baghdad cafè

Sconcertanti dettagli nel piano dell’Isis per gettare Bologna nel caos: volevano far passare il Crealis anche in via San Felice.

 

Fine Zena mai

Forse Cofferati prossimo presidente della Regione Liguria. E’ la volta buona che viene a vivere a Bologna.

 

Rom ladròn
Oggi Salvini visita un campo nomadi. Per dimostrare che è frequentato da gente impresentabile.

 

Zingarate

Si spostano da una città all’altra senza avvertire, sono rumorosi, chiedono soldi, minacciano i giornalisti, li mantengo con le mie tasse, insomma danno fastidio: io non sono razzista, però Salvini e i suoi prima o poi dovrebbero tornarsene da dove sono venuti.

 

Prima e doping
Anabolizzanti sospetti trovati nel camper di Beppe Maniglia. Le indagini partite dopo la scoperta che il suo sidecar superava i 200 all’ora ma andava a pedali.

 

Menate

Mi dispiace moltissimo per la ragazza dei collettivi malmenata, pare senza ragione alcuna, dalle forze dell’ordine. Picchiare gli studenti indifesi è profondamente antidemocratico. Tipo menare i giornalisti.

La sindrome del tortellino

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Beppe Maniglia deve pagare o no l’occupazione del suolo pubblico? E quella delle mie orecchie? E del mio apparato riproduttivo?

Ieri in città si discuteva di questo, come in una plastica descrizione del paesone insonnolito in cui viviamo, quello che si fa costruire Fico dai privati ma manco riesce a fare la voce appena men che flebile con un tizio che scoppia boule dell’acqua calda e contenuto degli slip altrui.

Un filo meno quotata, nel chiacchiericcio da Bar Otello ormai orfano persino del Bar, e di Otello, la vicenda del bike sharing, delle bici condivise da affittare a stanziali e turisti. Quelle che il Comune ha rinunciato a proporre perché un solo esemplare, evidentemente in oro massiccio tempestato di lapislazzuli, costava – parola dell’assessore Colombo – 2000 euro l’anno.

Appena il tempo di dirmi che no, dai, non è possibile, ci sarà una ragione se le bici del sindaco sono così controproducenti, che siamo in Italia e mica a Londra, Parigi, in una qualunque città europea, e dunque, Bot, mica puoi metterti sempre a sputar sentenze senza rilevare il male di vivere e di amministrare di Merola e dei suoi… che le mie dita sono corse a Google. Google notizie, per la precisione.

Ho scritto: bike sharing.

Nelle prime quattro pagine (4) ho scoperto che a Roma stanno ampliando il servizio, anche se qualche bici se la fregano. Che Milano ha appena introdotto 20 nuove stazioni e punta ai 50.000 abbonati entro l’Expo e che sta introducendo bici a pedalata assistita. Che a Busto Arsizio (!) funziona tutto benone e le due ruote, dice il sindaco, costano 550 euro l’anno. Che a Genova furoreggiano. Beh, certo, l’efficiente nord… A marzo partono a Cagliari, le bici del Comune. A Teramo hanno appena esordito e vanno che è un piacere. Ci sono a Presicce, provincia di Lecce. Le hanno a San Marco in Lamis, nel Gargano. A Palermo hanno appena potenziato la flotta…

A Bologna no. Può darsi sia un impeto di autocoscienza, la decenza di non costringere i noleggiatori a pedalare su quella parodia mai presidiata, mal segnalata, spesso dimenticata che è la celeberrima rete di piste ciclabili. Probabilmente non si vuole essere corresponsabili della roulette russa che coglie chi tenta di fare lo slalom tra le pensiline del Civis (il Civis!) in via Irnerio.

O più probabilmente è quella drammatica carenza di prospettiva che uccide chi governa questa città. Fatevi prestare almeno le slide da Renzi, mo’ che siete tutti con lui.

Non ne so nulla, per carità. Non invidio Colombo, immagino che prima di sventolare bandiera bianca abbia alzato il telefono per chiedere a Enel o a qualcun altro di imbastirgli una rete di bici a pedalata assistita ma poi quelli, cattivi, gli abbiano preferito San Marco in Lamis.

Però non mi stupirei se manco ci avessero provato. Perché questa vicenda delle bici di tutti, oltre a rappresentare un autogol comunicativo e strategico segnato da centrocampo in rovesciata, di tacco, sembra un plastico di Vespa della nostra “sindrome del tortellino”. La condanna a guardarci l’ombelico, rassegnati, che ottunde anche le menti migliori, e le migliori idee.

Il restauro dei portici, ad esempio.

Tempo fa, mentre cercavo una bici da affittare, dunque avevo tempo, pensavo tra me e me che sarebbe stata una bella idea affidare il recupero del nostro biglietto da visita al crowdfunding. Poi l’ha fatto, il Comune. Neanche il tempo di esultare (tra l’altro il mio vicino non mi sentiva, perché ero in piazza Maggiore e Beppe Maniglia ci sovrastava a tutto volume) che ho scoperto obiettivo e donatori: il portico di San Luca, i bolognesi

Ecco: tu hai i portici più belli del mondo, non riesci a preservarli, ma il signore benedetto delle idee ti illumina e ti consiglia di coinvolgere un aiuto esterno. Giustamente, una tantum, cerchi un patto sociale con la città. Bravo. Però ci provi nel momento di massima sfiducia nelle istituzioni, e raccogli gli spicci necessari a tinteggiare cinque arcate. Adoperi cioè un metodo nuovo (il crowdfunding) per una questua vecchia: ogni arco ha già il nome di un benefattore, s’è sempre fatto così.

