Quelo che il Pd ci comunica (no, non è un errore)

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Equilibrio, fantasia, tempismo sono tre doti – rare – che stanno bene in qualunque involucro umano.

Se comunichi, sono fondamentali.

Se sei il responsabile comunicazione di un grande partito, sono decisive.

Francesco Nicodemo stamattina ha twittato ‘sta roba che le stritola tutt’e tre.

nicodemo

Equilibrio: non puoi scrivere #mentreloro perché:

1)    Alzi un muro, specie a sinistra, col 60 per cento che non ti ha votato (e, anche, con l’X per cento che ti ha votato solo perché temeva Casaleggio ministro per i cappellini)

2)    Alimenti i timori di autoritarismo che le riforme piddine spargono qua e là. Il mondo non è buoni e cattivi, non è gufi e rosiconi contro popolo eletto, non è voi e loro. Quella è sintassi berlusconiana.

Fantasia: no, ma davvero? Davvero il responsabile comunicazione del Pd scimmiotta il capo e s’inventa un hashtag divisorio solo ad uso dei fanatici? Puntando sulla presunta derisione, sul vittimismo, sul “noi sì, invece gli altri…”. Quella è sintassi grillina.

Tempismo: c’è anche caso che il Porcellinum superi trionfalmente le avversità esterne e interne (curiosità mia: ma quindi Mineo è ‘sto coglione?) però è pure possibile che tutto slitti a settembre quando magari metterete il cappello su una riforma non più Pd-Forza Italia ma Pd-Pdl.

Famo così, Nicodemo. Famo che #mentrenoi ci chiediamo se sapete quando stiamo andando, quando stiamo facendo, due domande ve le fate pure voi.

E magari smettete di cercare la risposta dentro di voi, perché è anche possibile che sia sbagliata.

 

Satira! Delusione! Giochi di parole! Palestina! CLICCA QUI!

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(ANSA - BLASFEMIA) La vignetta di Natangelo sul Fatto Quotidiano di oggi

(ANSA – BLASFEMIA) La vignetta di Natangelo sul Fatto Quotidiano di oggi

Pràt! Poroproz! Prà prà prà!

Oh, fatto. Due belle scoregge in testa al pezzo e con la parte ludica siamo a posto.

No, perché se ti industri ogni tanto con la satira, a quello devi limitarti. Ehi bello: non scassarci la minchia con la poesia, non farci la morale, non urtare suscettibilità tirando qualche bella ginocchiata nei coglioni.

Facce ride. Dicci che Renzi è autoritario, che Grillo è un mitomane. Belen? Hai niente su Belen?

La Palestina no. Lì ci stanno i morti, cristo. Nun se fa. Stavolta mi hai deluso. Stavolta hai esagerato. Stavolta…

No, non è capitato a me.

E’ capitato a una vecchia compagna di bagordi satirici che può piacere o non piacere, ovvio. Una a cui capita di scrivere cose eccelse e vaccate, come tutti.

A me soprattutto vaccate.

Solo che io, normalmente, faccio incazzare categorie trasversali – tassisti, grillini, tassisti grillini, renziani, juventini, Napoli secondo estratto 2 – ma non indigno. Purtroppo.

L’indignazione la si riserva a Lia Celi, parlo di lei, quando twitta così:

“Ora in corso la finale #Israele#Palestina. Si profila lo spettro dei supplementari”.

Può darsi che io sia fuorviato dall’antica vicinanza fisica nella redazione di Cuore, ma a me la lettura del vergognoso tweet sembra palmare.

La translittero:

1)    Parliamo di Mondiali e quelli si ammazzano, ma chissenefotte.

2)    I pochi che ne parlano si esprimono da ultrà: curva Netanyahu, curva Hamas.

3)    Non è finita qui, si profila una continuazione del conflitto.

Un editoriale, in 140 caratteri.

Però lei non poteva, battutara che non è altro. Come s’è permessa. E allora giù con i commenti:

  • ti dovrebbero mettere a Gaza e spararti tutti i giorni in testa. Idiota
  • ma si deve cazzeggiare proprio su tutto?
  • senza vergogna vergogna!
  • ma sei così di tuo o prendi delle pasticche?
  • ma sei cogliona????
  • sei una donna misera.
  • ma sei solo cretina @LiaCeli o lo fai apposta?
  • Questa non fa ridere. Si può far satira su tutto, anche sulle guerre e sulla morte. Ma non con giochi di parole banali.
  • squallida.
  • questa battuta mi fa letteralmente schifo
  • ha cagato fuori dal boccale…questo è tutto
  • ti adoro da sempre. Ma questa è una battuta fuori luogo.
  • Secondo me banalizza soltanto. Non c’è nessuna pietà verso le vittime, né distinzione tra vittime e carnefici

Eccetera.

