Se avessi un giornale su cui farlo, oggi scriverei qualche riga sull’infornata di sottosegretar*.
Direi, con un giro di parole da elzevirista, ché sulla carta l’arzigogolo è spesso necessario, che mi è caduta la faccia per terra.
Sosterrei più o meno che non è tanto la qualità spesso indecente di alcuni dei nominati (e quella dei defenestrati, in primis la mite e preparata Sandra Zampa) a sgomentarmi. Ma l’impianto complessivo che è una sconfitta per la politica. Per chi l’ha votata a vario titolo, dunque è più direttamente corresponsabile di questa specie di Guernica, sia per chi non se ne sente rappresentato. Dunque subisce e basta.
Direi che il punto sta anche, certo, nell’aver messo ai servizi alla Difesa una che voleva bruciare i migranti, alla Cultura una che si proclama analfabeta, alle infrastrutture un’esperta di agricoltura, agli Interni un complottista che fa sparire i post contro Draghi, all’Economia quella che la dice lei, ma la dice sbagliata. Il guaio è più ampio.
Il guaio è che le ipotesi sono, diciamo, tre.
La prima è che Draghi, applicando il Cencelli, abbia ceduto plasticamente alle richieste della maggioranza che lo sostiene. Una maggioranza Arlecchino, più che Ursula, della quale fa parte anche il tizio che firmò i decreti sicurezza e ora torna al Viminale. Immaginatevi con quali obiettivi. Una scelta, quella del Premier, che poi non si dice Premier ma a ‘sto giro è lo stesso, di piccolo cabotaggio. Che ne indebolisce il prestigio già ora. Un Supereroe che sta ai detti di Mister Papeete non s’è mai visto.
La seconda opzione è più fisiologica. Draghi è stato a lungo, ed è ancora, il Migliore che potevamo giocarci. Ma è un migliore che attiene a una cerchia. Di quella cerchia fanno parte alcune eminenze economiche che si sostanziano in nomi e milieu precisi. Al di là di Cavour, siamo nel campo – chiedo scusa per il Novecentismo – della Destra presentabile italiana. Draghi non è Ciampi e non è nemmeno Monti. Per certi versi è Conte (stessa provenienza, lombi infinitamente meno nobili) e infatti maltratta “quelli che ci fanno tanto divertire”. Se potesse essere il leader di uno schieramento moderato, probabilmente lo voterei pure. Ma non è uno schieramento di tutti. Tanto che nel Cencelli a pagare sono, plasticamente, le superstiti forze progressiste.
Il terzo scenario è il più probabile ma anche il meno commestibile: Draghi dei sottosegretari se ne batte altamente (sul giornale avrei scritto: “non ne ha nemmeno contezza”) e dunque ha lasciato campo libero ai partiti perché tanto poi manovrerà personalmente, whatever it takes, l’unica emergenza che ritiene importante: la gestione dei 209 miliardi. Con passo sicuro, peraltro: i grillini non sanno di cosa si tratti, la sinistra democratica lascia fare, gli altri si sono messi a tavola con le migliori intenzioni. Tanto paga Bruxelles.
Se avessi un giornale su cui scriverlo, sosterrei che il “governo dei migliori” (in greco: Aristocrazia) è il dominio di un uomo degnissimo sulla pletora scomposta e interessata della classe sociale che, anziché guidarne gli esiti come accade altrove, ha distrutto questo Paese: la Borghesia. La quale, non a caso, esprime questa poltiglia parlamentare che il cosiddetto popolo ha ben volentieri votato.
Direi che se dovevamo uscire dalle sabbie mobili, le abbiamo appena scelte come sottogoverno. E che mi auguro perciò che Draghi possa issarsi su sé stesso per evitare ulteriori danni, magari aggrappandosi all’unica fune stentorea che questo Paese possiede: Sergio Mattarella.
Sperém, concluderei.
Giusto, il sottogoverno è penoso, in alcuni ministeri anche il governo. Ma, visto che i partiti ci sono dentro, cosa avrebbe dovuto fare Draghi? Porre dei veti sui nomi che non gli sfagiolavano? Dici bene, il guaio è che la politica italiana rimane un sottobosco, ma del bosco si è persa la traccia. È comunque importante sbrogliare la matassa dei soldi del Recovery, mi auguro che, su questo aspetto, Draghi sia incisivo e faccia la differenza. Mi firmo: una che non rimpiange Conte manco per il…
Caro Luca, ma quale “sottogoverno”? L’espressione era usata per posizioni molto inferiori a quelle di cui scrivi qui. Questi sono posti invece assai importanti, di governo a tutti gli effetti e anzi molto in alto nelle gerarchie. E temo che il grande drago non riuscirà a controllare tutte le firme che questi metteranno su ordinanze e circolari ; e nemmeno a controllare le sparate sui social (che per ora vengono autocontrollate anche retroattivamente, ma tra qualche giorno riprenderanno)
Presidente, se lo dice Lei ci fidiamo.
C’è ancora una possibilità ottimista, i bravi professori a scuola mettono vicino i più casinisti per cercare di coinvolgerli e neutralizzare la loro vis casinista. Magari (ci spero ma non ci credo) s’è messo vicino tutti quelli potenzialmente più distruttivi per controllarli meglio
Mi sa che ci tocca dar ragione a Moni Ovadia: qui gli unici coerenti – pur su opposte sponde – sono Nicola Fratoianni e nientepopodimeno che la Giorgia.
Analisi impeccabile, Luca. Il guaio è che ora abbiamo un fuoriclasse, Draghi, forse l’unico riconosciuto a livello internazionale, che rischia di sbagliare una partita drammaticamente importante per il Paese. Non per colpa sua, quanto per la scelta di guidare una squadra di mediocri, salvo alcune eccezioni; guarda caso tecnici, e non politici. Dopo di lui, Il diluvio? E’ mai possibile che dobbiamo appellarci all’uomo della Provvidenza per toglierci dalle sabbie mobili? Anche perchè, storicamente, le volte che ci siamo trovati di fronte la figura forte, non ci è andata benissimo.