Oggi, se avessi un giornale su cui farlo, scriverei una lettera a Giorgia Meloni.
Le racconterei di come sentirLe dare della scrofa da un signore che appartiene al mio album di famiglia mi abbia ferito come se l’avessi fatto io.
Le ribadirei la solidarietà per le parole sessiste (e classiste) che le sono piovute addosso da un barone, chiedo venia, che crede di conoscere chi lavora perché ci va a comprare il pesce. Dunque pare non abbia grande empatia per gli umili che dovrebbe in qualche modo rappresentare e, per traslazione, neanche per mio padre ferroviere e mia madre prima contadina e poi operaia.
Al bar Casablanca.
Direi che non m’importano le querele temerarie che ho sul groppone da parte di Fratelli d’Italia o altre modalità meno dirette di intimidazioni giudiziarie: certe battaglie di civiltà non hanno bandiera, non hanno colore, non hanno tempo. Non hanno appartenenza.
Spiegherei che poi non è un caso, o almeno non sembra più esserlo, se il partito che un tempo, in parte, mi rappresentava, si dimentica non tanto di inserire donne del Governo, ma soprattutto di condividere pari opportunità di carriera politica senza che debbano per forza attaccarsi al carro, o a più carri, antitetici, sempre guidati da un maschio.
Le direi: Giorgia, scusaci.
E aggiungerei che adesso è il momento per farli insieme, certi percorsi. Che valgono allo stesso modo per le Boldrini, le Segre, le Boschi. Ché per fortuna l’orologio della Storia va avanti: io stesso feci vignette che all’epoca mi sembravano niente più che un calembour politico, su Meb, ma erano sbagliate non per la malafede, che non c’era, ma perché incidentalmente insistevano su un aspetto di genere. Che va considerato anche quando si fa satira.
E concluderei, senza metterci un “però”, prima, che c’è anche un clima complessivo da cui uscire. Un clima di odio sistematico che investe categorie ritenute altre dalle proprie. Siano esse donne, stranieri, lavoratori, avversari politici, i cosiddetti “buonisti”. E che quel clima, da una ventina d’anni, è infinitamente più radicato nel campo politico dal quale la Meloni viene. Sul quale Meloni e Salvini hanno lucrato. Perché le parole sono pietre. O possono diventarlo. Ed è sempre un bel giorno il giorno quello in cui ce ne si accorge.
Festeggerei insomma una presa di coscienza del tema. Del liquame identitario, di un’identità qualunque, basta che sia contro qualcuno, che ha avvelenato i pozzi di questo Paese. Della violenza verbale per il consenso usata con troppa leggerezza. Su molti fronti, ma su uno in particolare. Direi che da oggi nessuno potrà mai più insultare Meloni perché donna, per come si esprime, perché non si condividono le sue idee dacché persino l’Anpi (l’Anpi!) le ha espresso sincera solidarietà.
Se dal letame nascono i fior, questa vicenda rappresenta in nuce una catarsi. Il giorno in cui la più amata dagli italiani disse che per essere italiani migliori l’odio non serve. Ripartissimo da qui, non sarà stato un sabato inutile.
E mi scusi, ci scusi ancora.
Questo, se avessi un giornale su cui farlo, scriverei.
È strano il nostro paese. Un paese nel quale uno come te, caro Luca, non ha un giornale sul quale scrivere. Che tristezza.
Carissimo Luca,
Condivido il tuo pensiero.
Il rispetto dell’avversario al di là delle differenze sulle idee è fondamentale per migliorare il nostro mondo e ti giuro non è buonismo.
Se io sarò migliore il mondo intorno a me sarà migliore.
Roberto
Buongiorno Luca, semplicemente grazie per la tua bella lettera che ho condiviso su Facebook con grande piacere.
No Luca, non scusarti!
Lei è MADRE di quel linguaggio.
Lei non si è mai scusata degli insulti che i suoi sodali hanno indirizzato, anche in parlamento, a Rita Levi Montalcino, a Liliana Segre, alla Boldrini etc etc
Quando lo farà, convintamente, avrà raggiunto “il diritto alla parità” delle scuse!
Il sig. professore è un imbecille, villano e maleducato, non so se sessista: si fatica pensare alla Meloni come “donna”
no so chi sia questa Lella, ma dalla risposta è una strabica…
Personalmente chiedo scusa alla solidarietà. Sballottata avanti e indietro da tutti. Le parole del professore sono, ovviamente, ignobili. Ma se si smettesse di avvelenare i pozzi, aiuterebbe.
Bravo Luca, ci sei andato di fioretto, ma ben nitido il segno. Qualcuno che non ha il tuo stile avrebbe scritto sempliciottemente, come in passato per situazioni simili ” Karma…
Sinceramente? Non me ne frega nulla della solidarietà fittizia e ipocrita, non sottoscriverei le parole del Prof. per nulla al mondo, ma fare paragoni tra gli insulti alla Segre e quelli alla Meloni anche no, per favore no.
già. difficile essere umani.