Come il centrosinistra perderà le prossime elezioni, spiegato male

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Nel discorso della montagna, un noto capellone semita diceva: “Sia il tuo sì, sì e il tuo no, no”.

Era un invito a cui tutti noi ci sottraiamo ogni giorno: quello di essere conseguenti rispetto alle enunciazioni.

Se sei un politico, ciò dovrebbe valere doppio. E dovrebbe esserci un’equanimità di giudizio. Ad esempio, gli stessi che – giustamente – imputano a Renzi la capriola sul referendum (“Se lo perdo, lascio la politica”) diventano improvvisamente indulgenti su Grillo che disse la stessa cosa per le Europee del 2014.

Ma finché si gabbano gli avversari, pazienza. Il problema è quando buggeri i tuoi. Quando il tuo sì diventa no, e viceversa.

Un esempio.

Pare che il Pd stia scaricando Tito Boeri, che era stato nominato da Renzi all’Inps in un momento di “magic touch”. Un tecnico competente al posto giusto.

Lo spoiling system dei propri (se si chiama così, non mi viene una traduzione italiana) si era già manifestato con Antonio Campo dall’Orto, direttore generale della Rai silurato dai renziani dopo averlo innalzato a un ruolo difficile da mantenere.

Entrambi erano – sono – due tecnici cui era stato detto: “Vi nominiamo perché siete bravi, non per lottizzarvi. Fate come meglio credete”.

Quelli hanno fatto come meglio credevano. A casa.

Ecco perché, tra i mille motivi, il Pd è al 25%. Perché tra il dire e il fare c’è di mezzo “e il”. E se prometti rottamazione, trasparenza, meritocrazia, non puoi prendertela con chi hai nominato perché non è una marionetta ai tuoi comandi.

Poi io di politica non capisco niente, e non voglio pensare che il siluro a Boeri (un “tecnico”) sia come quello che, via Visco, punto dritto al fondoschiena di Draghi. Un altro che nel potenziale casinone derivante da questa legge elettorale demenziale, potrebbe salire a Palazzo Chigi col compito di drenare qualche voto di responsabilità.

Penso solo che grattando il nuovo Pd si scovi una vecchia Dc che parla come un moderno Cinque Stelle. Perciò, spesso, berciando.

Oggi Michele Serra ha scritto un pezzo interessante sugli opposti estremismi piddini e del variegato campo della sinistra. Per seguire quell’invito alla conciliazione, servirebbero due fatti:

  • Renzi che concede qualcosa in termini di autocritica e la smette di comportarsi come l’uomo della provvidenza, perché di solito quelli hanno il 100 per cento.
  • La sinistra che (solo dopo un atto concreto) smette di compattarsi esclusivamente in funzione antirenziana.

È per questo che il centrodestra, se non si manda prima affanculo, vincerà le elezioni e il Pd probabilmente non sarà nemmeno in prima fila.

Temo.

+++ ESCLUSIVO: PERCHÉ IL CENTROSINISTRA PERDERÀ LE PROSSIME ELEZIONI SPIEGATO MALE +++

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Com’è noto, non capisco un cazzo di politica.

Dunque assisto al vociare confuso del centrosinistra sgomento come davanti a uno stop azzeccato da Barzagli.

Dovessi votare oggi, prenderei a testate la cabina.

Il Pd mi è irricevibile: Renzi lo ha trasformato in una dependance in parte grillina (la comunicazione, il gentismo), in parte berlusconiana (la postura comportamentale alla House of cards di ‘sta ceppa, le alleanze spregiudicate, le giravolte continue su punti fondanti, la politica sul lavoro turbo-liberista) annullando per boria, miopia, totale assenza di strategia le due cose buone fatte dal suo governo: la legge sulle unioni civili, quella sui vaccini.

