Olimpiadi di Sochi su Sky: il saluto di Alberto Tomba

Standard

E’ Alberto Tomba il testimonial delle Olimpiadi invernali di Sochi per la prima volta su Sky e su Cielo. Di seguito, un suo breve saluto.

di Alberto Tomba

Forte, oh.

Mi ricorderò sempre quello che mi disse Pirmin Zurbriggen quando… eh?

Lo sci è uno sport che se lo metti lì poi dopo ti sembra che te…

Ventotto.

Chi mi conosce lo sa.

Le Olimpiadi su Sky è molto bello che ci sono, perché… le Olimpiadi capitano solo qualche volta all’anno.

Soccia.

Io c’ho il decoder, lì… di Mediaset… non dovevo dirlo.

Comunque mi chiama Gustav Thoeni e mi fa: Alberto? Prrrrr.

Allora io dico che con tutti i canali che c’è, Sky è il più migliore.

Siamo Sochi.

Forte questa, chi l’ha scritta?

Salvini fannullone. Ci sta, ci sta

Standard

Con Matteo Salvini credo di aver incrociato le lame per la prima volta nel 1999, quando avevo una rubrichetta su Specchio della Stampa sotto la direzione di Massimo Gramellini. Non ricordo neanche cos’avessi detto su di lui, ma ricordo che mi rispose per iscritto con una battuta, qualcosa del tipo “vediamoci per bere un bicchiere di rosso”. La battuta, conciliante, stava nel fatto che il rosso ero io. Le risate.

E’ umorismo padano. Me la fece tal quale Luigi Crespi, il sondaggista amico di Silvio, in un ufficio Rai nel quale stavano casualmente per affidargli un botto di ricerche pagate coi soldi pubblici. Ero lì per capire se sarebbero state usate anche nel Dopofestival di cui avrei fatto l’autore. C’era anche un funzionario di viale Mazzini, glielo presentarono solo a fine riunione. Si chiamava Bianco. “Io sono Bianco”, disse. E Crespi, dopo, stringendo la mia mano: “Tu invece devi essere rosso”. Mi vestivo e mi vesto come in un outlet albanese dei tempi di Hoxha: m’aveva sgamato così.

La lunga digressione ha un obiettivo di contestualizzazione storica: c’è stato un tempo in cui eravamo innocenti – Crespi, in seguito, sicuramente no – e le battute, anche scadenti, erano battute. Salvini era un Trota appena più brillante e se ne stava nelle acque profonde mentre Bossi saettava promesse  secessioniste, Maroni si faceva fotografare mentre leggeva l’Unità (per il verso giusto: pazzesco), Boso imitava Obelix, la Pivetti imitava prima Santa Maria Goretti e poi Sukia. Per convenzione facevamo finta di credere che esistessero davvero i 300.000 bergamaschi armati e che davvero Rho volesse andarsene in Europa da sola, una villetta a schiera alla volta, ma sapevamo tutti, soprattutto loro, che l’obiettivo ultimo era trombarsi una valletta bona e spostare il rutto libero dalla Berghém fest al privée di Fortunato al Pantheon.

Lo sapeva anche Salvini, che per uno scherzo del destino oggi guida il Carroccio e non un Doblò che distribuisce felpe. Per illustrarne il peso specifico, ricorrerò a un paragone calcistico, così lo capisce anche lui: avete presente gli squadroni della serie A italiana quando giocano le Coppe? Improvvisamente diventano pippe micidiali e passano il tempo a piangere con gli arbitri che nemmeno l’Ascoli contro il Real Madrid. Perché in Europa, ecco cosa, improvvisamente ti ritrovi nudo. Ti giudicano per quello che sei. Vinci o perdi senza la mediazione del tuo potere, o del potere che ti sei costruito coi media. E così l’altro giorno il povero Matteo, a Bruxelles – non ce l’ha, la maglietta con su scritto Bruxelles: forse perché ci sta poco – è stato apostrofato da un deputato socialista con termini ottocenteschi (“Fannullone”) perché si era fiondato in aula a criticare i lavori di una commissione che lo vedeva tra i membri, ma alla quale non aveva mai presenziato. “Lei doveva essere qui a lavorare e stava sempre in tv”, gli ha detto, quello, in faccia. “Si vergogni”. E Salvini, privo delle protezioni e della buona educazione che – chissà perché – gli riserviamo qui, ha risposto come Fassino al terzo round contro Mike Tyson: “Ci sta, ci sta”.

