Che poi io sarei pure in vacanza.
Però poi leggo questo, e purtroppo non mi tengo.
Cioè: prima vado a vedere chi è l’estensore di queste cartelle scritte con eloquio da ragazzo di seconda media e non dei primi banchi (cit.) e scopro trattarsi di uno stimato professore universitario. E lì sì che mi spauro.
Capisco se a esultare per la morte del quotidiano in cui imparai il mestiere è un Bugani qualunque. Ha i mezzi che ha, povero. Non puoi davvero volergli male.
Ma ‘sto bullismo accademico? Ma ‘sta gente che si esprime come sul muro di un Autogrill davvero insegna in un’università? Gente che – seriamente – sostiene come l’Unità abbia chiuso perché:
1) Era una manica di criminali affossatori del popolo;
2) Non era d’accordo con lui, (mentre lui sì che scriveva cose giuste e dunque aumentava i clic)
Perché poi non m’interessa tanto quel che dice il prof in questione su Monti. Deprivato della salsa complottista, il mio giudizio su quel governo non è lontanissimo dal suo. Anzi: per me Monti a Palazzo Chigi manco doveva esserci, l’ho scritto e detto in tutti i luoghi e tutti i laghi (cit.) anche se poi – sempre sponda il Fatto – mi toccò di discutere con uno stimato collega che mi diceva “voi che avete difeso Monti…”.
Ecco, appunto: ma voi chi?
Voi che andate in onda sulla radio di Repubblica? Voi che scrivete minchiate anche sul Corriere? Voi che spacciate motteggi anche a qualche (bravo) comico. Voi che tifate Bologna? Voi che siete sovrappeso?
No, perché lo stesso professore prima mi ha risposto alla Minzolini (“Certo: meglio ballare sulla bara del Paese come voi, si sta più comodi”) poi si è dato perché magari aveva di meglio da fare, mentre intanto diversi suoi fan mi spiegavano che avevo pestato una merda perché lui sì che era cazzuto (cit.), partivano con qualche insulto, in generale ritwittavano la stramba teoria per cui io (sì, proprio io) portavo la responsabilità personale di aver affossato l’economia del Paese.
La cosa divertente – io sono un paria dei social, ma qualche meccanismo forse l’ho capito – è che in molti casi bastava rispondere con calma perché il “coglione!” iniziale diventasse “e dire che leggevo sempre Cuore”. Argomentavano. Dopo. Perché in rete va così: se metti dei fiori nei cannoni spesso arriva qualcuno che se li fuma.
Quindi, per tornare a bomba, dai navigatori casuali mi aspetto tutto e il suo contrario. Da uno che si presume abbia letto due libri, sappia far di conto, insegna pure, esigo (spero, va’) che sappia distinguere tra i rutti da curva e un minimo di analisi. L’Unità non ha affossato niente. L’Unità non fa parte di alcun complotto globale. L’Unità non ha distrutto questo Paese ed era un giornale povero, fatto da poca gente, che chiude perché è arrivato alla fine di una parabola molto interna al Partito Democratico.
Non piaceva? Amen.
Si può dire e scrivere senza suonare “Romagna mia” con le ascelle, senza spalmare pece e piume su chi ci lavorava, senza scambiare una legittima linea editoriale (e politica) come adesione acritica a un nuovo ordine mondiale che ambisce alla distruzione del popolo. Quelle sono cazzate (nel caso in questione, pure scritte male) che però alimentano, in rete e non solo, tutto quel ragionamento ad alzo zero che porta consenso ma intossica chi ne viene investito.
I lavoratori (lavoratori: bella parola) de l’Unità non sono carnefici, semmai sono vittime. E facevano un giornale decente nelle condizioni date. Personalmente, credo non esulterei manco per la chiusura di Libero – anche perché mi regala tanta ciccia per la mia attività satirica – ma certamente, ove trapassasse, eviterei di ornarne la tomba con una vasca di letame solo perché al 99 per cento non sono d’accordo con quello che scrive.
Al massimo, siccome sulla carta d’identità alla voce professione ho scritto “pirla” , cercherei una battuta decente. Perché quello faccio.
Secondo me c’è una parola che abbiamo perso per strada, in questi anni in cui il Berlusconi in noi (cit.) ha definitivamente preso il sopravvento: opportunità. E’ normale, legittimo, plausibile che un’intera classe intellettuale – giornalistica, accademica – chiosi qualunque notizia con una salva di peti atti a generare like, inviti in radio e tv, una qualche rubrica da confondere tra mille altri urli.
Però non è opportuno.
Questo volevo dire al professor Alberto Bagnai, che saluto caramente.