Riassumo: non puoi parlarne, devi parlarne come voglio io, comunque non hai preso posizione e quindi non hai diritto di trattare il tema perché non sei politicamente corretta.

Per soprammercato: ti accuso di fare giochi di parole l’unica volta che non ne fai.

Svelerò  un piccolo segreto: la satira è una bettola del pensiero, che esprime il pensiero medesimo circondandolo di peti.

E’ moralista (ha sempre un punto di vista) ma si travisa con l’imbecillità. Però, a proposito di morale, tolti i benemeriti momenti di puro cazzeggio, contiene di solito una motivazione più o meno profonda.

Quando la si depriva dei meteorismi di accompagnamento, prevale perciò quella sorta di malessere che solitamente sfocia in battuta – parlo per me – ma talvolta diventa una piccola riflessione amara. Spesso retorica.

Lo ha fatto Lia, lo ha fatto oggi Natangelo sul Fatto Quotidiano. Solo che lì sono il disegno e i colori, il tratto infantile, lo stacco netto tra motto di spirito e linguaggio con cui lo si racconta, a stabilire i confini della provocazione satirica.

Dunque spero che non gli abbiano troppo frantumato i bagigi, come ho fatto io, scrivendo questo pletorico pezzo. Che potrei riassumere così: poco m’importa dell’impopolarità, sennò me ne starei zitto. Ma dimmelo senza augurarmi che mi sparino in testa.

Pràt! Poroproz! Prà!

Una cosa demagogica sul fatto che gli evasori sono dei ladri

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(ANSA – E LE FOIBE?) Un tipico cittadino italiano

La cosa più divertente è che ti danno del demagogo.

Davvero: in un Paese nel quale evadere, e rivendicarlo, è ormai patrimonio culturale di tutte le ideologie, danno del demagogo a te quando dici che, santiddio, le tasse vanno pagate. E le sanzioni pure.

Sennò vuol dire che rifiuti di far parte della comunità. E allora, bello, all’ospedale, nelle scuole pubbliche, sulle strade statali, ci metto la tua foto con la scritta “io non posso entrare”.

Tipo le contravvenzioni, no? Cioè: tu prendi una multa da, poniamo, 80 euro. Andavi oltre i limiti. Mi dirai: il limite era assurdo. Anzi: lo scriverai a un giornale lamentandoti. E quelli te lo pubblicheranno pure. Ti coccoleranno. Va bene. Magari hai pure ragione. Però la prossima volta va’ più piano.

Prendi la multa – che potresti regolare entro i 5 giorni con lo sconto – e non la paghi. Quella sera lì avevi lo spritz.

Allora ti mandano un avviso che ne alza l’importo. Non paghi. Te ne mandano un altro: non paghi. La cosa passa a Equitalia o chi per lei e i tuoi 80 euro diventano il doppio, poi di più, poi di più.

Allora vai in tv e spieghi il tuo dramma, magari insieme a uno di quei tizi dei comitati consumatori che te li raccomando. E poi la cartella pazza. E il fisco vampiro. E lo stato di polizia fiscale.

Beh, sei un coglione. Un coglione cui tutti chiedono il voto, perché sei maggioranza. Ma un coglione.

Tu che evadi i contributi e poi vai nei talk show “antagonisti” a spiegare che difendi il lavoro dei tuoi operai. Beh, sei un ladro. Di futuro, tra l’altro, agli operai che fai finta di difendere.

Tu che hai doppi o tripli lavori in nero e intanto lucri uno stipendio pubblico, sei un bandito.

Tu che non fai scontrino, ricevuta, fattura… Bravo: delinquente pure tu.

Rubi ai tuoi concorrenti, e allo Stato. E a me. Che tra poco, chez Renzi, pagherò le medicine in base al reddito. Come già per gli esami. Ma mica in base al reddito vero. A quello dichiarato. Cioè le pagherò agli evasori che se le porteranno a casa gratis. Alla faccia mia. E di tutti quelli che provano comunque a pagarle, le tasse. Anche se dall’alto sparano sempre nella tonnara di quelli che sono tracciabili e non possono scappare. 

Conosco l’obiezione: parli perché hai il culo nel burro. Perché le tasse puoi permetterti di pagarle. Ed è vero, posso certamente ritenermi un privilegiato perché faccio il lavoro che amo e (quasi sempre) me lo remunerano pure. Ma è pieno di privilegiati che le tasse mica le pagano. E io stesso, se avessi fatto un po’ il furbo oggi sarei ricco. Avrei giù supplito in qualche modo alla pensione che non avrò mai, per dire.