Ci sta anche, allora, che il “rosso” ti dica in faccia che la dovete piantare, Matteo, di fare i fascisti, per qualche voto in più, pur di raccattare un fiotto d’identità nel deserto di consensi che vi siete ampiamente meritati.

Ci sta che uno che campa di battute ti dica: basta con le battute. Perché poi le menti semplici come la tua finiscono per ricadere nella profezia autoavverante e, siccome si comportano da orribili razzisti, trasformano il proprio astio ignorante in qualcosa di potenzialmente violento. Armano mani.

Non sono più anni innocenti. Il primo che toccherà un capello alla Keynge, Matteo, beh, sarà colpa tua. La terza pagina della Padania di oggi, quella contro la negritudine, è da denuncia per apologia di reato. La lista con agli appuntamenti di Cécile Kyenge (ce ne saranno di ministri scarsi, ma quella purtroppo è negra, vero?) pure. E quell’altro coglione che parla di andarla a cacciare, evocando i fucili, andrebbe zittito d’imperio. Bossi – Bossi! – avrebbe trovato il modo di smarcarsi.

Perché il linguaggio che ti sei scelto facendo finta di credere, o credendoci, e sarebbe peggio, alle palle separatiste su cui avete costruito i vostri lombi importanti, le roncolate che tiri dopo averle orecchiate tra una comparsata in tv e l’altra, è una roba da nazisti dell’Illinois, con tutto che Chicago pare sia più vivace di Varese e se per caso andaste per davvero a fare le ronde finireste come quelli del Kkk in Django Unchained. Solo che in Italia i nazisti dell’Illinois vincono le elezioni. Spesso.

Perché le parole sono importanti, Matteo. E siccome lo sai pure tu che ‘ste stronzate sulla separazione non arriveranno mai da nessuna parte, che i padani sono la prosecuzione degli italiani con mezzi più grevi, che avete retto la coda per vent’anni a uno che definivate “mafioso” su quello stesso giornale che oggi insulta e addita i négher di governo, che sei il compagno di partito di un tizio che straparla di attacco alla democrazia perché l’hanno beccato col sorcio (e le mutande verdi) in bocca, che al mattino lanci strali xenofobi al riparo del tuo bel giornalino – “Siamo quelli che la faremo dimettere, sciura”, e poi “Se ce lo sequestrassero sarebbe fascismo”: ma smettila – e la sera vai da Varriale al Processo del Lunedì a parlare di 4-4-2, potresti trovarne di più consone a mitigare quella che meglio ti definisce: inadeguatezza.

Inadeguato. Persino per propalare odio. Fannullone. Studia.

Ci sta, ci sta.

 

Il professionista dell’antimafia: la solidarietà a Luciano Bruno

Standard

Non sopporto le campagne volatili (“Condividi se hai un cuore”, “Clicca qui per sconfiggere il cancro”, “Per non dimenticare: tutti insieme contro la ‘ndrangheta”) e nello stemma della mia famiglia c’è il famoso adagio di Brecht: “Sventurata la terra che ha bisogno di eroi”. Però da diverso tempo i professionisti dell’antiretorica mi stanno sulle balle quasi quanto i retori. Perché da noi, in Italia, si abbatte quasi sempre ciò che manco si è iniziato a costruire. Un nome: Saviano. Ce ne siamo annoiati dopo un amen, ci ha delusi perché non sconfiggeva la camorra coi superpoteri, e adesso ogni suo passo maldestro viene salutato dalla ola dello stesso pubblico che lo osannava.

Quando Sciascia agitò sul Corriere il “professionismo dell’antimafia“, aprì l’ombrello sull’italianità più bieca. Tralasciando l’obiettivo diretto – Paolo Borsellino – quella definizione, presente in realtà solo nel titolo, ha fatto da rifugio per il garantismo peloso, i delinquenti veri, l’italico disprezzo per tutto quel che è Stato e il totale disinteresse per quel che sarà.

Pippo Fava era un professionista. Ed era contro la mafia. Dalla mafia fu ucciso. Gli sopravvive, tra mille stenti e milleuno slanci, i Siciliani. Il mensile che fondò nel 1982. Fallì nel 2006, è rinato grazie a Riccardo Orioles, e tra i suoi collaboratori ha Luciano Bruno, cronista, attore, scrittore catanese che l’altra mattina è stato picchiato da sei persone per aver scritto di Librino, il quartiere che sta a Catania come Scampia sta a Napoli: la polizia, i posti di blocco li fa fuori.

