(ANSA – E LE FOIBE?) Un tipico cittadino italiano
La cosa più divertente è che ti danno del demagogo.
Davvero: in un Paese nel quale evadere, e rivendicarlo, è ormai patrimonio culturale di tutte le ideologie, danno del demagogo a te quando dici che, santiddio, le tasse vanno pagate. E le sanzioni pure.
Sennò vuol dire che rifiuti di far parte della comunità. E allora, bello, all’ospedale, nelle scuole pubbliche, sulle strade statali, ci metto la tua foto con la scritta “io non posso entrare”.
Tipo le contravvenzioni, no? Cioè: tu prendi una multa da, poniamo, 80 euro. Andavi oltre i limiti. Mi dirai: il limite era assurdo. Anzi: lo scriverai a un giornale lamentandoti. E quelli te lo pubblicheranno pure. Ti coccoleranno. Va bene. Magari hai pure ragione. Però la prossima volta va’ più piano.
Prendi la multa – che potresti regolare entro i 5 giorni con lo sconto – e non la paghi. Quella sera lì avevi lo spritz.
Allora ti mandano un avviso che ne alza l’importo. Non paghi. Te ne mandano un altro: non paghi. La cosa passa a Equitalia o chi per lei e i tuoi 80 euro diventano il doppio, poi di più, poi di più.
Allora vai in tv e spieghi il tuo dramma, magari insieme a uno di quei tizi dei comitati consumatori che te li raccomando. E poi la cartella pazza. E il fisco vampiro. E lo stato di polizia fiscale.
Beh, sei un coglione. Un coglione cui tutti chiedono il voto, perché sei maggioranza. Ma un coglione.
Tu che evadi i contributi e poi vai nei talk show “antagonisti” a spiegare che difendi il lavoro dei tuoi operai. Beh, sei un ladro. Di futuro, tra l’altro, agli operai che fai finta di difendere.
Tu che hai doppi o tripli lavori in nero e intanto lucri uno stipendio pubblico, sei un bandito.
Tu che non fai scontrino, ricevuta, fattura… Bravo: delinquente pure tu.
Rubi ai tuoi concorrenti, e allo Stato. E a me. Che tra poco, chez Renzi, pagherò le medicine in base al reddito. Come già per gli esami. Ma mica in base al reddito vero. A quello dichiarato. Cioè le pagherò agli evasori che se le porteranno a casa gratis. Alla faccia mia. E di tutti quelli che provano comunque a pagarle, le tasse. Anche se dall’alto sparano sempre nella tonnara di quelli che sono tracciabili e non possono scappare.
Conosco l’obiezione: parli perché hai il culo nel burro. Perché le tasse puoi permetterti di pagarle. Ed è vero, posso certamente ritenermi un privilegiato perché faccio il lavoro che amo e (quasi sempre) me lo remunerano pure. Ma è pieno di privilegiati che le tasse mica le pagano. E io stesso, se avessi fatto un po’ il furbo oggi sarei ricco. Avrei giù supplito in qualche modo alla pensione che non avrò mai, per dire.
Sì, sì: conosco anche le altre litanie, quelle sulle priorità: le banche, i grandi evasori, le multinazionali cattive. Tutto vero. Andiamo a stanarli, di corsa. Però ‘sticazzi delle banche, dei grandi evasori e delle multinazionali cattive quando diventano attenuante generica: se sono ladri gli altri, nulla ti autorizza a esserlo pure tu.
E poi, aspetta, parliamo dell’evasione di necessità. L’evasione di necessità è quella roba di chi non mette insieme il pranzo con la cena. Ci sto. E’ giusto. Ed è sacrosanto che lo Stato, quel carrozzone spesso debolissimo coi forti e fortissimo coi deboli, metta in condizione chi rasenta o supera la povertà di mettersi in regola con calma. Che tenga conto delle contingenze. Che dimostri umanità. Che condoni e cancelli il debito, se è il caso.
Specie – e capita spesso – quando è colposo e non doloso.
Ma l’evasione di necessità da noi è un concetto lasco. Chi lo stabilisce, il confine della necessità? Il piccolo o grande imprenditore, commerciante, professionista che in tempi di vacche grasse faceva nero a raffica e oggi deve ridurre i propri consumi perché l’illegalità – tra le altre cose – s’è mangiata tutto, è in stato di necessità?
Necessitare di mantenere un altissimo tenore di vita, è necessità?
Alcuni parenti avevano un piccolo mobilificio. Gli aprì accanto un mercatone. Potevano fare bancarotta subito, magari portando qualche soldino all’estero che poi avrebbero scudato nella massima allegria. Spesso fallire (cfr. The Producers) è un vantaggio per te e un dramma solo per i tuoi creditori. Pagarono tutti. Fallirono dopo. Divennero poveri.
Però fecero il loro dovere, cristo.
Perché si chiama impresa, non passeggiata di salute. Perché sei responsabile di quello che fai, delle tue scelte, dei rischi che ti prendi.
E se non ce la fai (succede) magari non è colpa del gruppo Bildeberg. Hai avuto sfiga. Non sei stato capace. Ti sei ritrovato tutti contro. Magari sei stato strozzato dalle stesse banche che – chez Berlusconi – hai votato per vent’anni. Dai politici che non ti danno infrastrutture, legalità, certezze, vera competizione. Ma finché c’era una mancia anche per te si potevano votare.
Per questo sei un ladro.
Perché chi non paga le tasse e avrebbe modo di pagarle è un cittadino di serie B. E’ un suddito che se ne sta buono finché non toccano lui. E’ la malattia di questo Paese. Parlo soprattutto con te, tipo “di sinistra”. Tu che te la sei presa fino a ieri con Berlusconi e in realtà volevi essere come lui. O lo eri già. E finalmente c’è qualcuno anche dei tuoi che ti dà ragione.
Come quegli altri, quelli che “ma che schifo la casta”, ma anche “che schifo il Pos”. Dai, su, non lo useresti manco se i costi fossero a zero. E non vedevi l’ora, pure tu, di applaudire un tizio che ti dicesse, anzi ti urlase: “Ma no, tranquillo, non è colpa tua”.
Beh, è colpa tua. Che ti credi assolto e sei totalmente coinvolto.
E’ colpa tua che ti ricordi di essere un cittadino solo quando ti arriva la cartella di Equitalia.
E’ colpa tua.
Ma chissà quante generazioni ci vorranno per capirlo, in un Paese nel quale i demagoghi sono quelli che anelano uno spicciolo di onestà.
Cazzo.