Un tutorial che scrissi per Civati a novembre e che mi pare ancora discretamente attuale

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L’autogollonzo da centrocampo di Civati (annunciare una mozione di sfiducia, non presentarla, non votare quella di Peppe per disciplina di partito) è un colpo di piccone non tanto a Civati medesimo, quanto a quell’ampia area di Pd che non crede alle scie chimiche ma s’è frantumata i cabasisi di essere rappresentata da una classe dirigente imbelle e incompetente, nonché per quelli che voteranno Renzi l’8 dicembre ma speravano quantomeno in un pungolo da sinistra a un partito che sta diventando la prosecuzione della Dc con meno mezzi.

Cosa deve fare Civati (ora: prima di essere terzo alle Primarie):

Uscire dal partito, dopo aver chiamato alla lotta la parte della base che lo sostiene – la migliore – e aver radunato un esercito bastante a non renderlo residuale.

Fondare una forza che rappresenti il vero Pd, quello tradito dai 101. Un’operazione più sincera di quella dei Fratelli d’Italia meloniani, ma sostanzialmente sovrapponibile. Un nuovo Pd. O un nuovo Ulivo.

Acquisire un reale potere contrattuale, esterno al Pd, in modo da condizionare la linea politica renziana di qui alle elezioni e quella governativa dopo l’eventuale vittoria. Rendersi necessario.

Garantirsi un posto centrale se si tratterà di governare, in modo da indirizzare con pari dignità l’eventuale governo Renzi.

Scalare con il nuovo Pd quello vecchio, o quantomeno riempire di contenuti (non quelli di Civati, i contenuti di chi lo sostiene e l’ha sostenuto) il vuoto di Renzi medesimo.

E’ semplice, naif, impolitico.

Ma è l’alternativa tra prendere un treno che fa il giro lungo, dopo aver perso quello principale, oppure finirci sotto. Per sempre.

Io comunque alle Primarie non voto. Questo Pd è irriformabile.

Amen.

A noi c’ha rovinato l’euro

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“A me, m’ha rovinato la guera, se non c’era la guera a quest’ora stavo a Londra. Dovevo andare a Londra a musicare l’orario delle ferrovie. Perché io sono molto ricercato… ricercato nel parlare, ricercato nel vestire, ricercato dalla questura… A me mi ha rovinato la guera, se non c’era la guera a quest’ora stavo a Londra” (Ettore Petrolini)

Quanti amici avete che potevano giocare in serie A ma poi, purtroppo, quel brutto infortunio… Quanti ne avete che “quei bastardi Equitalia, solo perché andavo a 230 sulla Statale”… Quante volte al giorno, gratis e ora anche pagando, sentite dire: “Ci ha rovinato l’euro”?

Ecco: sono cazzate. Tutte. Il vostro amico era una pippa. Se vai a 230 sulla Statale devono infilarti il napalm nello scappamento. E non ci ha rovinati l’euro.

Sì, lo so. Il gruppo Bilderberg. L’ordine mondiale. Davos. Sì, sì, conosco perfettamente i premi Nobel che affossano la moneta unica. Sì, sì, mi è chiaro il coacervo di interessi grigiastri che sovrintendono a quel buffo sistema chiamato capitalismo. Ma il punto è un altro: il punto è che noi siamo un popolo di ladri.

Ma ladri proprio, eh? Non cialtroni. Non simpatici furfantelli. Non maestri nell’arte di arrangiarsi.

Noi rubiamo. Rubiamo sulle tasse. Rubiamo sui servizi. Rubiamo quando c’è da fare la conversione da lira a euro. Rubano i privati, ruba lo Stato che raddoppia le tariffe. Rubano tutti quelli che possono, tanto chi vuoi che controlli.

Ce l’avete l’amico ristoratore che adesso piange miseria ma nel 2004 fatturava come la Siemens? La conoscerete, la tizia ingioiellata che dei ticket se ne frega perché i soldi che guadagnava dieci anni fa ce li ha alle Cayman e dichiara zero? E quello che ha raddoppiato i costi degli appalti perché aveva amici degli amici che glielo permettevano? Esatto.

E voi, noi, diciamoci la verità: mai un aiutino? Mai la fattura rifiutata per mettersi in tasca la differenza? Mai quella gonfiata così scarichiamo e chi s’è visto s’è visto?