Ecco: il Paese che ha bisogno di eroi sarà sfortunato, ma lo è anche di più se non riconosce l’eroismo quotidiano. Per questo, domani mattina a Lateral, vorrei che Luciano Bruno, che nella foto vedete sorridere fiero, mostrando il dente che gli hanno spezzato a pugni, sentisse una solidarietà diffusa.

Vorrei poter leggere in diretta i messaggi che gli ascoltatori vorranno lasciargli. Vorrei ringraziarlo, lui e tutti quelli che ogni giorno ribattono alle minacce col loro lavoro. La mentalità mafiosa, l’intimidazione dell’informazione e del diverso parere, non è solo l’abito mentale di Cosa Nostra. Anche per questo, difendere Luciano Bruno significa difendere il nostro diritto, giornalista o no, a proclamarci diversi.

E a esserlo. Ogni giorno.

Mi scuso per il pippone.

Nota bene Chi volesse manifestare sostegno a Luciano Bruno e a I Siciliani può farlo questa sera al quartiere Librino, qui.

Makaroni del 13 gennaio 2014

Standard

NIENTE DI PARTICOLARMENTE GRAVE “A fine gara c’è stata una sassaiola verso il settore occupato dai tifosi della Juventus per bloccare la quale la polizia ha sparato sei lacrimogeni. Niente di particolarmente grave” (Gianni Cerqueti, “Novantesimo”)

DOCCIA E SCOZZESE Primi segnali del ringiovanimento voluto da Thohir per l’Inter: da domenica prossima, nella telepromozione di docce per anziani che precede “Quelli che”, al posto di Wilma De Angelis ci sarà Javier Zanetti.

AMEN “Diamanti è uno che ha nei piedi la conclusione e l’iniziazione” (Roberto Rambaudi, Premium)

SERIE C VOGLIO “Non posso difenderlo sempre, anche se a Nicola ci voglio bene” (il presidente del Livorno Aldo Spinelli, “Stadio Sprint”)

IL PIU’ E IL MENU’ “…questo tipo di pressione psicologica negli arbitri non è più credibile”. “Non ci possono essere più degustazioni né altre cose” (Marcello Nicchi e Enrico Varriale, “Stadio Sprint”)

COLORE STUPORE Anno nuovo, tinta nuova: per attribuire un nome al colore di capelli sfoggiato ieri da Enrico Varriale a “Stadio Sprint” sarebbe necessaria la moviola in campo.

ASSI DI SEPPIA “Vidal fa la rima e porta via la palla a Ekdal” (Riccardo Trevisani, “Diretta gol”, Sky)

LA PRESA DELLA PASTIGLIA Una curiosità: lo spot di  Virtual Better nel quale si vede una carovana di uomini uscire dall’armadio di una piacente signora sarebbe stato girato a casa dell’amante di François Hollande.

SMENTITE Non corrisponde al vero la notizia per cui Sassuolo-Milan è stata giocata in mezzo alla nebbia perché qualcuno si era dimenticata aperta la testa di Balotelli.

IO KANT “Abbiamo annullato completamente il concetto di spazio” (Giampieto Ventura, Torino-Fiorentina, Sky)

MINIMUN MAX Passano gli anni ma Max Biaggi si conferma all’avanguardia tecnica: ieri a “Quelli che” sfoggiava i nuovi capelli in kevlar.

Uscito sul Corriere della Sera

Ora basta (quel che dico e penso da sempre, ottimamente condensato in poche righe)

Standard
Abbiamo rubato gli asciugamani negli alberghi, abbiamo rubato i posacenere nei ristoranti, abbiamo rubato le fioriere nella piazza del Comune. Abbiamo preso i soldi in nero, abbiamo pagato in nero, abbiamo affittato abusivamente appartamenti ad acclarati delinquenti, abbiamo intestato l’auto alla nonna, abbiamo truffato l’assicurazione con finti incidenti, abbiamo chiesto raccomandazioni, abbiamo evaso, truffato, mentito e corrotto.
Ora è tempo di dire basta a tutto questo marcio: scendiamo in piazza contro i politici.

Natalino Balasso