Peppe, la polentina e la prossima fermata

Standard

Ieri ho scritto un pensierino in cui difendevo Beppe Grillo dalle accuse giudiziarie del quale è oggetto, dicendo – era una provocazione – che certamente è in atto un complotto per fermare la (legittima, e questo lo penso davvero) battaglia No Tav e l’unico Movimento politico che (e anche questo lo penso, anzi: è una realtà incontestabile) si sia messo di traverso rispetto a quel progetto pieno di pesanti incognite (eufemismo) che sta investendo la Val di Susa.

Siccome però sono per la legalità come atto politico individuale, quotidiano, ho concluso che se mai capitasse a me, di commettere un reato, farebbero bene a indagarmi, processarmi ed eventualmente condannarmi.

Lo stile capzioso del mio componimento ha provocato commenti di vario genere. Alcuni pentastellati hanno applaudito, senza cogliere il riferimento finale. E in fondo hanno fatto bene: penso che sia un giorno triste quello in cui il leader indiscusso di un grande partito rischia la galera per qualcosa che riguarda, in qualche modo, la sua azione politica.

Altri hanno negato il fatto, rimbalzando la grottesca versione di Grillo, quella della gita per la “polentina” e dei sigilli violati a sua insaputa.

Altri ancora hanno contestato, dicendo – semplifico – che non tutti i reati sono uguali. Che anche durante il fascismo c’era chi finiva in carcere per aver violato brutte leggi con ottime ragioni. E meno male che c’erano. I renitenti, non le leggi.

Ecco, questo mi sembra il punto.

Il bello dei social è che una provocazione spesso porta a una sintesi. C’è, per una parte dei sostenitori di Grillo, la convinzione che commettere reati sia normale in presenza di battaglie che li giustifichino. E’ uno dei caposaldi di Thoreau, che la mia amica Arianna Ciccone ha avuto la gentilezza di ricordarmi.

Si chiama disobbedienza civile: i diritti che prevalgono sulle leggi costituite perché non le riconoscono.

È un concetto perfettamente chiaro a Grillo, che conosceva benissimo motivi e conseguenze del suo atto, come è del tutto evidente, peraltro, da questo filmato. Solo che poi s’è ben guardato dall’assumersene la responsabilità.

È, anche, un fulcro della battaglia No Tav, della Lega e dei vari movimenti antitasse, e, da come si muove, dell’accoppiata Grillo-Casaleggio: esistono cause giuste per cui commettere reati diventa una necessità difensiva, inevitabile.

Quali? Chi lo stabilisce? La battaglia contro un treno vale, per citare un esempio che mi è stato fatto, quella per i diritti civili nella Russia di Putin?

Grillo deciderà di compiere questo salto di qualità anche in altri campi?

Quando?

Avrebbe ragione?

Mentre ne dibattiamo – cortesemente, magari senza preconcetti – sarebbe quantomeno opportuno non prendersi per il culo con la polentina.

In alto i cuori.

Ps  Qualcuno mi ha chiesto se sono favorevole alla Tav. Non sono favorevole. Se interessa sapere il perché, l’ho spiegato qui tempo fa.

Rispondi