Ma se ti trovi la pistola puntata di un terrorista islamico, che fai, ti metti a dialogare?
Certo che no. Anche perché verosimilmente quella pistola spara un attimo dopo, e da morto avrei ben pochi argomenti.
Però. Però francamente avete rotto i coglioni con queste accuse di buonismo solo perché noi ci si interroga su come fermare la mattanza senza dare a chi ci uccide pretesti per farlo.
In questi giorni nessuno o quasi ha voglia di dirlo, perché in Italia, a tutti i livelli, se non segui il senso comune sei un povero idiota. Quindi finisce che lo alimenti, e diventiamo sempre peggio. Ma la domanda andrà pur fatta: perché delle decine di morti in Turchia ci siamo interessati poco o niente?
E perché ci sembra naturale che a Baghdad, ad Aleppo, o in qualunque area desolata in cui “si ammazzano tra loro” la gente salti per aria proprio come a Bruxelles?
Perché chi muore scappando da quella guerra ci tocca il tempo di un hashtag, e solo se giace composto sulla battigia con una maglietta rossa che lo fa somigliare ai nostri figli?
Probabilmente perché le riteniamo guerre che non ci riguardano. Ecco: sapessimo coniugare i verbi, adesso servirebbe l’imperfetto. Non ci riguardavano. Ora ci siamo dentro.
E siamo dentro a un impasto convulso nel quale la fede fa da detonatore a un coacervo di risentimenti che metà del mondo cova nei confronti dell’altra. Non importa quanto giusti o sbagliati, l’importante è che poi esplodono.
I kamikaze di Bruxelles avevano un passato di delinquenti comuni. Sbandati, li definirebbe uno come Sallusti. Facili da reclutare e infarcire di odio anche piuttosto grossolano. Il testamento di uno dei portatori di morte è indicativo: livello espressivo di un post su Facebook, motivazioni non molto diverse da quelle per cui si banna qualcuno o si mette un like.
Se si parla di integrazione, il riflesso condizionato – anche il mio, mica sono San Francesco – riguarda sempre “loro”. Quando vedo un uomo vestito come Michael Jordan accanto a una donna col Niqab, m’incazzo. Però in fondo è un processo che conosciamo bene: il più forte dei due, in questo caso l’uomo, accede agli stilemi occidentali quasi a pieno titolo, ostentandoli. Lei gli sta accanto coperta e senza diritti.
Ora traslate quell’immagine: Michael Jordan siamo noi, la ragazza che somiglia una cabina è l’immigrato.
Che effetto fa?
Oggi il Manifesto racconta di come l’Isis sia diventato popolare, nelle periferie occidentali, nelle Molembeek di mezzo mondo. Non diversamente dai luoghi infestati dalla mafia in cui tra guardie e ladri il popolo sceglie i secondi. E Bill Emmott, su La Stampa, in un pezzo nel quale esorta tra l’altro l’Italia a darsi da fare per davvero, in Libia, ché tanto – aggiungo io – siamo già nella lista e tanto vale agire, menziona una parola a mio parere decisiva: credibilità.
Possono i singoli governi essere credibili nella lotta al terrore quando anche l’ultimo dei picciotti jihadisti sa che scendono a patti tutti i giorni, per mere ragioni economiche? Può il nostro modello democratico ostentare una superiorità culturale, salvo accordarsi col regime turco, dieci secondi dopo, per toglierci dalle palle gli straccioni che scappano da morte e persecuzione?
Attenzione: certo che c’è un problema militare. Certo che va affrontato. Certo che una radice importante dell’Islam (come diceva la Fallaci con l’Ak47 in mano, come scrive molto meglio il poeta siriano Adonis) è saldamente piantata nel terreno dell’intolleranza verso i cosiddetti infedeli.