Sì, sì: conosco anche le altre litanie, quelle sulle priorità: le banche, i grandi evasori, le multinazionali cattive. Tutto vero. Andiamo a stanarli, di corsa. Però  ‘sticazzi delle banche, dei grandi evasori e delle multinazionali cattive quando diventano attenuante generica: se sono ladri gli altri, nulla ti autorizza a esserlo pure tu.

E poi, aspetta, parliamo dell’evasione di necessità. L’evasione di necessità è quella roba di chi non mette insieme il pranzo con la cena. Ci sto. E’ giusto. Ed è sacrosanto che lo Stato, quel carrozzone spesso debolissimo coi forti e fortissimo coi deboli, metta in condizione chi rasenta o supera la povertà di mettersi in regola con calma. Che tenga conto delle contingenze. Che dimostri umanità. Che condoni e cancelli il debito, se è il caso.

Specie – e capita spesso – quando è colposo e non doloso.

Ma l’evasione di necessità da noi è un concetto lasco. Chi lo stabilisce, il confine della necessità? Il piccolo o grande imprenditore, commerciante, professionista che in tempi di vacche grasse faceva nero a raffica e oggi deve ridurre i propri consumi perché l’illegalità – tra le altre cose – s’è mangiata tutto, è in stato di necessità?

Necessitare di mantenere un altissimo tenore di vita, è necessità?

Alcuni parenti avevano un piccolo mobilificio. Gli aprì accanto un mercatone. Potevano fare bancarotta subito, magari portando qualche soldino all’estero che poi avrebbero scudato nella massima allegria. Spesso fallire (cfr. The Producers) è un vantaggio per te e un dramma solo per i tuoi creditori. Pagarono tutti. Fallirono dopo. Divennero poveri.

Però fecero il loro dovere, cristo.

Perché si chiama impresa, non passeggiata di salute. Perché sei responsabile di quello che fai, delle tue scelte, dei rischi che ti prendi.

E se non ce la fai (succede) magari non è colpa del gruppo Bildeberg. Hai avuto sfiga. Non sei stato capace. Ti sei ritrovato tutti contro. Magari sei stato strozzato dalle stesse banche che – chez Berlusconi – hai votato per vent’anni. Dai politici che non ti danno infrastrutture, legalità, certezze, vera competizione. Ma finché c’era una mancia anche per te si potevano votare.

Per questo sei un ladro.

Perché chi non paga le tasse e avrebbe modo di pagarle è un cittadino di serie B. E’ un suddito che se ne sta buono finché non toccano lui. E’ la malattia di questo Paese. Parlo soprattutto con te, tipo “di sinistra”. Tu che te la sei presa fino a ieri con Berlusconi e in realtà volevi essere come lui. O lo eri già. E finalmente c’è qualcuno anche dei tuoi che ti dà ragione.

Come quegli altri, quelli che “ma che schifo la casta”, ma anche “che schifo il Pos”. Dai, su, non lo useresti manco se i costi fossero a zero. E non vedevi l’ora, pure tu, di applaudire un tizio che ti dicesse, anzi ti urlase: “Ma no, tranquillo, non è colpa tua”.

Beh, è colpa tua. Che ti credi assolto e sei totalmente coinvolto.

E’ colpa tua che ti ricordi di essere un cittadino solo quando ti arriva la cartella di Equitalia.

E’ colpa tua.

Ma chissà quante generazioni ci vorranno per capirlo, in un Paese nel quale i demagoghi sono quelli che anelano uno spicciolo di onestà.

Cazzo.

Di vegani, permalosità e altre minuzie

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(ANSA – UOMO BICENTENARIO) Un’intensa immagine di Mork: era vegano ma veniva da Ork. Da cui il concetto di Orkite

Sono vegetariano.

Cioè: non sono esattamente vegetariano. Sono praticamente pastafariano. Ed è per quello che sto diventando una piramide alimentare: avanzo a carboidrati.

Ho smesso di mangiare carne e pesce qualche anno fa, per colpa di un maiale che – tapino – guardava in macchina mentre lo trascinavano verso un destino da culatello. Era un servizio fotografico su L’Espresso. Non pareva preoccupato. Sembrava si chiedesse: “Che succede? Oh, non fate scherzi idioti, dai!”.

Come sapete, i maiali condividono il 98 per cento del Dna con gli umani.

Se hanno fondato Forza Italia, il 100 per cento.

Ne incrociai lo sguardo. Non riesco più.

Attenzione: non è che non mi piaccia. Proprio non riesco. Quando vedo una pizza bianca con la mortadella me ne farei una flebo. Ma quel maledetto suino è lì che mi osserva. E non riesco a mangiarmi il fratellino, o fratellone.

