Il mio dialogo preferito su Fb di febbraio 2014

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Alessandro M.
Caro Luca volevo ringraziarti per il servizio che fai. Si il servizietto che fai ai poteri che tu ben sai e perché contribuisci allo schifo di schiavitù morale economica sociale che ci affligge. Sei una merda. Venduto.
Ho creduto in te. Mi vergogno

Luca Bottura
Ciao Alessandro, volevo ringraziare te per le belle parole. Secondo me non si deve credere in nessuno, ma orientarsi a seconda che si condivida o no quello che il tizio in questione sostiene. Io mi ritengo una persona libera, che dice ciò che pensa anche a costo dell’impopolarità. Decido caso per caso, come mi gira. E a volte deludo chi magari mi voleva con la giacchetta di Peppe e Telespalla. O di chi vuoi tu. Raramente mi arrivano messaggi come il tuo, anche da chi non la pensa come me. Credo che il tuo tono ti qualifichi. Buona fortuna. Ciao.

Alessandro M.
Caro Luca. Prendere di mira un Povia (che manco mi piace) perché si prende la briga di cercare di smuovere i cervelli verso una consapevolezza fin ora insabbiata, contro Bilderbergh e il NWO, e poi dire che le alte tasse sono colpa dell evasione quando il nostro debito deriva principalmente dal Signoraggio…. Vedi, sono posizioni che prima o poi qualcuno contesta. Sono stato io il primo e mi sembra strano. Ma DeBenedetti (noto Bilderberger) vi impone tutto ciò o vi minacciano se non lo fate. Fatemi capire perché sembra che di parenti che soffrono non ne avete. Se sei in buona fede parlane domani in trasmissione. Caro Luca….

Luca Bottura
Vedi Alessandro, io faccio satira e dico il cazzo che mi pare da quando lavoravo a Cuore. Non ho mai ricevuto la benché minima pressione dacché sono a Capital – non la tollererei – e trovo che argomenti come i centri di potere diventino ridicoli se se ne occupano Povia e – per dirne un altro – quel c*****e che faceva spogliare Sara Tommasi. Detto questo, come comprenderai, non faccio giudicare la mia buonafede a chi mi dà del pezzo di merda. Ti ho risposto esclusivamente perché alla violenza verbale si può opporre l’educazione e mi piace, quando ne ho l’occasione, dimostrarlo concretamente. Com’è ovvio, però, non ho alcun interesse a proseguire la discussione con uno che mi insulta e manco si scusa. Non cerco l’unanimità. Non sarai l’ultimo a cui sto sulle palle per quello che dico. Ti saluto. Buona vita

Alessandro M.
Sulla poca educazione hai ragione senz altro. Me ne scuso perché è stato un eccesso d ira.
Anche se mi pare che il grande scoglio di stamane non si sarà sentito diversamente da te.
Per il resto, non fate un mestiere qualunque ed avete delle enormi responsabilità nei confronti della popolazione sopratutto italiana, da sempre vittima della propria fiducia nei media. Spero che nel dire il cazzo che ti pare peserai meglio gli equilibri che vai spostando. Pesantissimi, lo sai bene.

Alessandro M.
Non rispondi più. Bene come volevasi.
Buone, insonni notti a te ed a tutti i servi responsabili come Te.

Luca Bottura
Sì, ciao core (mi raccomando, continua a insultare la gente e vedrai quanto ci dialoghi. Salutami Povia)

Nota bene: ho una richiesta di amicizia pendente da parte sua. Che faccio, accetto?

LA SITUAZIONE POLITICA SPIEGATA A MIO FIGLIO

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Con una manciata di fuoriusciti dal Cinque Stelle, magari reclutati da Civati, e l’appoggio di Vendola, che ha bisogno come il pane di rinverginarsi, Matteo Renzi poteva fare un governo progressista.

Invece lo farà con Alfano, Giovanardi, Formigoni, Cicchitto, Micciché, Lombardo.

E la riforma elettorale la approverà insieme a Berlusconi, che è – parole sue – un simpatico cazzaro.

A queste condizioni avremmo un governo NNCD (Nuovissimo centrodestra) per quattro anni.

Avremmo.

Ma la situazione è più seria. Renzi si crede così furbo da incassare le riforme, far saltare il banco, andare al voto rivendicando che aveva grandi idee ma non l’hanno lasciato lavorare.

Perché lui si fida della parola di Silvio e, al contempo, pensa di poterlo mettere all’angolo quando sarà il momento.

Per una piccola memoria storica, ricordiamo come andò l’ultima volta che qualcuno ebbe questa presunzione.

http://www.youtube.com/watch?v=tkun9YhrsMQ

Amen.

La notizia che non troverete su nessun giornale e nessun tg!

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Nel bar in cui faccio colazione a Milano hanno messo in menu i macaron e sono davvero buoni. Del resto, perché dovrebbero parlarne giornali e tg?

 

*Il gattino, come sempre, è inserito al mero scopo di incrementare i click

Un tutorial che scrissi per Civati a novembre e che mi pare ancora discretamente attuale

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L’autogollonzo da centrocampo di Civati (annunciare una mozione di sfiducia, non presentarla, non votare quella di Peppe per disciplina di partito) è un colpo di piccone non tanto a Civati medesimo, quanto a quell’ampia area di Pd che non crede alle scie chimiche ma s’è frantumata i cabasisi di essere rappresentata da una classe dirigente imbelle e incompetente, nonché per quelli che voteranno Renzi l’8 dicembre ma speravano quantomeno in un pungolo da sinistra a un partito che sta diventando la prosecuzione della Dc con meno mezzi.

