Caro Beppe,
la devi smettere.
No, dico, la devi proprio smettere di additare nemici ad minchiam a un popolo che non vede l’ora di menare le mani. Poi finisce come a Palermo che i tuoi adepti più facinorosi se la prendono con chi fa il proprio lavoro, all’insegna del “tutti uguali” con cui non a caso cominciasti la tua campagna: l’obiettivo del primo secondo Vday non erano i cattivi politici. Era la stampa (ai tempi) sovvenzionata. Volevi, oggi come allora, fare informazione solo tu. Radere al suolo le differenze tra chi nobilitava la professione e i corrotti. Azzerare, disintermediare, promuovere una voce sola. Quella pura e giusta di chi ha la verità in tasca. Una roba – chiedo scusa per il francesismo – che di solito accade nei regimi fascisti.
La devi smettere perché state per governare. E se certe cazzate autoritarie le fai da un blog o da un palco, è comunque arietta da Ventennio applicata alla politica quotidiana e, per usare un altro francesismo, un atteggiamento squadrista. Ma quando le squadracce vanno al potere (già visto) comincia il pericolo vero. Perché c’è il caso che si vogliano regolare dei conti. E io Erdogan al pesto, potendo, me lo eviterei.
Ma soprattutto sai perché la devi smettere? Perché bisogna difendere la Costituzione. Certo, l’articolo 70. Certo, tutti gli altri che Renzi e i suoi vogliono cambiare (con una concentrazione di poteri che ti gioverebbe, ed è nobile da parte tua volerla evitare) ma anche quel cazzo di Articolo 21. Quello di cui hai fatto strame in questi anni raccontando e ripetendo la celebre panzana acrobatica della libertà di stampa in pericolo perché i giornalisti sono servi, quando la famosa classifica – basta leggerne le motivazioni – ci vede in coda perché troppo spesso i giornalisti bravi sono umiliati, offesi, aggrediti. Anche dai politici. Anche con roba tipo “Il giornalista del giorno”. O addirittura “Il satirico del giorno”. Che quando finisce sul blog, diventa un bersaglio. Ora anche fisico. Tra il giubilo dei colleghi più puri che intravvedono nuove quote di mercato e nuovi spazi per dimostrarsi i più cristallini e i più intangibili.
Quell’articolo 21, quello sulla libertà di espressione, recita una cosa semplice e non negoziabile: ognuno può dire quello che gli pare, e pubblicarlo, senza vincoli. Ma ne sottende un’altra ancora più semplice: ognuno ha il diritto di esprimersi anche quando non è d’accordo con te e con l’altro tizio che è salito sul palco ieri per diritto dinastico. Anche se onestamente (onestà-onestà-onestà) non vede in Di Maio il nuovo Eisenhower, anche se crede che Rocco Casalino dovrebbe tornare al Grande Fratello e la Raggi non ci stia, al netto di certe opacità, semplicemente capendo un cazzo. E questo non fa di lui un corrotto, un venduto, un tizio cui mettere le mani addosso.
Siccome vincerete, perché state raccogliendo il consenso unanime di tanta brava gente ma anche di chi ha respirato berlusconismo per vent’anni (come Renzi, peraltro) e ora non sa vivere senza un nemico, citerò il celebre filosofo statunitense Ben Parker: da grandi poteri nascono grandi responsabilità. Imparate da ora cos’è a democrazia vera, non quel patetico simulacro online che vuole mettere le manette ai deputati e riaprire le case chiuse e, finché siete in tempo, cercate di capire che avrete la libertà di un Paese per le mani. La riceverete in dono. Anche da me.
Quella libertà che è come l’aria: di tutti, pulita, necessaria. Dunque alla mercé di chiunque voglia sporcarla. Ma per fortuna, come si è già visto qualche decennio fa, anche nella disponibilità di chi voglia difenderla. Gli stessi che te l’hanno consegnata. Per rispettarla.
In alto i cuori. Impara. Il tempo stringe. Ciao.