Ma è, quello, un collante ideale che è diventato prassi solo dopo aver incubato l’Isis, con la nostra fattiva collaborazione. E per sconfiggerlo temo occorra una prassi uguale e contraria che prevede sì molti controlli in più (che non basteranno: davvero pensiamo sia colpa solo dello sgangherato Belgio?) ma anche una rivoluzione radicale che comincia da gesti di compassione concreti nei confronti di chi dell’Isis è vittima, ma viene rimandato a casa a calci in culo quando cerca di sfuggirne.
Macinando altro risentimento che si mischierà a esplosivo, vetri, chiodi.
Non armare le menti di nuovi terroristi, al di là di ogni presunto buonismo, mi pare un atto parecchio concreto. E, sul lungo periodo, prima del quale certamente pagheremo altri prezzi, decisivo.
Perché mi piacerebbe fosse chiaro una volta per tutte: quelli ideologici siete voi.
Tutto giusto e nel mio piccolo pure io cerco di intervenire con amici e conoscenti che si fanno prendere dal sacro furore vendicativo invocando giustizia sommaria e azioni guerresche. E lo dico da residente in Belgio che proprio oggi avrei dovuto passare la giornata all’aeroporto per aspettare voli ad orari vari di parenti in visita per Pasqua. Fosse stato Martedì scorso, ero sui giornali, magari non proprio fra gli intervistati. Eppure sono d’accordo con te. Ed aggiungo qualche punto.
Io credo siamo permeati, tutti, in tutte le società, di una grande e profonda insoddisfazione generale. La gente capisce che così come viviamo, così come tacciamo le cose, così come ragioniamo, così come siamo rappresentati non va bene, non torna, non è coerente, umano, giusto. Dopodiché però, non facciamo la fatica di pensare e riflettere, piuttosto cerchiamo solo un’alternativa, più fantasiosa ed improbabile è, meglio appare. Per questo attecchiscono bene i pro-Putin o i guerrafondai da spiaggia, i foreign fighters, i catto-fanatici, gli estremisti, i nostalgici del braccio destro teso e i rivoluzionari infantili del populismo e delle soluzioni facili ad effetto. Ed i terroristi, perché no, pure loro rientrano nello schema. La matrice, se vai a guardare, non è diversa; un esaltato instabile che lancia una sedia in tv perché si sente minacciato da Kung Fu Panda e per questo trova spazio sui media per giorni e giorni, non è diverso da chi, facendo una passo oltre, spara ad un convegno politico in Scandinavia, sono solo due tacche diverse sulla scala dello stesso fenomeno.
Dovresti combatterlo su due fronti: “ritrapiantare” il cervello a molta gente, con un lavoro come dici tu a lungo termine, che mira a scardinare le cause delle follie nostrane e globali, e prendere al contempo decisioni mirate serie, competenti e drastiche per far fronte agli effetti di tutto questo non-senso nell’immediato. Ma chi lo fa? Alfano? Salvini? Renzi? Di Maio? Loro hanno latro in testa, e pure noi (intesi come statistica, non tu ed io magari). O, meglio, loro hanno noi in testa, cioè le preferenze che comunque daremo loro nel prossimo sondaggio settimanale ed i voti nella prossima tornata elettorale. Oramai siamo scollati dalla realtà e delle necessità, viviamo, noi e chi abbiamo messo a rappresentarci, solo di comunicazione, possibilmente ad effetto.
Non sono ottimista, credimi e più leggo i commenti di tanti in occasioni come questa, più mi preoccupo..
Concordo ma mi è quasi impossibile parlarne in giro. Tutti a dire che si devono tagliare teste.
Perché per sconfiggere il terrorismo l’unica cosa da fare è il contrario di quello che stiamo facendo: accogliere e integrare. E chiedo cortesemente a tutti di cercare nel vocabolario, se necessario, “integrare” prima di postare: non vuol dire che noi dobbiamo diventare come vuole qualcun altro, vuol dire che tutti dobbiamo rispettare l’altro e soprattutto tutti dobbiamo rispettare le leggi e le regole del paese dove viviamo (che, ribadisco, è un paese laico, non cattolico).
