Del perché Minzolini fa bene a darmi dell’imbecille

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minzoliniOdio trollare.

Non mi piace lo sberleffo sadico sui social perché spesso è davvero troppo facile. E anche perché, quando lo applichi, finisci ipso facto nel calderone berciante che spesso circonda chi abbia un qualunque ruolo pubblico.

Per questo, quando mi capita di rispondere a un vip su Twitter, ho una specie di rubrica: “Non ho resistito”. Il titolo sta lì a significare che l’enormità era tale, o l’occasione talmente ghiotta, che proprio non potevo tenermi. L’ho fatto con Formigoni, a volte con Salvini. Oggi m’è capitato con Augusto Minzolini (anche se nel suo caso non si dovrebbe parlare di trolling perché, prima del nostro match, era un mio follower. Quindi diciamo che eravamo quasi vecchi amici).

Lo scambio che ne è derivato lo leggete sopra. Ed è istruttivo. Intanto pure lui mostra di non credere più di tanto in Libero (invece, chissà, magari la notizia è pure vera) ma poi non si trattiene ed emette un giudizio definitivo: questo episodio, quello di Renzi che fa la cresta sui voli di Stato, sarebbe il segnale definitivo che siamo un Paese alla frutta.

La vicenda delle carte di credito di Minzolini è nota. Un anno fa è stato assolto in primo grado dall’accusa di peculato per l’uso disinvolto di fondi aziendali. Le sentenze si rispettano, va da sé che è dunque innocente al netto della distinzione tra comportamenti illegali e comportamenti discutibili. I secondi non hanno rilevanza processuale ma concorrono al giudizio su una persona.

Il mio giudizio sulla persona Minzolini, sul politico Minzolini, sul giornalista Minzolini è decisamente più complesso di una battuta satirica (la quale – conosco il codice penale – non faceva riferimento ai processi, ma ai guai passati dal nostro a causa delle strisciate aziendali).

E il mio giudizio è questo:

Augusto Minzolini ha intossicato il giornalismo politico italiano col minzolinismo, la politica raccontata con retroscena non verificati, allo scopo primario di avere un buon titolo e una cortina di relazioni dalle quali trarre vantaggi professionali.

E’ possibile che la stima di Silvio Berlusconi sia una concausa (è la mia opinione) dell’ascesa di Minzolini alla poltrona del Tg1, il principale centro di consenso e informazione del Paese.

Minzolini ha fatto un Tg1 orrendo, annichilendo professionalità, distruggendo il valore della testata, e lo ha schierato manu militari a favore di Berlusconi.

Una volta esautorato, il direttore Minzolini è stato paracadutato in parlamento dallo stesso Berlusconi con una candidatura blindata nel Porcellum. Che gli vale uno stipendio importante. Che contribuisco a versargli.

In definitiva, dunque, a mio parere – e questo volevo significare con l’innocente battuta cui Minzolini ha risposto da par suo – Augusto Minzolini, la sua carriera, la sua presenza in politica, i suoi modi, sono un sintomo più effettivo dello stato in cui versa il Paese rispetto all’eventuale (e altrettanto censurabile) furberia di Renzi.

Ora credo possa darmi dell’idiota e dell’imbecille a ragion veduta.

In difesa di Alessandro Di Battista dalle strumentalizzazioni dei giornalai

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(ANSA – SING SING) Una incisiva immagine di Alessandro Di Battista

A me spiace davvero tanto che una persona come Alessandro Di Battista, il cui impegno politico è indiscutibile, e con esso un entusiasmo puro e sincero verso un’Italia diversa, più onesta, non collusa, sia costretto dalla campagna elettorale e dall’incalzare di noti giornalai come Mentana a semplificazioni contorte che sfociano in frasi definitive tipo “La mafia è Civati”.

Mi spiace non tanto per Civati, o per la mafia, o per “è”, quanto perché, al netto delle successive spiegazioni di Di Battista, che ha meglio chiarito e tradotto il senso della sua invettiva, e cioè che Civati è la mafia perché gli tocca stare nel Pd che lo costringe a versargli del denaro – e questo concetto, com’è evidente, è politicamente inattaccabile – qualcuno potrebbe pensare di lui, Alessandro, che sia un invasato incosciente e/o uno che per due voti in più potrebbe persino abbassarsi ad avvelenare i pozzi accostando un collega parlamentare alla criminalità organizzata (che, nonostante non strangòli come sostiene Beppe Grillo, non è certamente un compagno di viaggio commendevole).

