Della concorrenza all’italiana spiegata attraverso una valigia persa su Italo

Standard

 

Attenzione: pezzo lungo e a forte rischio esticazzi

L’altra sera, Bologna-Roma, Italo.

All’atto di scendere scordo la valigia a bordo.

Il treno si ferma lì, è l’ultimo della sera, la carrozza è vuota. Tre evenienze che mi fanno sperare di ritrovarla, nonostante non si sia in Svezia.

In fondo basterebbero un capotreno onesto e pronto  – cioè controlla il treno prima che vada in deposito, come immagino dovrebbe fare  – o un addetto alle pulizie onesto e basta (dopo) per farmi rientrare in possesso del bagaglio.

La mattina dopo alle 7 chiamo blandamente fiducioso il call center di Italo, ma quello gratuito serve solo per comprare i biglietti. Se hai bisogno di altro, paghi oltre un euro al minuto.

Faccio l’altro numero. La situazione sembra professionale: un’addetta mi chiede i codici, i miei dati, e mi dice che sarò richiamato. “Per essere sicuro però le converrebbe andare alla lounge Italo di Roma Termini”.

Non ho tempo di andare alla lounge (#fastidio). Aspetto fiducioso. Non chiama nessuno.

A metà giornata ritelefono. Ripago. Mi fanno presente, cortesissimi, che loro stanno a Reggio Calabria. Chiedo notizie. La mia segnalazione precedente non risulta. “Però le conviene andare a Termini”. Io: “Naturalmente la lounge non ha un numero pubblico”. Loro: “Non ce l’abbiamo neanche noi”.

La sera, finito di lavorare, vado a Termini.

Quando espongo il mio caso all’impiegato della lounge mi scruta con lo stesso sguardo che ha la Raggi quando vede una delibera: “Ma chi: io?”. Mi spiega cortesissimo che loro non c’entrano niente. Mai visto valigie in vita sua. Devo andare alla Polfer.

Esco, accoppiando mentalmente nostro signore ad alcuni animali da cortile. Raggiungo il casotto provvisorio della Polfer al centro della vasca di Nervi. Busso. Non rispondono. Guardo attraverso i vetri oscurati: nessuno.

Comincio allora a vagare nella ricerca di un agente. Ne trovo uno che sta dando indicazioni a due giapponesi in un inglese che persino Matteo Renzi troverebbe deprecabile. Cortesissimo pure lui, si offre di accompagnarmi al commissariato vero e proprio. O come si chiama.

Sembra Paolo Di Canio. A giudicare dal berretto fuori ordinanza (modello due taglie più piccolo: da falchetto) forse la pensa allo stesso modo politicamente.

Durante la lunga camminata – la Polfer è dentro Termini ma ai confini con Frosinone – chiacchieriamo del dato che rende possibile la mia odissea minima: le Ferrovie dello Stato, che gestiscono le stazioni e le sfondano di esercizi commerciali fino a non lasciare spazio manco per i treni,  hanno abolito da alcuni anni gli uffici oggetti rinvenuti, che costerebbero come dieci minuti dell’affitto di Yamamay a Milano.

La procedura attuale prevede(rebbe) che l’eventuale buon samaritano, ove trovasse qualcosa sul treno, andasse all’apposito ufficio del Comune di Roma che sta a Ostiense, dall’altra parte della città.

Sottolineo l’inciviltà della cosa, lo scarico della responsabilità, il sostanziale “cazzi tuoi”.

Risponde che sì, ho ragione. Però dietro all’abolizione di quell’ufficio potrebbero esserci altri motivi. “Magari la gente se ne approfittava”. Mentre sto per chiedergli che tipo di prevaricazione potrebbe mettere in atto uno che perde una valigia, siamo arrivati.

Mi deposita davanti a un citofono. Suono il campanello. Voce gracchiante: “Oggetti smarriti?”. Il che rivela l’esistenza di una procedura parallela: la Polfer accetta in via del tutto eccezionale, per buona volontà, di trattenere ciò che non dovrebbe trattenere “ma solo se contiene cose di valore”. Io ho due maglioni appena comprati che, ove indossati, forse mi eviterebbero di sembrare la controifigura anziana di Pig Pen.

Mi sa che non basta.

Do indicazioni, sempre al citofono. Va a cercare. Dopo 10’ il citofono crepita di nuovo. Niente.

Impietosito, l’agente di guardia esce a congedarmi. Cortesissimo. Mi spiega che loro vanno oltre il loro dovere, e che in magazzino c’è solo una valigia con dentro un tablet.

