Se il principale limite dell’Isis è che ci somiglia

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A volte non vorrei essermi fermato in prima elementare per dare un senso più profondo a certe ovvietà. Però poi le dico lo stesso.

Tipo che l’Isis è una protesi dei social.

Cioè, penso sia chiaro: il tizio col barbone la cui caricatura ha causato lo sterminio di Charlie Hebdo e i suoi scherani tagliagole, non vanno su Internet per fare proselitismo. Fanno proselitismo per andare su Internet.

E’ come se ci fosse una sura non scritta in cui il profeta ha scritto: va’ e fatti ritiwittare.

In questa società dell’immagine con la barba e il coltello lungo, c’è un edonismo della Fatwa del tutto evidente. Un compiacimento, una muscolarità estetica, una auto-iconografia che va oltre le tecniche di confezione dei video, i mezzi usati per divulgarli, le trattative per liberare gli ostaggi che sembrano una chat su messenger.

Tecniche di seduzione e di slealtà comprese.

Non a caso gli occidentali che si ricongiungono alla terra santa, qualunque essa sia, vengono spesso da carriere artistiche malriuscite. Meglio essere un rapper sfigato a Londra o uno Jihadi John di rilevanza globale?

L’ha capito perfettamente il reporter inglese John Cantle che sta giocando con la sua vita attraverso ciò che sa della comunicazione. La condivide coi suoi carcerieri e già che c’è ha messo su una bella docufiction che un giorno, è augurabile, potrà commentare da casa.

Ma l’autoreferenzialità di tutta questa storia è, a ben guardare, la nostra principale speranza.

E quando dico “nostra”, non dico di noi occidentali, non è una categoria, ma parlo di quelli che non credono a vergini disponibili ma neppure a santi con le mani bucate e a dei che vietano il lievito.

Se sai come rappresentare il tuo piano, ma il tuo piano non ti è ben chiaro perché pensi principalmente a metterlo in scena, generalmente rischi la catastrofe strategica e politica. Come dimostra efficacemente, tra l’altro, un partito confessionale italano che sta attualmente vivendo la sua parabola discendente.

Finché Jihadi John e tutti gli altri dedicheranno molte energie a fare il bianco della camera perché meglio si veda su Twitter il sangue rosso di un innocente, finché coopteranno il coté di una qualunque prima serata su Rete4, finché, insomma, ci somiglieranno, c’è ancora una qualche parcellare possibilità che la guerra liquida, dunque una guerra impossibile da contrastare, abortisca.

Forse.

Chissà.

Mentre ci rifletto, vado a prendere un altro po’ di Maalox pensando a quell’uomo mite e coraggioso che è stato Kenji Goto.

Un pensiero su “Se il principale limite dell’Isis è che ci somiglia

  1. Credo che il carattere principale dell’isis sia la brutale efferatezza e la totale mancanza di empatia. Decisamente non somigliano a noi. Le profonde falle mentali che ci spingono ad abusare dei social network sono di natura biologica, non culturale. Ergo dire che l’isis ci somiglia per quella ragione è come dire che ci somiglia perchè hanno 4 arti e dei capelli.

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