E la sinistra… vabbé. Partiamo dalla tempistica delle uscite dal Pd. Civati se n’è andato subito dopo le Europee, dove poteva contarsi e imporre al Pd renzianizzato un minimo di peso contrattuale. Voglio dire: ha preso il 4 per cento Tsipras che nessuno sa più chi accidenti sia. Poteva farlo pure lui. Invece si è lanciato dalle Torri Gemelle quando già avevano sotterrato Bin Laden.

Bersani, io voglio bene a Bersani, è uscito dieci secondi prima della conta congressuale. Ha regalato un plebiscito a Renzi quando ormai non aveva più nemmeno i millesimi condominiali, e oggi flirta con Grillo che lo disprezza pubblicamente ogni 2×3. In dote ha uno zerovirgola di voti. Se D’Alema non viene chiuso in uno sgabuzzino, pure meno.

Gli altri, da Sinistra Italiana a Rifondazione (non ho capito, forse sono la stessa cosa ma ormai mi sembrano tutti un formicaio impazzito) pongono condizioni, dettano di qua, ammoniscono di là, affittano teatri per dividersi ulteriormente, si aggrappano a figure meravigliose come Grasso e la Boldrini ma sono sostanzialmente scomparsi dalla scena politica da millenni e qualche domanda dovrebbero farsela. Pare di no.

E la sinistra Pd… ahahahahahaahahaha. Scusate.

Traslascio Pisapia, a cui voglio bene, se non altro per come mi ha reso simpatica Milano, ma mi chiedo: c’è qualcuno, in questo incommensurabile troiaio, che ha titolo per spiegare agli altri come si sta al mondo?

C’è, e si chiama Romano Prodi.

L’unico che ha battuto Berlusconi due volte e per questo sta sui maroni a questa pletora di persone che non hanno mai vinto nulla, nemmeno il secondo giro ai calcinculo agguantando la coda di volpe. Manco Renzi.

Le Europee non contano. Quel 40 per cento veniva dalla luna di miele post-Letta (“Mai andrò a Palazzo Chigi senza elezioni”) e dal terrore per il sorpasso grillino. Oggi sta al 25: 8 punti meno di Veltroni quando Berlusconi comandava Mediaset, La Rai, La7 e anche Youporn.

Prodi è generoso. Si è offerto di mediare. Sa che un Renzi sotto schiaffo – che perderà, com’è ovvio – dopo le elezioni sarà rottamabile. Se non lui, questo blairismo fuorissimo tempo massimo. E da lì, come la sinistra reale (o realista) ha sempre fatto, dopo l’’implosione del governo Lega-M5S, il Paese forse si desterà e capirà che i cazzari, chi non dice mai la verità agli elettori, è il primo da prendere a calci in culo.

Ma io mi chiedo: perché aspettare? Perché non sguainare lo spadone? Perché non giocarsi qui e ora la faccia dell’unico politico che in vent’anni abbia regalato dodici secondi di speranza e consapevolezza a questo Paese?

Perché non usare la sua competenza e la sua capacità di mediazione per scrivere un programma di salvezza nazionale (sì, il programma, magari di 10 pagine e non 260) su cui trovare un dialogo e poi un accordo?

Perché Prodi non è un coglione, non lo farà, e anche perché nessuno dell’elenco di cui sopra ha il nitore, il coraggio, il cuore per chiederglielo.

Ma a me piace sperare cose inutili e naif.

Perché, com’è noto a tutti, non capisco un cazzo di politica.

Esclusivo: i nomi dei mandanti della testata all’inviato di #Nemo

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Ma che davvero?

Ma davvero i politici, dal Pd a Casapound, passando per i Cinque Stelle, esprimono solidarietà al giornalista di Nemo pestato da uno Spada a Ostia?

Ma davvero la politica per cui la disintermediazione è l’unico obiettivo, quelli per cui ogni domanda è un fastidio, la classe dirigente che taglia fuori ogni voce critica, si stracciano le vesti per l’aggressione?

Ma davvero un Paese di ultrà, per cui i cronisti vanno bene solo se rompono i coglioni agli altri, si permette di solidarizzare per questo gesto violento e fascista?

Quelli del giornalista del giorno sul sacro blog?

