Quel paraculo di Warren Beatty e l’agguato a Faye Dunaway: una ricostruzione

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La scena l’avete vista, ma forse non l’avete sezionata.

La scena dell’epic fail, come dicono quelli che parlano male. Dell’Oscar assegnato per errore a “La La Land” che invece tre minuti dopo, previo e postumo psicodramma, finisce a “Moonlight”.

Va così.

Warren Beatty apre la busta sbagliata. Segue sguardo spaesato. Addirittura rovista nella busta medesima per verificare se non ci siano altri fogli. Perché sul cartoncino c’è sì il titolo di un film, ma c’è anche il nome di un’attrice, Emma Stone, che la statuetta l’ha appena ricevuta sul serio. Beatty si ferma. Sa che sta per fare la cazzata. Non vuole farla. Attimi di interminabile imbarazzo.

Faye Dunaway, al suo fianco gli dice: “Va’ avanti, va’ avanti”.

Allora quel simpatico coniglione le sposta la busta sotto gli occhi finché lei pensa che sia il momento di sollevarlo dall’inspiegabile balbuzie espressiva. E finalmente pronuncia il titolo. Errato.

Seguono, nell’ordine, giubilo, dramma, farsa.

Morale: anche stavolta, per salvare il culo a un uomo, una donna si immola e pesta il merdone in sua vece. Addirittura in Mondovisione.

Grazie a nome di noi codardi. Alla prossima.

Di patate, oche e prime pietre da scagliare: una riflessione

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monclerAnche a me capitò di essere accusato di sessismo, per una vignetta in cui, con un piccolo carpiato, avvicinavo le oche a Maria Elena Boschi. I miei censori furono tre quotidiani: il Fatto, Libero e il Giornale.

Il pelatone di piazza Venezia diceva “molti nemici, molto onore”. Ed era una cazzata. “Certi nemici, molto onore”, invece, è un po’ la mia filosofia di vita. Quindi mi spiacque un po’ per il Fatto, ma le altre due erano medaglie al valore.

È come se Valentino Rossi ti accusasse di evadere le tasse, o Valerio Scanu di cantare canzoni orribili.

Tuttora penso che quella vignetta non fosse sessista (avessi parlato di Lotti magari l’avrei avvicinato a un asino, per dire) e che un’oca vera avrebbe scritto una riforma della Costituzione più plausibile. Il luogo comune atteneva alle capacità, mica alla bellezza che fa rima con stoltezza.

Poi non so se la rifarei, confesso. Perché ricevetti anche qualche critica sensata. Non capziosa. E quando ricevo critiche tendo ad interrogarmi.

Certamente non avrei mai osato scrivere, eppure faccio satira, o almeno ci provo, che la Boschi veniva “trivellata dai giudici”. Mai avrei chiesto al mio blog cosa fare con la Boldrini in macchina. Mai avrei dato della vecchia puttana alla Montalcini. Mai, come il satirico ufficiale del MoVimento, mi sarei sognato di dare per assodati – in un tweet serio, neanche in una vignetta – ipotesi di rapporti orali tra l’ex premier e un suo ministro.

Perché spero di essere una persona perbene.

Chi oggi si straccia le vesti per il titolaccio orrendo di Libero è il primo responsabile di un’informazione che usa in malafede gli stilemi della satira. Basta leggere Tzé-Tzé. E non è, non sono, almeno in questa vicenda, persone perbene. Sono le vittime del tutto casuali di un cortocircuito innescato da chi – Feltri – possiede la stessa cultura umana, politica, giornalistica del partito politico che ha così malamente attaccato

Il Blog di Peppe, i suoi fan, i suoi lettori, sono sovrapponibili a quelli di Libero. Così può capitare, com’è successo, che sulla linea di fuoco del vaffanculo reciproco finiscano persone innocenti come la Raggi. Cui esprimo piena e sincera solidarietà per essere capitata, senza alcuna colpa, in una pessima partita di giro.

Basta solo sia chiaro a tutti di quale partita si tratta.

È un derby.