Contemplo mentalmente l’ipotesi di appropriarmene, ma è un attimo. Lo saluto.

Mentre ripercorro a ritroso il percorso verso l’albergo – la procedura mi ha fatto perdere l’ultimo treno per casa – e associo altre creature del mondo animale a parenti di primo grado delle più comuni divinità, realizzo che ho bisogno di sfogarmi. Cortesemente.

Chiamo il call center a pagamento, mantengo una calma olimpica, ma rilevo che mi hanno dato una quantità importante di informazioni false. E a caro prezzo.

Quella mi ascolta, cortesissima, e allarga le braccia: “Ha ragione su tutto. Ma siamo a Reggio Calabria”.

Stamane torno a Termini, alla lounge: vorrei annunciare fiero a qualcuno in carne e ossa che d’ora in poi piuttosto che viaggiare su Italo prendo il calesse. Una ragazza, cortesissima, mi dice che sì, normalmente le valigie vengono lasciate anche da loro (quello della sera prima doveva essere un mitomane con la divisa di Italo) ma non ha ricevuto niente. Devo andare alla biglietteria di Italo e parlare con una responsabile.

Vado alla biglietteria. Dove trovo una bigliettaia, cortesissima, che mi fa aspettare un po’ e mi introduce alla responsabile. Cortesissima. Mi ascolta mentre le ripeto la litania, cortesissimo pure io, comprensivo verso chi mette la faccia per un’azienda che ha fatto tagli clamorosi e costringe i lavoratori a continue figure di melma.

Spiego tra l’altro che i casi sono due:

o la mia valigia se l’è ciulata qualcuno che ha normali rapporti di lavoro con Italo, quindi farebbero meglio a controllare chi si mettono in casa.

Oppure è ripartita col treno che avevo preso io e quindi c’è un bagaglio non controllato da alcuno che viaggia per l’Italia. Meno male che non siamo sotto le Feste e non ci sono allarmi terrorismo.

Dice che ho ragione, che praticamente ho spiegato io a lei quel che succede, che è colpa delle Ferrovie dello Stato, che loro, loro di Italo, ci hanno anche provato a ridare le cose ai passeggeri. “Ma poi magari la gente se ne approfittava”. Ora posso a chiederlo a lei: in che senso se ne approfittava? “Sa, magari volevano recuperare i guanti, i cappelli, gli occhiali”.

In effetti è surreale: perché mai uno che ha perso sul treno un paio di occhiali, magari costosi, vorrebbe recuperarli col pretesto che non ci vede?

Lascio il mio telefono alla responsabile cortesissima nella speranza che Babbo Natale si palesi  e mi rimandi la valigia. Non accadrà. Speriamo che i miei maglioni stiano bene al nuovo proprietario.

Morale: Grandi Stazioni (Trenitalia), abolisce gli uffici oggetti smarriti perché costano. Italo abolisce il personale che potrebbe aiutarti a recuperarli. Perché costano. Entrambi negano informazioni alla clientela, o le danno sbagliate attraverso un girone dantesco che assimila disorganizzazione e malafede, e dopo averti carpito il prezzo deli biglietto ti lasciano ad arrangiarti persino in minime emergenze come questa. Lucrando una doppia posizione dominante.

Infine, io sono diventato impopolare al lavoro portando gli stessi vestiti per due giorni.

Però avete notato che sono tutti cortesissimi?

15 pensieri su “Della concorrenza all’italiana spiegata attraverso una valigia persa su Italo

  1. roberto tarzia

    Una volta esistevano gli uffici oggetti smarriti e tutti capivano. Ora ci sono i customer service (fastidio!) il cui perimetro operativo non è mai chiaro. Quello che appare abbastanza chiaro è che finché sei customer (sul treno) o potential customer (devi acquistare un biglietto) qualche anima che ti da retta la trovi. Appena sceso dal treno diventi ex customer e quindi ciaone!

  2. Situazione simile, esito diverso. Io ho perso il portafoglio in una delle tante stazioni metro di Tokyo, il giorno prima di ripartire per l’Italia (settimana scorsa). Me ne sono accorto dopo aver percorso circa 30 minuti in metro ed essere sceso ad un’altra stazione. Preso dal panico ho spiegato l’accaduto nel mio scarsissimo giappo-inglese ad uno degli operatori della stazione e nel giro di mezz’ora e qualche telefonata ho recuperato tutto, soldi compresi. Questo succede in una città di 15 milioni di abitanti. La cosa più sorprendente? Che se lo dico ad un giapponese lui non si sorprende per niente.