Quelli del satiro del giorno?

Quelli che Federica Angeli era il problema di Ostia, e non i clan che la governano da anni?

Quelli che “non ci occupiamo di tv” e poi se sgarri (e lo sgarro è una domanda, un invito sgradito, il giornalista sbagliato) migrano verso chi credono più affidabile?

Quelli del “cosa ci fareste in macchina con la Boldrini”?

Quelli che prima di accettare un’intervista pongono condizioni, vogliono scegliersi gli interlocutori, se possono agiscono per farla pagare a chi non si adegua?

Quelli che in ogni titolo vedono un complotto?

Quelli che in ogni articolo si chiedono pubblicamente a chi giova, lasciando intendere che l’informazione è tutta di parte o prezzolata?

Quelli che “giornalai”, “giornalisti terroristi”, “non giustifico ma di fronte a tanto odio…”.

Quelli “la classifica sulla libertà di stampa” e poi quando si scopre che il pericolo sono loro se la prendono con la classifica?

Dice: ma ci sono giornalisti orribili. Certo che ci sono. Ci sono giornalisti venduti. Ma è ovvio. Ma cristosanto: siamo in Italia, la gente vota i mafiosi sapendo che lo sono, i cittadini che fanno il loro dovere passano per coglioni, e la stampa dovrebbe essere l’unica categoria intonsa?

La differenza è che il tesserino che ho in tasca mi fa ancora più incazzare, quando qualcuno si prostituisce o viola la deontologia. Lo sento mio. Ne sento la responsabilità. Ed è per questo che quando posso lo denuncio a gran voce.

I politici, i loro elettori che cercano capri espiatori, la pletora del “fatevi i cazzi vostri” che da battuta di un comico diventa gonfalone sotto la bandiera, badano a difendere i loro.

In Italia ci sono così tante caste che quella della stampa è una goccia nel mare. E andrebbe combattuta quando non fa il proprio lavoro.

Ma non è così. Al 99 per cento i giornalisti vengono perseguiti non quando leccano il culo, ma se non leccano il proprio. Quando fanno il loro dovere.

Così la curva, alla testata, esulta. Ammaestrata da chi il potere ce l’ha davvero e per meglio governare il consenso si finge uguale agli ultimi, e li unisce contro chi racconta. Da Trump in giù.

La testata all’inviato di #Nemo non sarà l’ultima, in questo climaccio in cui i politici (e a spesso anche alcuni opinionisti) vellicano i bassi istinti, il senso comune, per una manciata di voti o qualche copia in più.

Ma prima di twittare solidarietà, chiedetevi se avete fatto qualcosa per evitarla.

Perché altrimenti, alla prossima, i mandanti saremo stati noi.

Del perché Asia Argento avrebbe fatto bene a non denunciare, ma non per il motivo che pensate voi

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Lo sciabordio di letame che ha avvolto Asia Argento dopo le sue dichiarazioni su Harvey Weinstein ha scatenato un dibattito sul confine della molestia: fino a quanto si può aspettare per denunciare? Acconsentire significa complicità? È incoerenza trarre vantaggio professionale dal proprio corpo e poi lamentarsene?

Al di là del merito, nel quale entro tra poco, segnalo che la discussione sposta su un piano intangibile le stesse chiacchiere da bar che buona parte del Paese, non solo quello munito di prostata, attiva automaticamente in caso di stupro: quanto deve essere lunga la gonna per non configurare provocazione? È ammissibile tirarsi indietro dopo aver incoraggiato il maschio di turno? Ritrovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato manleva in qualche modo l’aggressore?

Il prestigioso contributo del compagno Betulla

Stupro e molestia sono situazioni diverse ma confinanti. Assecondare un aggressore per uscirne senza danni fisici non è troppo diverso da cedere a quello che potremmo chiamare maschilismo ambientale. Il contesto fa la differenza. Ed è un contesto che gli uomini dovrebbero considerare, far proprio, attribuendosi una vergogna di genere che ci aiuterebbe quantomeno a non violentare la ragione.

