Belli, ciao

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Ieri sera, a un certo punto, Roberto Speranza del Pd ha twittato i suoi complimenti a Laura Boldrini: “Brava”.

Ora: quella donna è al centro di ogni polemica da mesi, spesso del tutto strumentalmente. Applica per la prima volta una procedura oltre il discutibile. Viene accusata di voler favorire in modo sfacciato il Pd e questo governo. E tu le twitti “brava”.

Come diceva Voltaire: “Ma cosa cazzo hai in quella testa, un autolavaggio?”.

Speranza ha 35 anni.

Quando gli piazzano sotto il naso il microfono, alla millesima marchetta Rai in cui deve sciorinare un tema a piacere, mi ricorda quei miei compagni di scuola secchioni che ti provocavano dolore e livore pure quando erano bravi. Figurarsi lui, che ripete a paperella due/tre concetti di cui visibilmente non conosce il contenuto, la storia, le reali radici.

Dall’altra parte, ieri sera, c’erano tizi che cantavano l’Inno di Mameli attribuendogli, nel combinato disposto del pomeriggio, lo stesso valore del “Boia chi molla” di Ciccio Franco. In massima parte anime perse, senza cultura, senza storia. Gente che pensa di poter essere presa sul serio quando, durante un intervento in diretta, mostra il gesto di “puppamelo” in favore di telecamera e degli amici del bar.

Ma voi, voi che avete cantato “Bella ciao”, a che titolo pensavate di farlo?

Voi che andate a morire per l’Imu da cancellare promessa a Silvio e ad Alfano, un provvedimento inutile, demagogico, dannoso.

Voi che state trattando il 37 per cento, il 4,5, la legge salva-Lega. Il mantenimento dello status quo.

Voi, che come avete fatto mille volte, vi limitate a fotografare l’esistente, scendete a patti, trattate col diavolo, perché siete con ogni evidenza incapaci di uno slancio, un progetto, una reale diversità.

Voi che eravate tutti bersaniani e mo’ siete tutti renziani.

Voi che ci avete portato a Weimar, o nel 1974, in questa parodia, per ora, di guerra (in)civile, col pifferaio grigio che si lecca i baffi ogni volta che Speranza apre bocca, che una qualunque renziana caruccia spalanca gli occhioni, che un finanziatore del cambiamento di verso definisce razionali le aziende che ricattano gli operai.

Voi, e chi continuerà a darvi fiducia, Bella Ciao dovreste pulirla con l’Amuchina.

E riconsegnarcela. Ora. Esattamente come state facendo col Paese a Grillesconi.

Ecco: allo stato, è l’unica Speranza che ho.

Il Movimento Cinque Pialle

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Quando lavoravo a Cuore, la discesa in campo di Berlusconi fece da spartiacque.

Fino a quel punto, benché i tratti antirazzisti della rivista fossero del tutto evidenti, la generica foja antisistema faceva sì che molti leghisti si abbeverassero alla fonte verdolina. Magari piaceva loro il colore, non so.

Dopo, se ne andarono di botto circa 30/40.000 copie. Era nato il berlusconesimo (“Una scelta di campo”) e non c’era più tempo né per le mezze misure né per le mezze stagioni.

Mi capita lo stesso coi pentastellati.

Anzi, con i cittadini simpatizzanti del Movimento Cinque Stelle, come cercherò di chiamarli, pena la morte per noia, dopo essermi preso del servo poiché utilizzavo il termine “pentastellati” in luogo del vetusto aggettivo “grillino”, che pare suoni denigratorio solo se pronunciato da persona esterna al cerchio magico.

Ho avuto un lungo periodo (parlo di radio) nel quale, con ogni evidenza, alcuni  cardini dei cittadini simpatizzanti… Eccheppalle. Ho avuto un lungo periodo, dicevo, nel quale alcuni cardini dei pentastellati – il fatto di buttare in satira le convinzioni sovrapponibili sul Pd, su Napolitano, sui governi tecnici, sull’onestà in politica – mi garantivano una certa qual simpatia da parte dell’audience peppesca.

Quando però Peppe è diventato un potere, ho inteso dedicarmi a lui, e alle prodezze dei suoi, con lo stesso linguaggio che adotto normalmente. Appunto come fece Cuore con la Lega. E la delusione, mi pare di intendere, è stata doppia. Dico le stesse cose di prima, sui nemici di Peppe. E passa. Ma appena il motteggio sfiora Casaleggio di Reno (copyright Simone Bedetti) ecco che esplode la sindrome dell’amante tradito.