Cosa deve fare Civati (ora: prima di essere terzo alle Primarie):

Uscire dal partito, dopo aver chiamato alla lotta la parte della base che lo sostiene – la migliore – e aver radunato un esercito bastante a non renderlo residuale.

Fondare una forza che rappresenti il vero Pd, quello tradito dai 101. Un’operazione più sincera di quella dei Fratelli d’Italia meloniani, ma sostanzialmente sovrapponibile. Un nuovo Pd. O un nuovo Ulivo.

Acquisire un reale potere contrattuale, esterno al Pd, in modo da condizionare la linea politica renziana di qui alle elezioni e quella governativa dopo l’eventuale vittoria. Rendersi necessario.

Garantirsi un posto centrale se si tratterà di governare, in modo da indirizzare con pari dignità l’eventuale governo Renzi.

Scalare con il nuovo Pd quello vecchio, o quantomeno riempire di contenuti (non quelli di Civati, i contenuti di chi lo sostiene e l’ha sostenuto) il vuoto di Renzi medesimo.

E’ semplice, naif, impolitico.

Ma è l’alternativa tra prendere un treno che fa il giro lungo, dopo aver perso quello principale, oppure finirci sotto. Per sempre.

Io comunque alle Primarie non voto. Questo Pd è irriformabile.

Amen.

Dieci cose che abbiamo imparato da Freak Antoni

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Come scriveva ieri il mio amico Paolo Soglia, ero un pubblico di merda. Amavo Freak e gli Skiantos sgangheratamente. Avevo i suoi libri. Lo seguivo dacché s’era spretato e riaccasato con Alessandra Mostacci. Però non voglio parlare di me, come si fa quasi in tutti i ricordi post mortem. Voglio parlare di lui, maestro incidentale, e delle cose che ci ha insegnato. Una decina all’incirca.

10) Che questa città può essere capitale. Può essere sangue che pulsa e si rincorre nelle vene, e se non è solo sangue in fondo poco importa. Eravamo l’avanguardia. Eravamo il demenziale. Eravamo il punk. Eravamo lui e gli Skiantos.

9) Che Bologna ha un’altra stella da mettere in via Orefici (a proposito: e Dino Sarti?). Ma non basterà. A Seattle c’è un bellissimo museo quasi no global sul rock, sul grunge, sui Nirvana. Noi dovremmo aprire, qui e ora, quello del ’77. Lo sporco, geniale, violento ’77: da Pazienza a Lorusso, passando per Freak. Che ne riderebbe, a vedersi sotto teca.

8) Che a suonare, e cantare, s’impara. Ma non serve. Gli ultimi Skiantos (grazie anche a quel grande chitarrista che è diventato Fabio Testoni-Dandy Bestia) erano signori musicisti, grandi esecutori. Ma poi finisce che ami “Eptadone”, o la versione di “Fischia il vento” con la chitarra che stecca. Persino quel (brutto) inno del Bologna. Perché Freak era l’imperfezione ostentata. L’ostentazione dell’imperfezione. La sua perfezione.

7) Che educare al paradosso, al ribaltamento, a un’idea postmoderna di teatro canzone, non era un’esclusiva gaberiana e anzi, qui da noi, tra un ortaggio lanciato verso il palco e un vaffanculo, avevano trovato un modo meraviglioso di arrivare al mare.

6) Che puoi scrivere mille pezzi decisivi (i miei cinque preferiti: “Gli italiani son felici”, “Vacci piano con la droga”, “Sono un ribelle, mamma”, “Karabigniere blues”, naturalmente “Makaroni”) ma poi in radio passano solo “Mi piaccion le sbarbine”. E forse è giusto così. Altrimenti Freak non avrebbe potuto festeggiare, orgoglioso, “38 anni di insuccessi”.

5) Che non c’è da vergognarsi a essere poeti. Alti. Eterei. Basta sporcarsi le ali come faceva Freak. Il nostro Bukowski.

4) Che i geni non temono di farsi deprivare del copyright. “La fortuna è cieca, la sfiga ci vede benissimo”. “Toccato il fondo, a me capita di cominciare a scavare”. “A volte il fumo è meglio dell’arrosto”. “Mangiate merda: miliardi di mosche non possono sbagliarsi”. Sono nel repertorio comico di chiunque. Perché Freak era e sarà repertorio dell’umanità.

3) Che perdere può essere bellissimo. E c’è da sperarlo, che lo sia, visto che succede spesso. Che una sconfitta rotonda, assoluta, tempestiva, definitiva, è un atto epico e va celebrato. Esattamente come la morte.

2) Che siamo tutti figli suoi. Bolognesi e non, artistoidi e non, consapevoli e non. Soprattutto e non.

1) L’ultima cosa che ho imparato no, non c’è. Perché anche questo ricordo, che non è bello come avrei voluto, forse diventa meno banale se finisce senza una chiusa, senza una frase inutilmente roboante, senza retorica. Qualcosa che, se ci fosse, suonerebbe più o meno così: “Signore dei dischi, abbi cura di Freak”.

Uscito sul Corriere di Bologna