Posto che quella subita da Asia Argento è stata verosimilmente una violenza vera e propria (qui è spiegato bene) la questione è, anche, un’altra. E attiene al sistema. Se Hollywood (Hollywood: non Cinecittà) è un luogo in cui le parti si assegnano per questioni di letto, possibilmente imposte, perché non dovrebbe accadere nell’ufficio accanto al nostro? O nel nostro, anche?

Harvey Weinstein

Il potere è una bestia bruttissima. Accende un domino di relazioni rispetto alle quali quasi nessuno può dirsi innocente. Ma deprivando l’atto dai protagonisti, forse avremo una visione più chiara. Il punto non sono neanche il produttore erotomane e le molte sue vittime. Il punto è ciò che li genera. Cioè un sistema misogino radicatissimo che porta ad additare chi subisce e giustificare chi impone. Asia aveva paura di denunciare: gli insulti che l’hanno colpita dimostrano che non sbagliava.

Cominciare a smontare quel sistema è un piccolo dovere morale che tutti noi, popolo di “solo braghe” dovremmo portarci appresso. E anche molte donne. E, anche, chi si crede portatore di una cultura progressista (non dico la parola “sinistra” perché porta sfiga) ma poi concede le attenuanti al maiale e conta quanti amanti, tatuaggi o denari abbia avuto chi ne ha subito le avance.

Voi di sinistra, fate finta per un attimo che le donne siano migranti. Personalmente non ho mai schiavizzato nessuno e non ho sfruttato l’Africa. Ma la mia gente sì, ed è per questo che a ogni naufragio mi sento in colpa. E cerco di diffondere un minimo di cultura dell’accoglienza. Per ogni donna offesa, sul divano di un produttore, su una spiaggia, su un giornale, dovremmo cominciare a essere altrettanto sensibili. O almeno provarci.

Perché, non so come dirvelo, non si stuprano o molestano nemmeno quelle che vi stanno antipatiche.

Mi è sembrato di sentire un Furore

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“Furore”, su Raitre, ieri sera, ha fatto poco più del 2 per cento di share.

Oggi facilmente troverete qualcuno che deride il tentativo di portare Steinbeck in prima serata, perdippiù con la mediazione “radical chic” di Baricco. Magari gli stessi che lamentano la caduta libera della qualità in Rai, la deriva verso la tv commerciale più trash, il tradimento del servizio pubblico.

Invece.

Invece per una volta sarebbe cosa buona e giusta riporre le riserve di cinismo e far festa – festicciola, va’ – per i 555.000 individui che ieri sera hanno voluto seguire il ragazzo immagine della Holden in un percorso di lettura e affabulazione.

E mica per questioni romantiche, eh? Men che meno etiche, divulgative, pedagogiche. Quella è roba da preistoria.

“Quando sento la parola cultura, metto mano al telecomando” (autocit.).

Il punto è che, in morte della tv generalista, le ammiraglie superstiti possono e devono puntare anche a quelle che erano nicchie, avendo cura di allargarle il più possibile, proprio come fanno le pay, in un’azione uguale e contraria, quando ingaggiano nomi di pronta presa.

E l’assunto regge soprattutto se quelle nicchie sono composte da categorie abbastanza omogenee. Ad esempio, ieri sera, lettori. Cioè gente che, pazzesco, consuma cultura. Quindi spende. Quindi è appetibile per la pubblicità.

Per questo, quando leggerete di quei coglioni Rai che sono andati al massacro nel prime time, sappiate che è un’accusa sbagliata.

Perché il futuro della televisione, almeno a certe latitudini, è meno Alessandro Greco (con tutto il rispetto, ovviamente) e più Alessandro Baricco*.

 

*Scherzavo. Ho fatto un’analisi alla “Il Foglio” dei poverissimi solo perché, cazzo, ieri sera ero felice come una Pasqua a vedere la Rai che fa la Rai. Che manda in onda qualcosa di cui andare orgogliosi. E fanculo gli ascolti.