Peggio mi sento, e si sentono, quando una certa qual concezione della democrazia e dell’educazione (non lo dici, che il presidente della Repubblica è un boia, non ci giochi, con la paccottiglia verbale mussoliniana, non lo scrivi, che in fondo Boia chi molla si può dire perché c’era prima del fascismo… potrei continuare ma l’alveo credo sia chiaro) mi porta a prendere qualcosa di simile a una posizione netta e non satirica.

Quando cioè, al netto delle clamorose ed evidenti divergenze tra il compagno Napolitano e me, tocca dire con chiarezza che tra lui, e il tizio che lo omaggia di epiteti alla Mario Moretti, viene giocoforza stare con Re Giorgio. Persino con Re Giorgio

Il capolavoro dei cittadini simpatizzanti… e che palle: dei grilllini, anzi, di alcuni grillini, perché ho l’onore di conoscerne dabbene, gente che andrebbe transennata per la passione e l’intelligenza che ci mette, è che la loro pialla per cui sono tutti uguali, per cui sei con loro o contro, quel lanciafiamme del pensiero che annichilisce il ragionamento e un vago confronto tra persone pure contigue, spinge tra le braccia della restaurazione, almeno a parole, almeno per una battuta, chi ha sempre detto quello che hanno scoperto con colpevole ritardo. Diciamo vent’anni.

Qual è il senso di questo inutile post?

Che naturalmente, se la divaricazione di cui sopra porterà il sottoscritto a farsi qualche ulteriore detrattore, vale la pena di citare uno statista che per Roberta Lombardi era bravo e giusto fino al 1921: me ne frego.

Anzi, per citare Cuore: e chissenefrega.

In alto i Cuori.

Makaroni del 27 gennaio 2014

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SARO’ SINTETICO Schillaci, visto ieri a “Quelli che”, avrebbe senz’altro la testa per fare l’allenatore. Infatti porta gli stessi capelli di Conte.

SARO’ SINTETICO/2 “Noi diciamo sempre che il nostro slogan è: ‘Quello di gennaio può essere un mercato dove ci possono essere delle opportunità che si possono cogliere valutando che noi non abbiamo da riparare nulla perché noi siamo un gruppo… ‘ (Beppe Marotta, “Skycalcioshow”)

M(ALINO) Dramma Diamanti: ieri dopo il pari del Bologna al 90’ non ha esultato perché di recente è stato colpito da una terribile perdita: i 4 milioni a stagione del Guang Zhou.

LA PAROLA ALL’ESPERTO “#milan il 4~2-3-1 è veramente incomprensibile #seedorf SEI FUORI” (tweet di Flavio Briatore col Milan sotto di un gol, ieri)

LA FAVOLA DI GINOCCHIO Piccolo problema tecnico per gli spettatori di Premium: le interviste di a Seedorf sono così incalzanti che dal televisore esce profumo d’incenso.

OVVIAMENTE “Denis sfiora il gol… e Colantuono si mette le mani nei capelli, è un eufemismo ovviamente” (Roberto Prini, Torino-Atalanta, Sky Diretta Gol Diretta Gol)

PORTA A PORTA Fosse vero (e non è vero) che Buffon ha una relazione con Ilaria D’Amico, il portiere del Bologna Curci, per la legge delle proporzioni, dovrebbe aver preso una cedrata con Varriale anni fa.

POVIA PRO NOBIS Una buona notizia per l’Inter: secondo Povia, che nei giorni scorsi aveva attribuito i terremoti all’eccessivo dinamismo dei 7 miliardi di abitanti della terra, l’unico luogo totalmente antisismico risulterebbe essere il centrocampo nerazzurro.

VOCE ‘E NOTTE Attimi di ilarità assoluta a “Stadio Sprint”: mentre parlava Donadoni, andava in sovrapposizione un’intervista a Guidolin, col risultato di creare una specie di traduzione italiano-italiano. Ci si potrebbe riprovare quando parla Cassano.

SARA’ UNA BELLA SOCHIETA’ Secondo fonti non confermate, la realizzazione del promo olimpico di Sky con Alberto Tomba ha richiesto oltre cento take: invece di Sochi continuava a ripetere Socmel.

CREDARE, OBBEDARE, COMBATTARE “Marchisio cresce molto, ma noi onestamente credavamo e crediamo in lui” (Beppe Marotta, “Skycalcioshow”)

TRIESTE, SOLITARIO Y FINAL Primi effetti dell’acquisizione del Leeds da parte di Cellino: dalla prossima giornata giocherà le gare interne ad Anchorage, in Alaska.