  3. alessandro De Martino

    Ma che c’entra la concorrenza del titolo, anche all’italiana? Mica i tagli sono figli della concorrenza. Quella si chiama disorganizzazione o incapacità

  4. MIRKO

    Gentile Luca,
    anziché prendertela tanto cortesemente con Santi e divinità, con animali e con gente che tutti i giorni cerca di fare del proprio meglio in ciò che gli compete e nonostante tutto e tutti, perché non prendertela con te stesso, unico vero responsabile di quanto accaduto?
    Se il tuo bagaglio era veramente tanto importante tanto da sbatterti a destra e a manca per Roma – cosa che 9 italiani su 10 evitano di fare (l’altro 10% è costituito da rom, tour operator e gente sbadata che perde bagagli oltre che treni di ritorno a casa) – e nonostante il pregiudizio evidente nei confronti del sistema sociale italiano rispetto a quello svedese, perché lo hai dimenticato a bordo?? Ora, penso anche: o il tuo bagaglio era della grandezza di una scatola di tonno confezionata insieme ai due maglioni con la tecnica dell’origami e quindi è plausibile dimenticarla da qualche parte, oppure il tuo bagaglio era dotato di kit tecnologico tipo “follow me” da drone professionale che ad un certo punto e per qualche ragione che sicuramente dipende da altri (giammai da te) ha smesso di funzionare. Mi sorge spontanea una domanda: sei sicuro di averlo avuto a bordo con te e di non averlo lasciato a Bologna, magari a casa, con il kit follow me sottocarica o tra le scatolette del mais e dei fagioli??
    Io controllerei. Sai, a noi sbadati può succedere di tutto…anche di doverci occupare di bagagli che vengono dichiarati come smarriti ma che in verità poi si scopre essere stati letteralmente “spediti” da una località ad un’altra dell’Italia. Quella stessa Italia che si preoccupa più di addossare sugli altri i propri errori piuttosto che di cercare di recuperare subito un proprio bagaglio “dimenticato” e non dopo 12 ore.
    Buona giornata.

    • Luca Bottura

      ciao mirko, temo tu abbia frainteso il lungo testo nel quale racconto l’abnegazione maldestra di chi deve lavorare in un paese che non funziona. però se mi dici in quale lounge di italo lavori, la prossima volta ti offro un caffè volentieri. della lounge. abbracci

      • MIRKO

        Ciao Luca.
        Beh, in effetti può succedere con l’italiano, questa meravigliosa lingua, che ci si fraintenda o che ci si spieghi male. Ma è bella anche per questo, perché permette sempre nuovi motivi di confronto!
        Perciò, se ti capita di passare da Firenze, lo prendo volentieri un caffè insieme a te, così avremo un modo sicuramente migliore di confronto e più approfondito sulla tematica.
        Però preferisco lo prendiamo al bar il caffè e so che lo pagherò io, non preoccuparti, perché immagino già che mi dica che avrai dimenticato il portafogli a bordo treno! Fammela passare questa dai…
        A presto…

  5. giovanni

    Infatti,non esiste più un modo per recuperare qualcosa che si è smarrito
    Ora tutte le informazioni sono a pagamento ed in più false!
    Ho provato anche io a tentare il recupero di un paio di occhiali da vista smarriti su Freccia rossa ma invano
    Ho speso dei soldi di telefono e del tempo ed alla fine li ho ricomprare
    Mi stupisce poco il mancato supporto di Italo,vissuto di persona a Napoli chiedendo info per un loro treno ed avendo avuto info false e contraddittorie
    Di fatto sono solo aree di sosta dentro la stazione
    Se possibile sono peggio di Trenitalia

  6. G

    Sul treno Bologna-Monaco, nella tratta tedesca, un mio amico ha perso un computer. Se n’è accorto che era già a Roma, ma per scrupolo ha voluto comunque chiamare la stazione di Monaco, dove ha appreso in pochi minuti che lo avevano recuperato e cosa doveva fare per mandare qualcuno a ritirarlo. “Eh ma quelli son tedeschi, sono ben organizzati” è la reazione tipica di un italiano a questa storia. “Voi Italiani per pigrizia e disorganizzazione finite per andare contro i vostri stessi interessi e perdere più tempo e soldi di quanti ne spendereste per dei servizi funzionanti” è la reazione di qualsiasi tedesco.

  7. ilcasalino

    Se domani voti Sì ti verrà restituita la valigia sana e salva.
    Poi se il Sì dovesse vincere i treni arriveranno in orario e le valige smarrite verranno recapitate a domicilio dagli ex senatori ormai in esubero.

