Rosicare stanca (dedicato a @nomfup)

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Premessa: quando, a torto o a ragione, ti sei guadagnato un filo di stima, spargere delusione è quasi inevitabile.

A me, persino a me, capita spesso che scrivano: “Puoi fare di meglio”. E non sanno che no, non posso. Sicuramente non potevo in quel caso lì, quello specifico che ha generato disillusione. E in generale alterno, come tutti, qualche accettabile intuizione a una buona dose di giudizi scentrati, battute mosce, analisi poco interessanti.

Probabilmente tipo questa.

Ieri sera sono passato dall’altra parte. Quando @nomfup, cioè Filippo Sensi, cioè una delle intuizioni più brillanti di Matteo Renzi, che ha nominato capo della comunicazione Pd un signor blogger, un bravo giornalista, mai banale, caustico, contemporaneo, immagino perbene… sono passato di là quando lui, Sensi, ha scritto su Twitter irridendo #gufierosiconi.

E ho sentito quel bel rumore di pack che cede all’improvviso.

Filippo e io non ci conosciamo, ma abbiamo età sovrapponibili. Gli ho scritto subito qualcosa sui termini che secondo me le menti migliori della mia generazione non dovrebbero utilizzare, abbiamo commentato di fioretto, infine gli ho promesso (minacciato) che gli avrei spiegato perché quel tweet mi ha sgomentato.

Perché.

Perché penso che certe categorie (gufi, rosiconi) attengano più a una barberia di paese degli anni ’50 che a un uomo di Stato. E penso che Renzi, quando le usa, sia più vecchio di una 600 coi cani impagliati sul retro, quelli che fanno sì con la testa. Più o meno come i giornalisti che lui, Peppe, Berlusconi, in questo totalmente allineati, vorrebbero a raccontare le loro gesta.

Attribuire alla politica un valore pedagogico è un grave errore (che io commetto, ma sono appunto anziano dentro e fuori). Ma attribuirsi la volontà di rivoluzionare un Paese, ambire a cambiarne le fondamenta (quindi – credo – pure il linguaggio) significa tra l’altro:

1)  Uscire dalla logica del “o con me, o contro di me”. Molto berlusconiana, più che mussoliniana.

2)  Gestire la consapevolezza che i giornali raccontano i retroscena di Renzi come raccontavano quelli di Berlusconi. E fanno benissimo. Anche a commentare i rumours. A volte quelle anticipazioni impediscono che diventino realtà.

3)  Essere consci che, facendo coincidere annunci e promesse con la campagna elettorale, qualcuno te lo farà notare. Ovvio, inevitabile. Giusto.

4)  Se ti prendono per il culo sulle televendite, stacce. C’è stata persino la Meloni con le cozze.

5)  Se ti prendono per il culo perché parli come gli One Direction, i casi sono due: o smetti di parlare come gli One Direction, oppure ce devi sta’.

6)  Se prometti di rottamare gente con cui poi fai lingua in bocca alle presentazioni dei libri, e ti perculano, ce devi da sta’.

7)  Se ti dicono che a trattare con un pregiudicato non ci si va, ti sentirai pure la sintesi tra Eisenhower e Tayllerand. Ma, ancora, ce devi da sta’.

8)  Ad libitum.

Dice: ma pure tu parli, scrivi, ti atteggi come uno scaricatore di porto ubriaco, ma meno lucido in politica.

E’ vero. Ma io non sono un presidente del consiglio. Non ho promesso rivolgimenti epocali. Non ho cambiali politiche o egotistiche da onorare ed è forse per quello che sparo cazzate, opinioni ad minchiam, e persino parole nette su mafia ed evasione fiscale.

Sì, lo so: il giudice Cantone, eccetera. Molto bene. Però se non parli di evasione fiscale in campagna elettorale, se dici che i blitz non servono, che servono invece (inserire espressione anglofona di cui non ricordo le parole esatte, ma alquanto fuffosa), se vivi la politica come la ricerca dell’unanimità – questo mi pare – avrai sempre categorie da vellicare, spiegando loro che persino quel latrocinio va trattato con una qualche forma di comprensione. E che la colpa è della burocrazia.

Ecco, immagino che in quella barberia anni ’50 qualcuno dicesse pure che è colpa della burocrazia, che è tutto un magna magna, che i politici, loro, sono tutti uguali…

Perché noi italiani, come sanno benissimo pure Peppe e Silvio, tendiamo a votare chi ci dice che la colpa non è nostra.