MAGLIE DEL CAIRO Colpo Macron, l’azienda di abbigliamento che in settimana aveva presentato una nuova variante delle divise mimetiche disegnate per il Napoli: da febbraio vestirà anche i ribelli egiziani.

Uscito sul Corriere della Sera

Esclusivo: Giuliano Ferrara non è intelligente

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“Dite quel che volete, ma Giuliano Ferrara  è intelligente”.

Quante volte un amico di quelli – tre – che leggono il Foglio, quei cinici militanti che sono contro tutto e tutti, quelli che davanti a un Negroni sbagliato vi spiegano quanto siano fuori dal coro, subito prima di riposizionare il culo al caldo di un posto ben pagato, possibilmente di Stato, vi ha ripetuto questo mantra? E quante volte avete fatto come faccio io, abbozzando? Beh, si può smettere. Ma bisogna avere la risposta giusta. Meglio, in generale, se se ne hanno una dozzina.

Giuliano Ferrara non è intelligente perché a Valle Giulia a momenti lo beccano.

Giuliano Ferrara non è intelligente perché lancia uova ai televisori, col rischio che rispondano.

Giuliano Ferrara non è intelligente perché fa video rap orrendi che manco Fabri Fibra.

Giuliano Ferrara non è intelligente perché faceva programmi sul sesso, come se Barbara D’Urso ne facesse su Ungaretti.

Giuliano Ferrara non è intelligente perché al suo posto Enzo Biagi raccoglieva molti più ascoltatori e risultava molto più vivace. Persino oggi.

Giuliano Ferrara non è intelligente perché stava nel Pci. Che è morto.

Giuliano Ferrara non è intelligente perché stava nel Psi di Craxi. Idem.

Giuliano Ferrara non è intelligente perché la Cia lo pagava poco sapendo che lo avrebbe fatto gratis.

Giuliano Ferrara non è intelligente perché fa un giornale che, anche se l’abbiamo pagato tutti noi, ha la stessa diffusione dei telegrammi di condoglianze. Ma meno gradevole da leggere.

Giuliano Ferrara non è intelligente perché è l’unico in Italia che non riesce a trovare in giro abbastanza puttane.

Giuliano Ferrara non è intelligente perché attaccare il pm Di Matteo (“Inchieste traballanti”, “Pm monumentalizzato”, “Bisogna intervenire”) rischia di far capire come la pensi davvero.

Giuliano Ferrara non è intelligente perché a stare sempre con chi vince spacciandosi per antagonista ci vuol poco. Niente.

Al massimo è furbo.

E Andreotti non era simpatico. Non era un fine statista. Non era Belzebù. Era un mafioso.

Una cosa retorica su tifo, ultrà e striscioni del menga

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Ho amici ultras.

Detto così, sembrerebbe la classica captatio benevolentiae che nasconde antipatia (esempio: “Non sono omofobo, ho tanti amici gay”).

Mi auguro invece sia un prodromo di tono, da malato del Bologna quale sono, per quello che vado a scrivere. Senza troppi giudizi, spero senza pregiudizi. Farò domande.

A proposito di pregiudizi malriposti: quando domenica è apparso l’arcinoto, e non originalissimo, striscione su Napoli, i miei riflessi condizionati sono scattati come un relais. In passato m’era toccato di duellare per iscritto con la parte “nostalgica” della curva, ricavandone attenzioni importanti che spaziavano dagli insulti alle minacce. Va bene (no, le minacce non vanno bene. Ma siccome l’impopolarità è insita nel mestiere che mi sono scelto, citerò nientemeno che Matteo Salvini: ci sta).

Così mi sono autoassolto: saranno stati loro – mi sono detto – anche perché il lenzuolo galleggiava da quelle parti. La curva è grande, le anime tante. Mi sono crogiolato nella tesi della sparuta minoranza, e anche che quella minoranza fosse diversa da me. Bene: coscienza 2, realtà 0. Palla al centro.

Poi un mio amico ultras, uno di quelli che nella vita di tutti i giorni, per dire, lavorano concretamente per la tolleranza e l’integrazione tra i popoli, lo so per certo, ha scritto la sua sui social. Un post lungo, in cui confessava di soffrire, quando dalle altre parti inneggiano alla strage del 2 agosto, perché quelle son cose serie, ma che il resto, anche quello striscione, rientrava nella logica da curva che dal di fuori è impossibile capire.

Ops.