Potrei continuare, ma dai che ci siamo capiti. Siamo un popolo di magliari arroganti. Che vota i banditi per cinquant’anni e poi si sveglia perché la casta stavolta non gli ha lasciato le solite briciole. Siamo gaglioffi, deresponsabilizzati, quelli che “è sempre colpa dell’altro”. Della guera, del ginocchio rotto, dell’euro.

Ma noi avremmo rubato anche in rupie.

Perché siamo, per citare il nostro preferito, con permanente o senza, turisti della democrazia.

Come eravamo stati (ed è il motivo per cui anche di quegli anni ci sentiamo incolpevoli), turisti della dittatura.

E votiamo, da sempre, chi ci dice che la colpa non è nostra.

 

 

 

In difesa di Beppe Grillo

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Volevo esprimere chiaramente, senza se e senza ma, la massima solidarietà a Beppe Grillo.

Ed è del tutto evidente che dietro i 9 mesi richiesti dai Pm per violazione dei sigilli in Val Susa si nasconde un triste tentativo di delegittimare il movimento No Tav, assestando al contempo un colpo importante alla libertà d’espressione dell’unico partito politico che, a proposito di questa opera costosa e inutile, e del comitato d’affari che la governa, ha saputo dire parole chiare e decisive.

E’ una vergogna.

Non è una democrazia quella in cui si intimidiscono i leader politici a beneficio delle lobbies e degli interessi inconfessabili che si muovono dietro alle grandi opere.

Detto questo, se mai violerò i sigilli di qualcosa, un giorno, probabilmente chiederanno una condanna anche per me.

Ecco, sappiate che in quel caso, e solo in quello, avranno fatto bene.

Perché avrò commesso un reato.

Belli, ciao

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Ieri sera, a un certo punto, Roberto Speranza del Pd ha twittato i suoi complimenti a Laura Boldrini: “Brava”.

Ora: quella donna è al centro di ogni polemica da mesi, spesso del tutto strumentalmente. Applica per la prima volta una procedura oltre il discutibile. Viene accusata di voler favorire in modo sfacciato il Pd e questo governo. E tu le twitti “brava”.

Come diceva Voltaire: “Ma cosa cazzo hai in quella testa, un autolavaggio?”.

Speranza ha 35 anni.

Quando gli piazzano sotto il naso il microfono, alla millesima marchetta Rai in cui deve sciorinare un tema a piacere, mi ricorda quei miei compagni di scuola secchioni che ti provocavano dolore e livore pure quando erano bravi. Figurarsi lui, che ripete a paperella due/tre concetti di cui visibilmente non conosce il contenuto, la storia, le reali radici.

Dall’altra parte, ieri sera, c’erano tizi che cantavano l’Inno di Mameli attribuendogli, nel combinato disposto del pomeriggio, lo stesso valore del “Boia chi molla” di Ciccio Franco. In massima parte anime perse, senza cultura, senza storia. Gente che pensa di poter essere presa sul serio quando, durante un intervento in diretta, mostra il gesto di “puppamelo” in favore di telecamera e degli amici del bar.

Ma voi, voi che avete cantato “Bella ciao”, a che titolo pensavate di farlo?

Voi che andate a morire per l’Imu da cancellare promessa a Silvio e ad Alfano, un provvedimento inutile, demagogico, dannoso.

Voi che state trattando il 37 per cento, il 4,5, la legge salva-Lega. Il mantenimento dello status quo.

Voi, che come avete fatto mille volte, vi limitate a fotografare l’esistente, scendete a patti, trattate col diavolo, perché siete con ogni evidenza incapaci di uno slancio, un progetto, una reale diversità.

Voi che eravate tutti bersaniani e mo’ siete tutti renziani.

Voi che ci avete portato a Weimar, o nel 1974, in questa parodia, per ora, di guerra (in)civile, col pifferaio grigio che si lecca i baffi ogni volta che Speranza apre bocca, che una qualunque renziana caruccia spalanca gli occhioni, che un finanziatore del cambiamento di verso definisce razionali le aziende che ricattano gli operai.

Voi, e chi continuerà a darvi fiducia, Bella Ciao dovreste pulirla con l’Amuchina.

E riconsegnarcela. Ora. Esattamente come state facendo col Paese a Grillesconi.

Ecco: allo stato, è l’unica Speranza che ho.