  8. paolino

    il gomblotto della valigia.

    riassumendo,un tizio un po’ rincoglionito dimentica una valigia (una valigia!! non un paio di occhiali o la settimana enignimistica,ma quella grande cosa che contiene tutto quello che ci si porta appresso) sul treno,aspetta il giorno dopo per svegliarsi e provare a cercarla,e non trovandola (ma dai?) incolpa nell’ordine:

    – alcuni poveri cristi che per stipendi da fame,quando li prendono,lavorano per una compagnia decotta;

    – la suddetta compagnia,che essendo appunto decotta ha altri cazzi a cui pensare (espressione un po’ forte,scusate);

    – l’altra grande compagnia che gestisce le stazioni,che non si capisce bene cosa c’entri visto che il treno era della concorrenza;

    – altri poveri cristi dei call center,rei di essere disorganizzati e fors’anche in malafede,nonostante gli invidiabili stipendi;

    – il libero mercato e la concorrenza,che inevitabilmente comportano tagli e risparmi (l’avete voluto? mo’ tenetevelo. io rivoglio le vecchie FFSS e il loro efficientissimo monopolio sovietico!).

    insomma un grande gomblotto,e nessuna menzione per il vero e unico responsabile di questa disavventura:

    il rincoglionito che ha dimenticato la valigia.
    .

    p.s. parlo con autorevolezza,anni fa ho dimenticato la moto a Milano (abito a 100 km,tornato in treno),e me ne sono accorto dopo due settimane.
    ovviamente non l’ho più ritrovata,e i carabinieri ancora ridono.

    • Luca Bottura

      ciao paolino (?), sono felice che mi trolli perché così posso stimarmi con gli amici al bar. ti ringrazio anche per la ricostruzione che presenta un paio di inesattezze. anzi tre:
      1) una comprensione anche modesta della lingua italiana permette al lettore di rendersi conto che sto lamentando (già dal titolo) l’inadeguatezza del sistema-paese, che provo a raccontare in modo buffo partendo da una banale disavventura personale. c’è addirittura un passaggio in cui difendo espressamente i lavoratori di italo.
      2) l’altra compagnia c’entra perché, come dico in italiano corrente, ha deciso – in quanto gestore delle stazioni – di cancellare gli uffici oggetti smarriti. non ti sfuggirà che persino i binari (rfi) sono proprietà delle fs, che infatti appena possono rendono la vita difficile a ogni tipo di concorrenza. italo ha dovuto diminuire le proprie mire – e tagliare posti di lavoro, come scrivo – mentre altri come arenaways sono stati addirittura costretti a chiudere e assorbiti. è concorrenza si fa per dire.
      3) un treno che arriva alle 00:15 a termini – l’ultimo – implica che la stazione si spenga subito dopo, che tu venga accompagnato velocemente all’uscita dalle guardie che vogliono andare a dormire. anche se, pure volendo, sarebbe impossibile tornare indietro per via dei controlli ai varchi. in generale, sarebbe comunque stato impossibile lamentare la perdita del bagaglio con chicchessia perché a quell’ora tutti gli uffici sono chiusi e non c’era alcun referente. i telefoni di italo, cui ci si deve rivolgere secondo loro indicazione, sono aperti dalle 7 del mattino. che era il primo orario utile. quello in cui (come scrivo) ho chiamato.

      poi, certo, io sono rincoglionito perché ho perso la valigia. e tu sei un troll cafone. a ognuno il suo.
      un abbraccio, ti auguro di essere più lucido di me e di intendere meglio gli scritti.
      alla prossima trollata (fda)

      • paolino

        mamma mia aiuto! un dodicenne isterico si è impossessato di te,sarà l’isterismo provocato dal referendum (lo spero,così da domani torni sulla terra) o una tardiva pubertà con relativa tempesta ormonale?
        una comprensione anche modesta della lingua italiana avrebbe permesso a chiunque di capire che io scherzavo (tu un po’ meno,se invece scherzavi devi rivedere un po’ la tua prosa),e la chiusa (tutto vero) lo rendeva esplicito anche ai più duri di comprendonio (tranne uno,evidentemente).
        quanto al “trollismo”…provo profondo imbarazzo per i cinquantenni che ne parlano,lo stesso che mi provocava Pippo Baudo quando rappava con Al Bano “Cara terra mia”.
        rilassati,ne hai tanto bisogno.

        buona domenica

Rispondi