Infine Paolo Alberti, già capo della Fossa dei Leoni, un tipo simpatico e intelligente che mi pare avesse inventato anche la celeberrima V rosa anti Virtus, capolavoro di ironia per cui rido ancora adesso, uno, se ben ricordo, che era in prima linea quando si trattava di raccogliere fondi in curva per i terremotati, una persona con cui, penso, non farei fatica a trovare un denominatore di discussione davanti a una birra, ha consegnato il suo pensiero alla rubrica che ha sul sito di Alberto Bortolotti: Playblogna.it.

E ha scritto, in un italiano forbito, con una sintassi che alcuni colleghi si sognerebbero, una specie di bollettino politico. Lo sunteggio: l’abbiamo fatto apposta, volevamo che se ne parlasse, cori e striscioni erano volutamente razzisti per protestare, tra l’altro, contro le squalifiche per discriminazione territoriale, e anche perché quando il Napoli viene qui sembra giochi in casa, e siamo noi quelli recintati dalla Polizia. Il messaggio – riassumo ancora – era per gli Abete, i Galliani, quelli che hanno ucciso il calcio, quelli che squalificano i giocatori corrotti ma poi li graziano, che veicolano assenza di valori, e comunque dov’era, Gianni Morandi, quando la società veniva devastata e il buon nome del Bologna e di Bologna violato?

Ora, Paolo, io sono d’accordo con una parte importante delle tue analisi, tolto l’accenno secondo me del tutto ingeneroso a quella bella persona di Gianni Morandi.

Sono d’accordo sul calcio farlocco, sul giocattolo lordato, sulla lotteria impossibile a cui devono vincere sempre gli stessi, sugli interessi immediati che, all’italiana, prevalgono su una decente programmazione. Sono d’accordo su Guaraldi, per quanto mi chieda chi altri in città – questa è Bologna: guardati intorno – abbia mosso passi concreti per sostituirlo. Sono d’accordo sulle curve tenute come tuguri, sugli ultras trattati solo come un problema di ordine pubblico. Sono d’accordo su quella poderosa presa per i fondelli che è la tessera del tifoso.

Però, siccome la domenica ti sei assunto l’onere o l’onore di rappresentare la mia città, dunque me, vorrei chiederti quand’è che ti ho delegato a protestare in quel modo agghiacciante, scindendo il messaggio dal mezzo, lo stesso che avete usato per l’Heysel, o contro la debolezza umana di un altro uomo perbene: Pessotto.

Vorrei chiederti se davvero lo stai facendo, con quel tono a me irricevibile, per un calcio migliore, per il Bologna, per Bologna, o per una semplice affermazione territoriale, una dimostrazione muscolare, e se dunque tu – e in generale gli ultras, al netto di ogni analisi sociologica che non mi compete e non saprei fare – non stiate invece prendendo in ostaggio la mia passione e quella di qualche altro per fini diversi. Legittimi finché vuoi, ma diversi. Personali.

Perché – è l’unica opinione, il resto sono davvero domande, e so che avrai la compiacenza di rispondermi – è vero che il cosiddetto calcio moderno, dunque televisivo, sta svuotando gli stadi. Ed è anche vero che non possiamo pretendere allo stadio qualcosa di diverso dalla mentalità che anima tutto il Paese, in qualunque campo, soprattutto la politica, e cioè che gli altri sono nemici indistinti contro cui protestare (lo Stato, Equitalia, la Lega calcio) e noi puri, invece, siamo sempre legittimati a fare ciò che vogliamo da un bene superiore, che siano la rivoluzione, la partita Iva, o un gol di Rolando Bianchi. Però se io non porto più mio figlio allo stadio, e del calcio (purtroppo) non gliene frega una beneamata favola, è anche perché penso che novanta minuti di vaffanculo, e quella scritta, non siano una cosa normale. Non qui, almeno un tempo. Ed è il motivo per cui ieri eravamo su tutti i giornali, e persino da Vespa: la percezione di un popolo si forma lentamente, dunque si stupiscono che accada a Bologna. La tua, la mia.

Anzi, e ti saluto, voglio usare un luogo ancora più comune: i novanta minuti di vaffanculo creano gli stadi di domani. E poi succede come ai piccoli tifosi della Juve, che nella curva squalificata neanche dovevano esserci, con la loro triste imitazione degli insulti che di solito usiamo noi adulti.

Avresti mai pensato di trovarti lì, accanto a loro? Ecco: ci sei. Ci siamo.

Forza Bologna.

 

Uscito sul Corriere di Bologna