Per questo sono dispiaciuto per Di Battista, la vera vittima di questo can can mediatico, orchestrato contro il MoVimento, che certo non merita di passare per un tizio arrogante, ignorante, aggressivo, e va invece considerato per la persona corretta e competente quale certamente è*.

* Mi raccomando: nessuno estrapoli da questo testo frasi decontestualizzate mirate a farmi dire ciò che non ho mai detto

 

Per chi voto alle Europee (e mo’ provate a farmi cambiare idea)

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Non voterò il Pd perché da tre anni governa senza mandato popolare insieme a Berlusconi.

Non voterò il M5S e l’ho deciso nel 2008 quando Peppe scandiva le testate dei giornali e invitava la gente a mandarle affanculo.

Non voterò Tsipras perché la Spinelli in Europa vuole andare con Grillo, e per Casarini.

Non voterò Forza Italia perché non voglio rischiare il concorso esterno.

Non voterò la Lega perché Salvini mi fa paura.

Non voterò Alfano perché secondo me non si vota manco lui.

Non voterò gli amici di Oscar Giannino, nemmeno se ‘sto giro c’è pure Tabacci.

Non voterò la Meloni perché va in giro con gli striscioni runici. E perché è la Meloni.

Non voterò gli altri perché non contano niente.

Questo per avvertire gli scrutatori: quando trovate la scheda “Guaraldi vattene”, sappiate che è la mia.

Su Civati, la musica e lo Stato Sociale (nel senso del gruppo)

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Per un periodo ho pensato che Pippo Civati* fosse il futuro della sinistra. Perché ne penso, di c***te. Altrimenti mica tiferei Bologna.

Per un altro periodo ho pensato che Pippo Civati fosse un intollerabile ******e, perché poteva essere il futuro della sinistra e invece si era accontentato di fare il box di pagina 4 su Repubblica, tipo una volta ogni due settimane, più o meno quando Renzi dichiarava guerra alla burocrazia e alla Kamchatka e lui, Pippo, dichiarava che no, allora stavolta me ne vado dal Pd, e poi due settimane dopo era ancora lì.

Siccome però sto invecchiando, ho imparato ad accontentarmi. E allora oggi so cos’è Pippo Civati: un ottimo critico musicale. Si deve a lui, ai suoi follower su Twitter, il boom che ha portato Lo Stato Sociale davanti a Pharrell Williams nella classifica di I-Tunes. Che poi non so mica se è vero: è scritto su Wikipedia, e spesso Wikipedia scrive c****te, perché dev’essere di sinistra pure lei. Però il dato è certo: quel pezzo, C’Eravamo Tanto Sbagliati, è proprio bello forte. E Civati l’ha consigliato. E aveva, ha, ragione.

Trattasi di invettiva ironica. Una base di chitarra, un ‘fanculo biascicato come introduzione, una lunga lista di bersagli anche satirici, anche politici, tra i quali però spicca anche “chi s’innamora sempre per secondo”. E’ un programma politico. Conosco uno a cui farebbe comodo.

Allora ho pensato: ne scrivo. E ne scrivo benone. Ho risposto all’ufficio stampa de Lo Stato Sociale, che mi segnalava la loro estasi produttiva, e un secondo singolo imminente, chiedendo di ascoltare il resto dell’album. Ma lei, la signora ufficio stampa, mi ha cortesemente consigliato di rinviare il tutto a dopo l’uscita del disco, per ragioni commerciali (comprensibili: le etichette discografiche, pure quelle Indie, non sono di sinistra. Quindi sanno comunicare).

Solo che io non avevo voglia di aspettare. E ho cominciato un pezzo su Minghi inviato a San Pietro, credo per “La vita in diretta”, a raccontare la beatificazione dei Papi. Era pronto pure il titolo: “Tengo un Minghi tanto”.

Ma non avevo fatto i conti con Sio.

Sio è semplicemente il miglior cartoonist italiano. Me l’ha fatto scoprire mio figlio di 11 anni. Vive in Giappone (Sio, non mio figlio) e compone brevi corti animati che, con tratto infantile e testo invece pure, disintegrano i tutorial, le recensioni, il fate girare. E’, a mia futile memoria, il primo esempio di rete che smonta la rete da dentro. Un fenomeno. Da milioni di visualizzazioni.