Invece la colpa è nostra. Anche.

Certo, “la colpa è anche nostra” è uno slogan meno forte di “ce lo chiede tizio” e non ti fa vincere le elezioni. Ma se davvero credi di poter cambiare verso, la forza della verità, almeno di tanto in tanto, te la dovresti poter permettere. E con essa dovresti accettare lo sguardo esterno di chi non è si è formato come te nel Ventennio di deresponsabilizzazione berlusconiano che ha definitivamente trasformato il Paese nella barberia di cui sopra.

Di più: l’ha fotografata e l’ha nobilitata.

C’era una volta la maggioranza silenziosa. Berlusconi l’ha fatta parlare, Grillo le ha detto che poteva urlare, Renzi la coccola (persino con qualche sparata cripto antieuropiesta). Nessuno ha mai tentato di migliorarne l’ecosistema.

Per questo non lo dici, “gufi”. E non lo dici, “rosiconi”.

Anche se funziona, anche se voli al 34 per cento.

Perché non sei alla Gabbia di Paragone: sei a Palazzo Chigi.

E perché non cambierai mai verso senza cambiare mentalità. Senza parlare anche e soprattutto a chi gli 80 euro li prende volentieri, ma avrebbe preferito vederli arrivare dai 120 miliardi di tasse non pagate. Perché lui le paga. Quindi quegli 80 euro li hai presi a lui.

A chi vorrebbe che la riforma della giustizia riguardasse in primis chi i reati li subisce.

A chi, in sintesi, spera di vivere in un Paese che regala attenzione e normalità anche a quelli che, miracolosamente, visto che nessuno gliene rende merito e anzi molti li considerano coglioni, si sforzano di vivere rispettando un minimo di patto civile.

E magari gufare no, ma un po’ rosicano. Perché pure Renzi chiede consenso e voti a tutti, ma proprio a tutti. Tranne che a loro.

Ecco perché.

Dell’impignorabilità della prima casa, analisi breve

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No, quindi, la dico semplice così si capisce, no? Praticamente, secondo me, la butto lì, cioè, se tu sei un poveraccio che ha sempre pagato le tasse, no, e tipo ti hanno licenziato, o hai perso il lavoro, o l’azienda, per un qualunque motivo che sia la crisi, o altro, e ti ritrovi con un debito che non riesci a estinguere, ecco, allora è proprio giusto che la prima casa non ti venga pignorata perché, incidentalmente, è l’ultima chance che ti rimane per provare a risalire, è un gesto compassionevole che lo Stato deve fare, perché lo Stato sei tu e dunque, insomma, ci siamo capiti.

Ma se tu sei uno che le tasse le ha evase, che ha rubato in primis a me, che le pago, che ha vissuto negli anni sprezzando i coglioni che cercavano di fare il loro dovere di cittadini, compiendo sacrifici, rinunce, barcamenandosi sulla soglia della povertà, o al di sotto del benessere, o della ricchezza, semplicemente perché ritenevano l’onestà un valore, perché volevano essere persone perbene, ecco, allora, in quel caso, per dire: TU DEVI ANDARE A DORMIRE SOTTO I PONTI, STRONZO, PERCHE’ HAI RUBATO IL MIO PRESENTE E IL MIO FUTURO.

Voglio dire: la pignorereste la prima a casa a Berlusconi?

Ecco, spero che l’analisi non sia stata troppo sofisticata. Un saluto. Grazie.

Alla fiera del web

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Alla fiera del web

Per errore

Una battuta su Peppe

Mi scappò

 

E venne il grillino

Che mi diede del Piddino

Per la battuta

Che su Peppe

Sul Web mi scappò

 

Alla fiera del web

Per errore

Una battuta su Renzi

mi scappò

 

E venne il Renziano

Che mi diede del grillino

Che mi diede del piddino

Per la battuta che su Renzi

Sul Web mi scappò

 

Alla fiera del web

Per errore

Una battuta su D’Alema

Mi scappò

 

E venne il dalemiamo

Che mi diede del renziano

Che mi diede del grillino

Che mi diede del piddino

Per la battuta che su Max

Sul Web mi scappò

 

Alla fiera del web

Per errore

Una battuta su Silvio

Mi scappò

 

E tornò il renziano

Che mi diede del Tsiprano

Che mi die’ del dalemiano

Che mi diede del renziano

Che mi diede del grillino

Che mi diede del Piddino

Per la battuta che su Silvio

Sul Web mi scappò

 