Rimandare indietro una famiglia in un paese da dove scappano vuol solo dire creare nuovi terroristi.
Mettiamo anche di dover assorbire l’impatto di quanti, un milione di possibili rifugiati? In tutta europa vuol dire uno 0,2% (zero virgola due per cento) della popolazione.
Volete dirmi che non possiamo farlo?
Un Milione?? Inguaribile Ottimista!
Un milione in tutta Europa???che Naive. Solo in Germania sono giá arrivati 2 milioni. La maggioranza uomini da soli che poi porteranno le loro famiglie, e sappiamo molto bene quanti bambini hanno questi. Minimo 5, piú la moglie e forse fratello, sorella, cugini, ecc. Vuol dire che per ogni persona che si prende adesso, bisogna conare almeno altri 5 che arriveranno dopo. Cio’é , in Germania diventeranno per questi 2 milioni 10 milioni!!!!!!!!!
Se posso permettermi una ulteriore considerazione, bisognerebbe anche chiedersi cosa spinge molti dei foreign fighters provenienti dai paesi europei ad prendere questa strada. In molti casi non si tratta di soggetti provenienti dalle fasce deboli, ma persone nate e cresciute qui in Europa in condizioni del tutto equivalenti a quelle della maggioranza delle persone, a volte anche di 3a generazione..insomma, soggetti “apparentemente” del tutto integrati. Forse il proplema è che questa intergazione è, appunto, apparente: e forse, dico forse, molte di queste persone vivono immersi in una società che gli richiede di accettare certi valori, certi atteggiamenti, un certo modo di vivere ma alla fine tenendoli sempre ad una certa distanza. Forse bisognerebbe chiedersi se abbiamo fatto davvero quegli sforzi che rivendichiamo a destra e a manca, come padri traditi da figli ingrati.
Mettiti nei panni di un terrorista che deve assoldare altri terroristi: dove andresti a cercare nuovi adepti ? A Oxford o nelle periferie dimenticate ?
Il buonismo è solo una parola che ne nasconde un’altra: ipocrisia. Chi dà del buonista a chi tenta di ragionare sulla situazione gli sta dando implicitamente dell’ipocrita. Come dire che se fossimo sinceri la penseremmo come loro. Non contemplano la possibilità di un pensiero diverso. Come padre inizio a sentire forte la responsabilità di far crescere i miei figli senza pregiudizi e di saper valutare i comportamenti dei singoli, perché la responsabilità è sempre individuale. Posso farlo con i miei figli, gli insegnanti possono farlo con i ragazzi a scuola ma agli adulti no, la testa non la si cambia più, come diceva Umberto Eco. Il razzismo si impara da piccoli.
Che poi mi piacerebbe leggere nella testa di tutti quei poveracci, la nel fango, a Idomeni, per sapere cosa veramente pensano, adesso come adesso, di quello che è successo a Bruxelles, chissà, forse qualcuno in cuor suo può pure aver pensato?….
Grazie Luca Bottura per aver trovato le parole per dirlo. Sento discorsi molto confusi in questi giorni: da un lato le persone sembrano inferocite perché non vogliono che sia messo in discussione “il nostro stile di vita” fatto di viaggi, libera circolazione e altre piacevoli comodità cui sentiamo di avere diritto perché noi siamo e gli altri non sono un cazzo, dall’ altra dopo questo commovente discorsetto sulla libertà gli stessì auspicano torture per gli arrestati e bombardamenti a tappeto ovunque, basta che sia lontano da qui
Perché delle decine di morti in Turchia ci siamo interessati poco o niente? Perché è un Paese che non si è preoccupato di fare strage di armeni e oggi non si preoccupa di farla di curdi. Perché governa un fascioslamista censore e violento. Perché ragazze in spiaggia possono morire annegate in nome dell’Islam e preti cristiani possono venire sgozzati per strada. In Turchia qualche decina di morti ogni tanto non è una notizia, ma la consuetudine.