Era in via Vasari, Radio Bologna 2001. Alla Bolognina. Non lontano da dove abito ora. Uno scantinato dagli odori acri (oggi la riconoscerei, la maria, allora no) e una specie di studio là in fondo. Divani molto vissuti, anche. Secondo me appena mi toglievo dai coglioni ci davano giù di brutto.
Ricordo che passavano “Sei bellissima” della Bertè tipo duecento volte al giorno, Wikipedia sostiene fosse il 1976. Quindi avevo nove anni. E mi piazzavo al telefono. Trascrivevo le dediche e richieste. Mi scambiavano per una ragazza, a causa della voce infantile. Dettavano. Mi divertivo come un matto. Da Gianni a Mara con amore e forse qualcosa in più. Da Mara a Gianni con simpatia. Secondo me, Mara ne voleva meno di Gianni. Certe volte chiamavo altre radio e le dediche le facevo io. Mi innamoravo ogni settimana. E ogni volta chiamavo perché qualcuno si dichiarasse per me. Ce ne fosse stata una che sganciava anche solo un piccolo bacio, poi.
Credo di averle girate tutte, con quei nomi già pronti per un adesivo scrauso. Radio Antenna Uno, quella dei preti, all’ultimo piano dei Salesiani. C’era una certa Cristina che avrebbe accompagnato tanti sogni. Radio Modulazione Special. Radio Bologna Notizie. Radio Bologna Nuova, Radio Luna a porta San Mamolo. In onda, mai. Solo una volta, credo a Radio Zola, la notte di Capodanno del ’77, vinsi un premio a un gioco telefonico. Mio fratello mi portò a incassarlo seduta stante, sotto la neve. Era un buono per dei dischi, se lo tenne lui. Il tizio in conduzione insistette perché dicessi che da grande volevo fare il “disk gioco”. Lo assecondai.
Avrei esordito una ventina da anni dopo, per colpa di un insegnante di Diritto, alle superiori, quinto anno delle Magistrali, scelte perché… sì: quel motivo lì. Il professor Montebugnoli collaborava con Radio Bologna 101. A Casteldebole, dove si allenava il Bologna, non ci facevano entrare per via dei diritti. Ma i giocatori abitavano in un condominio della periferia, al quartiere Barca. Ci trovavamo lì, nel magazzino del bar nel centro commerciale Margherita. Intervistavamo quasi sempre un finlandese: Mika Aaltonen. Non giocava mai, veniva via dal campo prima.
Finii a fare il basket. Davo i numeri durante le partite della Virtus. Sei su sette, otto su nove, dodici rimbalzi. Un pomeriggio di febbraio del 1989 a Torino non voleva andarci nessuno. Mentre me lo comunicavano, ero già in autostrada con la mia fidanzata di allora. Alzai il telefono e cominciai: “Amiche e amici sportivi buonasera da Luca Bottura che vi parla e vi saluta. Campo ostico quello del Palaruffini per la Knorr Bologna…”. E via. Qualche anno dopo stavo per andare in onda da Roma, dal Palaeur. Dallo studio mi dissero: “E’ morto Maurizio”. Maurizio, Gentilomi, era il telecronista ufficiale da sempre. Bolognesissimo, voce aperta e calda come un portico. Portai la radiocronaca in fondo. Vincemmo (sì: vincemmo, non credete a quelli che non tifano) 101-78. Centouno, come Radio 101. Attaccai e piansi come un vitello.
Nel ’98 l’Unità stava per chiudere come al solito, eravamo in contratto di solidarietà. Mandai un progetto a Fabrizio Binacchi, il direttore della sede di Bologna della Rai. Nel mio curriculim lesse “Cuore”. Lo girò immediatamente a Giancarlo Santalmassi che dirigeva Radiodue. Due mesi dopo, e anche di questo devo ringraziare Michele Serra, ero in onda con Tagliobasso. Insieme ai miei amici di Radio Città del Capo, il polmone locale di Popolare Network, dove straparlavo di vili vinili con Francesco Garbari e dove mi ero innamorato per sempre.
E poi Playradio, con le pareti arancioni che portano sfiga alle startup, ma io e Simone Bedetti eravamo felici di andare in onda direttamente da Marte con “Mi dia del play”. E l’anno dopo Flavia Cercato che mi vuole con sé a Capital, e Linus – che avevo conosciuto nel mio primo programma da autore tv, da Celentano – che osa l’inosabile: una striscia quotidiana a uno sconosciuto. Una striscia che 8 anni dopo è ancora lì, ogni santo giorno.
Chissà, forse alla radio dici quello che vuoi perché è ritenuta impalpabile. Quando fanno i golpe mica occupano le radio, occupano la tv. E forse per quello che è più libera, che sei più libero anche tu. Anche se poi ti viene in mente Peppino Impastato e pensi che sei niente. Per quello cerchi almeno di essere un niente onesto, appassionato, allegro, conscio dell’enorme privilegio di vedere tutte le mattine la luce rossa che si accende senza doversi rintanare in un cinema hard.
Fateci caso: la radio è l’unico mezzo che ingloba i social alla perfezione. Perché è accogliente, orizzontale, non sa essere proterva. Amplifica e attutisce. Unisce. La tv è gerarchica, anche la rete lo è, schiava com’è dei like e dei clicca qui. La radio è popolare a volte persino controvoglia. E’ di tutti, in fondo. Per quello nobilita chi la fa e chi l’ascolta. Per questo le vogliamo bene e oggi festeggiamo con lei.
Pronto, Radio Bologna 2001. Quale canzone ti piacerebbe ascoltare?