 

Alla fiera del web

Per errore

Una battuta sugli Usa

Mi scappò

 

E venne lo tsiprano

Che mi die’ dello yankiano

Che mi die’ del dalemiano

Che mi diede del renziano

Che mi diede del grillino

Che mi diede del Piddino

Per la battuta che sugli Usa

Sul Web mi scappò

 

Alla fiera del web

Per errore

Una battuta sulla Lega

Mi scappò

 

E venne il grillino

Che si era confuso

 

Alla fiera del web

Per errore

Una battuta su Eugenio

Mi scappò

 

E l’angelo della morte

Sul grillino

Sul piddino

Sul renziano

Sul D’Alemiano

Sullo yankiano

Sullo Tsiprano

Sul Silviano

Sul Legàno

 

Che alla fine

I miei maroni

placò

 

 

 

Terremoto in Emilia. Dialogo tra un venditore e un passeggere

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(due uomini in attesa, uno all’improvviso cambia discorso)

Certo che… pazzesco.

Cosa?

Le trivellazioni, il terremoto…

In che senso?

Ha presente il terremoto in Emilia? Stavano cercando di tenere segreti i dati, ma Science li ha pubblicati: potrebbero essere colpa delle trivellazioni petrolifere. L’ho appena letto su Twitter.

Incredibile.

Ma sì: a meno di venti chilometri dall’epicentro trivellavano di brutto! E lo Stato che fa? Non ce lo dice! Sono tutti schiavi dei poteri forti, ecco cosa!

E chi è che li tiene segreti?

La Regione! Cioè, loro hanno aperto una commissione d’inchiesta, ma è da un mese che hanno il responso e lo tengono lì! Non lo pubblicano! Per favorire chi? E’ una vergogna! Bisogna fare qualcosa!

Ha ragione, ha. Ecco. Sono 75 euro. Li vuole i bollini?

Sì, grazie. Anche una pulitina al vetro.

Arrivederci.

Arrivederci.

Pd e manifesti: finalmente una campagna perfetta

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Dei disastrosi manifesti Pd del passato sappiamo tutto. Da “conosci tizio”, a “Bersani Nosferatu” messo in ginocchio a pregare, passando per quelli praticamente autoparodianti che fecero schiantare di risate il web.

Ma ora c’è stato un cambio di passo, passato inosservato ai più.

Grafico, intanto. Al netto dei colori scippati a Poste Italiane, o al Lidl, si nota uno sforzo di modernità. E moderna è pure la scelta di non stressare da subito l’immagine di Matteo Renzi (forse perché impegnato a ballare il tango con Chiamparino) puntando su volti anonimi e sulle loro aspettative.

Certo, c’è quell’arietta da 2.0 Leopolda Style, dove si parte coi tavoli tematici opensource e poi si cerca di mettere il capo dei vigili di Firenze a responsabile dell’ufficio legislativo del Governo (e la consulta ti sfancula pure). Ma lo scatto c’è. E uno dei manifesti lo testimonia più di altri.

Questo.

rigore

Visto così, sembra solo uno slogan generico come gli altri, affidato una bella topolona invece che a un nerd che vuole la banda larga (a ragione), a una casalinga che si preoccupa di bufale e calembour, a un pensionato con la cravatta improponibile. Invece no. Invece è rivoluzionario. Per lo slogan. Sul rigore da battere.

Esso slogan, infatti, richiama:

1)    La sconfitta del rigore, cioè dei doveri, cioè in definitiva di quella culona della Merkel.

2)    La sconfitta della Germania nel calcio, cioè dei crucchi, cioè sempre di quella culona della Merkel.

Per la prima volta, cioè, e in un solo manifesto, il Pd propone:

1)    Il disimpegno dalle responsabilità assunte come Paese, come comunità.

2)    Un generico antieuropeismo non dissimile da Lega e Peppe.

3)    Il richiamo al tifo da stadio.

4)    La bella topolona.

C’è poi una quinta e decisiva novità: il popolo piddino, che un tempo attribuiva alle modalità dell’eventuale vittoria una certa importanza, ha fatto propria in un battito di ciglia la personalizzazione del partito e le tematiche così anni ’90 del nuovo leader.

Si spiega così il 34 per cento nei sondaggi.

Si spiega così il perché, in fondo, quel manifesto è semplicemente perfetto.