Lui, Sio, ha creato il video del secondo singolo degli Stato sociale: Questo E’ Un Grande Paese. Che è stato pubblicato (pubblicato, non rilasciato, come scrive qualcuno: mica era ostaggio di Al Qaeda) il giorno in cui avevo quasi finito il pezzo su Minghi.

Ed è un video bellissimo. Di un pezzo bellissimo. La sintesi felice tra un manifesto di governo, un autodafé ironico, qualcosa di buono, un gioco e del cioccolato. C’è Piotta che ci mette la voce. C’è Max Collini degli Offlaga Disco Pax che ci mette i ricami. C’è l’Italia dai trentenni che conoscono la loro condanna – essere giovani fino a 50 anni, sorbirsi l’eterno albertosordi che alberga in noi, la fascinazione per i renzusconi, o i berlusconzi – e la esorcizzano ripetendo il mantra “Se magna be’, se beve be’, si sta yeah yeah”.

Se Gaber creò il teatro-canzone, Lo Stato sociale ha creato il teatro-cazzone. Che dice cose altrettanto argute senza mollare lo spritz d’ordinanza. Su pratica base dance, perché “una volta qui era tutto champagne”.

Ca*zo Caspiterina, che bravi.

Ah, a proposito: daje Pippo. E’ ora.

Uscito su Sette

 

Guida galattica per antijuventini

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Perché la risposta esatta non è 30, né 32. E’ 42.

Respira.

Fatto?

Come ti senti ora?

Niente?

Riprova: inspira profondamente, poi espira.

Com’è andata?

Ah. Il gatto è volato fuori dalla finestra come investito da un tornado.

Ok. Allora non c’è niente da fare. Sei antijuventino. E in questo momento hai dentro la forza di venti braccia, il calore di una rustichella dimenticata un’ora sulla piastra, l’anarchico sgomento di Matteo Salvini davanti al figlio adolescente che gli dice che sì, papà,quella Latifah è proprio carina e ci va ad abitare insieme. In Marocco.

Quando Matteo Renzi aveva parlato di gufi e rosiconi, su Facebook, avevi deriso il linguaggio da anni Cinquanta. Robaccia da ultrà. Ora però ti senti un incrocio tra una rapace e un castoro. Rosicheresti un’intera foresta. Volando. Di notte. Mentre dal cielo le stelle ti guardano. Tre.

Attento però. Non tutto è perduto. Il recupero di un minimo di autocoscienza, di autostima, anche solo dell’auto che non ti ricordi più dove hai parcheggiato, dacché hai saputo di Catania-Roma, è possibile. La psicologia può aiutarti. E se non lei, quattro mojito consecutivi dovrebbero andar bene.

Punto primo Non è la fine del mondo. Potrai sempre rifarti l’anno prossimo. Come? Tu intanto recupera il numero di  Genny ‘a carogna.

Punto secondo Sposta la tua attenzione. Pensa a Conte. Immaginalo la notte del Benfica mentre indica l’orologio e invoca un recupero a oltranza. Ora immagina che sia ancora lì, a luci spente. Non basta? Concentrati su Moggi che arriva all’Olimpico, la stessa sera, twittando la propria immagine con scopi apotropaici. Vedi? Stai già meglio.

Punto terzo Pensa ad Andrea Agnelli costretto per il resto dei suoi giorni a guidare una Fiat Idea. Non succederà, ma… ecco, così. Sorridi.

Punto quarto Buffon e la Seredova. Lei è la più bella donna del mondo ma lui le ha preferito quell’altra. Ora immaginatelo mentre, dopo la prestazione sul campo (quello) lei gli impone la flash interview col commento di Massimo Mauro e si lamenta perché non ha nemmeno fatto i minuti di recupero.  Stai quasi ridendo.

Punto quinto  La vita può proporti ben altro. Un amore vero, il primo Magnum della stagione, il sorriso della tua mamma, l’autostrada sgombra alle prime luci del mattino, una birra con l’amico caro che non vedevi da tempo.

Rilassati, prendila comoda. Non è il momento di soffrire: sei ancora giovane, sei ottimista, sei…

Ah, tifoso del Bologna.

Come non detto.

Scusa.

Ciao.