Però non fracasso la uallera agli altri. Non sono il fumatore che ha smesso. Magari non sciorinarmi la tartare davanti, ecco. Non andiamo insieme a comprare la fiorentina. La bistecca non prenderla proprio al sangue. Però fa’ un po’  tu, insomma.

Ho amici vegani. Ce ne sono di normalissimi, che hanno fatto una scelta e la vivono in letizia ed equilibrio. Poi ci sono i crociati. Quelli che ti ritengono un assassino (nel mio caso, come diceva George Carlin, un abortista: le uova le mangio) e mai si congiungerebbero con i carnivori perché emanano afrore di cadavere.

A parte che tutti, temo, prima o poi avremo ‘sto problema, è a loro che mi sono rivolto (i khomeinisti) quando ho innocentemente postato la celeberrima performance di Gigi Proietti sulle notte di Ne Me Quitte Pas, ribattezzata Nun Me Rompe Er Ca’. Era un giochetto, niente di che, ma subito alcuni mi hanno ripreso: che caduta di stile, da te non me l’aspettavo, etc.

Ora: da me c’è da aspettarsi di tutto, soprattutto il peggio.

Però l’occasione mi è grata per rimarcare, da permaloso singolo quale sono, quanto in questo divertente paese sappiamo offenderci quasi solo per famiglie: vegani, grillini, renziani, tifosi del Bologna, guidatori di Fiat, portatori di Hogan, possessori di iPhone, camorristi, ad libitum.

Perché in fondo, a ben guardare, anche la permalosità di popolo è un modo di deresponsabilizzarsi persino di fronte alle minuzie, dacché deresponsabilizzati come cittadini lo siamo, felicemente, da sempre.

Quindi volevo dire due cose:

1)    Su questo difetto pressoché etnico, applicandolo a un tema infinitamente più serio come l’omicidio di Federico Aldrovandi, Matteo Bordone ha scritto un articolo bellissimo. Di cui consiglio la lettura.

2)    Nun me rompete er ca’.

Il giorno in cui il sindaco Merola vinse le Europee

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Il sindaco Merola mentre centra l'urna con genziana precisione

Il sindaco Merola mentre centra l’urna con genziana precisione

Io non lo sapevo, che domenica scorsa si votava per le Amministrative.

L’ho scoperto ieri su questo giornale, leggendo l’illuminante intervista di Olivio Romanini al sindaco Merola.

La sunteggio: l’esito del voto dimostra la vocazione maggioritaria del Pd, non accetteremo più veti, vado avanti, ad esempio sulla cessione delle azioni Hera, senza concordare nulla con nessuno.

Ammazza.

Più decisionista di Renzi, che solo due anni fa osteggiava in malo modo. Più schiacciasassi di Dozza. Più sprezzante di Guazzaloca.

Mentre correvo a lamentarmi con la mia compagna per avermi tenuto nascosto il voto locale – sono di sinistra, tendo a scaricare le colpe – ho scoperto che no, avevo capito bene, si votava per le Europee.

E che dunque quella vocazione maggioritaria il Pd l’aveva scoperta in direzione Bruxelles. Se non ricordo male, il Premier aveva pure dichiarato che il voto continentale non avrebbe mai e poi mai influito sugli equilibri interni. Ma parlava di quisquilie come il Governo nazionale. Non certo di Bologna.

A Bologna siamo diversi. A Bologna siamo laboratorio. A Bologna c’è gente che ha scelto il Pd non già per arginare l’esplosione di Grillo, o per supportare Renzi, o – dio non voglia – perché desiderava Martin Schulz a capo del parlamento europeo. In realtà volevano mandare un messaggio di portata ben superiore: ‘ste azioni di Hera le vendete sì o no?

Merola, puntuale come sempre, ha raccolto questo chiaro mandato, e ha spiegato che da ora in poi non accetterà più veti e alleanze al ribasso con chicchessia. Siccome guida praticamente un monocolore, i soliti gufi e rosiconi (®) avrebbero potuto contestargli la narcolessia degli ultimi tre anni chiedendogli cosa diavolo stesse aspettando per governare.

Ma ora lo sappiamo: aspettava il 40 per cento alle Europee. Adesso speriamo che si voti presto anche per le Politiche, e che il Pd prenda almeno il 70 per cento. Accadesse, Merola potrebbe finalmente mettere in atto ciò che di davvero qualificante ha in mente per Bologna: un’altra intervista.

In attesa delle amministrative, quando si sfonderà il 105 per cento e potremo decidere, votando per Palazzo D’Accursio, chi vogliamo che ci rappresenti in Europa.

Uscito sul blog del Corriere di Bologna