Proviamo ora a uscire dalla sindrome del tortellino. Traduciamo in inglese qual c***o di sito che serve per la raccolta, abbiniamolo a una strategia di comunicazione decente, vendiamo il restauro della più bella città medievale del pianeta (tutta, anche quella laica) al resto del mondo. Mandiamo una e-mail a John Grisham, chiediamogli se fa da testimonial. Dice di no? Paghiamo un ragazzino smanettone che piazzi la colletta in testa ai motori di ricerca. Giriamo un video virale. Cerchiamo donatori negli Usa, in Giappone, nei Paesi arabi, nel Nord Europa. Proponiamo a chi versa una cifra la possibilità di venire a vedere quale meraviglia ha riportato all’antico splendore, facciamolo a prezzo scontato. Creiamo un circolo virtuoso di turismo e responsabilità. Mettiamo Bologna al centro del Mondo e non di fianco al sidecar di Beppe Maniglia.

Possibile che esca qualcosa di più dei 141.000 euro,  e di 181 sostenitori.

E, chissà, magari pure qualche bici.

Uscito sul Corriere di Bologna

Dieci cose che abbiamo imparato da Freak Antoni

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Come scriveva ieri il mio amico Paolo Soglia, ero un pubblico di merda. Amavo Freak e gli Skiantos sgangheratamente. Avevo i suoi libri. Lo seguivo dacché s’era spretato e riaccasato con Alessandra Mostacci. Però non voglio parlare di me, come si fa quasi in tutti i ricordi post mortem. Voglio parlare di lui, maestro incidentale, e delle cose che ci ha insegnato. Una decina all’incirca.

10) Che questa città può essere capitale. Può essere sangue che pulsa e si rincorre nelle vene, e se non è solo sangue in fondo poco importa. Eravamo l’avanguardia. Eravamo il demenziale. Eravamo il punk. Eravamo lui e gli Skiantos.

9) Che Bologna ha un’altra stella da mettere in via Orefici (a proposito: e Dino Sarti?). Ma non basterà. A Seattle c’è un bellissimo museo quasi no global sul rock, sul grunge, sui Nirvana. Noi dovremmo aprire, qui e ora, quello del ’77. Lo sporco, geniale, violento ’77: da Pazienza a Lorusso, passando per Freak. Che ne riderebbe, a vedersi sotto teca.

8) Che a suonare, e cantare, s’impara. Ma non serve. Gli ultimi Skiantos (grazie anche a quel grande chitarrista che è diventato Fabio Testoni-Dandy Bestia) erano signori musicisti, grandi esecutori. Ma poi finisce che ami “Eptadone”, o la versione di “Fischia il vento” con la chitarra che stecca. Persino quel (brutto) inno del Bologna. Perché Freak era l’imperfezione ostentata. L’ostentazione dell’imperfezione. La sua perfezione.

7) Che educare al paradosso, al ribaltamento, a un’idea postmoderna di teatro canzone, non era un’esclusiva gaberiana e anzi, qui da noi, tra un ortaggio lanciato verso il palco e un vaffanculo, avevano trovato un modo meraviglioso di arrivare al mare.

6) Che puoi scrivere mille pezzi decisivi (i miei cinque preferiti: “Gli italiani son felici”, “Vacci piano con la droga”, “Sono un ribelle, mamma”, “Karabigniere blues”, naturalmente “Makaroni”) ma poi in radio passano solo “Mi piaccion le sbarbine”. E forse è giusto così. Altrimenti Freak non avrebbe potuto festeggiare, orgoglioso, “38 anni di insuccessi”.

5) Che non c’è da vergognarsi a essere poeti. Alti. Eterei. Basta sporcarsi le ali come faceva Freak. Il nostro Bukowski.

4) Che i geni non temono di farsi deprivare del copyright. “La fortuna è cieca, la sfiga ci vede benissimo”. “Toccato il fondo, a me capita di cominciare a scavare”. “A volte il fumo è meglio dell’arrosto”. “Mangiate merda: miliardi di mosche non possono sbagliarsi”. Sono nel repertorio comico di chiunque. Perché Freak era e sarà repertorio dell’umanità.

3) Che perdere può essere bellissimo. E c’è da sperarlo, che lo sia, visto che succede spesso. Che una sconfitta rotonda, assoluta, tempestiva, definitiva, è un atto epico e va celebrato. Esattamente come la morte.

2) Che siamo tutti figli suoi. Bolognesi e non, artistoidi e non, consapevoli e non. Soprattutto e non.

1) L’ultima cosa che ho imparato no, non c’è. Perché anche questo ricordo, che non è bello come avrei voluto, forse diventa meno banale se finisce senza una chiusa, senza una frase inutilmente roboante, senza retorica. Qualcosa che, se ci fosse, suonerebbe più o meno così: “Signore dei dischi, abbi cura di Freak”.

Uscito sul Corriere di Bologna