Beppe, Mara e la Scelta Cinica

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Cmuccion la sobrietà che lo contraddistingue, Massimo Bugani, consigliere del Movimento Cinque Stelle al Comune di Bologna e stellina piuttosto brillante nel cerchio magico di Peppe – ha condotto la manifestazione al Circo Massimo – mi dà pubblicamente del poveraccio.

L’insulto è motivato dal fatto che mi capitò di ospitare in radio Mara Mucci, la deputata che recentemente ha lasciato il Movimento e che oggi è stata raggiunta da una colata di fango proveniente dal sacro blog, sotto forma di un’intercettazione ambientale nella quale un tizio di Scelta Civica la invita a formare un gruppo comune per accedere a 50.000 euro di rimborsi che permetterebbero ai due partitini (ex montiani, ex grillini) di assumere 7/8 persone.

Naturalmente non rispondo a Bugani. Mi limito a segnalare che la famosa classifica mondiale della libertà di stampa ci ha visti pochi giorni fa retrocedere oltre la settantesima posizione. E questo non perché i giornalisti italiani siano servi, non tutti (naturalmente ce ne sono perché trattasi di un tratto distintivo dell’italica genia) ma perché i fenomeni di intimidazione, insulto, dileggio ai danni dei cronisti sono in continua ascesa. Naturalmente non oso paragonarmi, da caporale satirico quale sono, a chi fa del mestiere una missione. Però è vero che, anche in nome di quella classifica e a come è stata interpretata da Peppe e dai suoi, l’Italia è piena di gente che insulta, intimidisce, diffama, rende bersaglio della rabbia popolare chiunque non la pensi come loro. Quindi i Bugani stanno alla salvaguardia della libertà di stampa come un Big Mac sta alla lotta contro l’obesità infantile.

Quanto a Mara Mucci, che naturalmente potrebbe anche essere una quinta colonna dei partiti nel movimento, una che aveva il solo scopo di fare cassa (le ho parlato tre volte, non mi sembra, ma tutto ovviamente può essere), e a questa storia, devo una risposta a chi mi chiede cosa ne pensi.

Penso che le intercettazioni ambientali siano un reato, a meno che non smascherino un altro reato. Non mi pare, dal file postato da Peppe, che ricorrano questi estremi.

Penso che in quell’audio riceva una proposta. E che sia tagliato per farla risultare una poco di buono.

Penso che la politica costi. Lo sa anche Casaleggio, che drena denari col click-baiting e immagino li destini al Movimento. Quindi quei famosi 50.000 euro, ove fossero realmente arrivati a Mucci e compagni, sarebbero stati legittimi. E’ un calderone al quale attinge anche il M5S, con cui paga i propri collaboratori, e non ha nulla a che fare con gli stipendi – parcellarmente – ridotti.

Penso, in generale, che tra i titoli di giornata del sacro blog, quello più interessante sia un altro: “Loro non si arrenderanno mai, noi neppure”. Il cui corollario è che non cambierà nulla, che il M5S continuerà a essere residuale, e a punire gli apostati con questi metodi violenti e profondamente antidemocratici.

Quando il M5S accusa Renzi di una virata autoritaria, ha perfettamente ragione. Ciò che si sta facendo della Costituzione è piuttosto pericoloso. Combattere quella virata facendo a botte in Parlamento, spedire ai margini le persone ragionevoli, tentare di mascariarle, attribuire al vil denaro ogni neurone che non fa la ola all’ennesima alzata di testa del Capo, significa che ci siamo giocati 9 milioni di voti al videopoker.

Contenti voi.

Se il principale limite dell’Isis è che ci somiglia

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A volte non vorrei essermi fermato in prima elementare per dare un senso più profondo a certe ovvietà. Però poi le dico lo stesso.

Tipo che l’Isis è una protesi dei social.

Cioè, penso sia chiaro: il tizio col barbone la cui caricatura ha causato lo sterminio di Charlie Hebdo e i suoi scherani tagliagole, non vanno su Internet per fare proselitismo. Fanno proselitismo per andare su Internet.

E’ come se ci fosse una sura non scritta in cui il profeta ha scritto: va’ e fatti ritiwittare.

In questa società dell’immagine con la barba e il coltello lungo, c’è un edonismo della Fatwa del tutto evidente. Un compiacimento, una muscolarità estetica, una auto-iconografia che va oltre le tecniche di confezione dei video, i mezzi usati per divulgarli, le trattative per liberare gli ostaggi che sembrano una chat su messenger.

Tecniche di seduzione e di slealtà comprese.

Non a caso gli occidentali che si ricongiungono alla terra santa, qualunque essa sia, vengono spesso da carriere artistiche malriuscite. Meglio essere un rapper sfigato a Londra o uno Jihadi John di rilevanza globale?

L’ha capito perfettamente il reporter inglese John Cantle che sta giocando con la sua vita attraverso ciò che sa della comunicazione. La condivide coi suoi carcerieri e già che c’è ha messo su una bella docufiction che un giorno, è augurabile, potrà commentare da casa.

Ma l’autoreferenzialità di tutta questa storia è, a ben guardare, la nostra principale speranza.

E quando dico “nostra”, non dico di noi occidentali, non è una categoria, ma parlo di quelli che non credono a vergini disponibili ma neppure a santi con le mani bucate e a dei che vietano il lievito.

Se sai come rappresentare il tuo piano, ma il tuo piano non ti è ben chiaro perché pensi principalmente a metterlo in scena, generalmente rischi la catastrofe strategica e politica. Come dimostra efficacemente, tra l’altro, un partito confessionale italano che sta attualmente vivendo la sua parabola discendente.

Finché Jihadi John e tutti gli altri dedicheranno molte energie a fare il bianco della camera perché meglio si veda su Twitter il sangue rosso di un innocente, finché coopteranno il coté di una qualunque prima serata su Rete4, finché, insomma, ci somiglieranno, c’è ancora una qualche parcellare possibilità che la guerra liquida, dunque una guerra impossibile da contrastare, abortisca.

Forse.

Chissà.

Mentre ci rifletto, vado a prendere un altro po’ di Maalox pensando a quell’uomo mite e coraggioso che è stato Kenji Goto.