Nato a Bologna il 18 settembre 1967, giornalista, Luca Bottura è un giovane autore di satira da quasi trent’anni. Siccome scrive anche per la tv, ha avuto come agente Lele Mora e una volta ha pranzato con Costantino Vitagliano e Gene Gnocchi. Simona Ventura pensa di lui che sia un poco di buono solo perché a Quelli che il calcio mise il Guttalax nel beverone di un astrologo gay ma piuttosto antipatico. È stato autore di Francesco Giorgino, per dire. In seguito ha turlupinato, spacciando per nuove battute scongelate anni fa, Enrico Bertolino, Victoria Cabello, Adriano Celentano, Maurizio Crozza, Antonio Cornacchione, Gene Gnocchi, Fabio Volo, Fabio Fazio e molti altri comici e conduttori il cui cognome casualmente spesso inizia con la “C” (probabilmente perché senza una bella botta di “C” farebbe ancora il ragazzo immagine in una sala bingo). È stato creatore del format e capoprogetto di alcuni importanti insuccessi televisivi ma anche di trasmissioni delle quali va orgoglioso come G’Day e Chesucc3de?. Ama platonicamente Geppi Cucciari. Ha scritto per il Corriere, l’Unità, la Repubblica. Scrive per l’Espresso finché se lo tengono. Conduttore radiofonico per mancanza di prove (“Tagliobasso” su Radiodue, “Mi dia del Play” su Playradio, “Lateral” su Radio Capital, Tuttorial su Radio Deejay, Forrest con LaLaura su Radio1), una volta ha vinto il Premio di Satira di Forte dei Marmi come co-autore di un programma del suo idolo Rocco Tanica. Che lo ha licenziato. Tre anni dopo l’ha rivinto per “Mission to Marx”, dizionario satirico della sinistra, al solo scopo di avere un argomento con cui zittire i pentastellati che lo tacciano di intelligenza con il nemico (entrambi, intelligenza e nemico, dati da tempo per dispersi). Ha scritto anche il libro “Tutti al Mare Vent’Anni Dopo”, vendutissimo nei negozi di scherzi di Carnevale, nonché Buonisti un cazzo, uscito il giorno prima che le librerie chiudessero per pandemia. Ha detto di lui Enrico Vaime: “Non so chi sia”.