Dallo spin doctor di Matteo Renzi riceviamo e volentieri pubblichiamo il discorso che pare voglia tenere di qui a poco al parlamento europeo. Sembra roba un filo velleitaria, ma interessante.
di Matteo Renzi
Buongiorno a tutti.
Prendendo la parola in questo consesso europeo sento che tutto, tranne la vostra personale cortesia, è contro di me. Ma spero che questo mio breve intervento, forse tardivo, renda giustizia alla grandezza del Paese che rappresento e all’intelligenza di chi mi ascolta.
Durante il Semestre Italiano di presidenza europea abbiamo sottovalutato il problema dei migranti. Noi per primi. Non abbiamo cercato una soluzione condivisa per motivi che ritenevamo strategici, e invece erano puramente tattici. Speravamo di ricondurre il problema ad accordi negoziali tra le nazioni dell’Unione, o alla revisione di quelli esistenti.
Gli sbarchi quotidiani sulle coste italiane, i cammini delle speranza di chi parte dall’Africa subsahariana e tenta di passare per l’Ungheria, i tentativi di passaggio dal Marocco alla Spagna, e dalla Francia al Regno Unito, richiedono una risposta immediata, ampia e, userò un aggettivo che in parte spaventa anche me, generosa.
Nel mio Paese, e da quel che leggo anche nei vostri, coloro che si oppongono alla tensione razzista, e a chi si ne fa scudo per lucrare consensi, si sentono rispondere con scherno: “E allora accogliamoli tutti”.
Allora, oggi, questo sento il dovere di comunicare agli illustri colleghi del parlamento europeo: noi faremo proprio così. Li accoglieremo tutti.
Li accoglieremo e forniremo loro un permesso di soggiorno temporaneo che li regolarizzerà su tutto il territorio europeo.
Ciò risponde a un’esigenza tattica, ma anche strategica.
Tatticamente, diciamo con forza all’Europa che le nostre frontiere sono le vostre frontiere. Condividiamo ciò che adesso è un problema, e non possiamo che risolverlo insieme: ne va dell’Unione.
Strategicamente, ci diciamo tutti insieme che la rivoluzione da compiere è molto più profonda, che i nostri strumenti sull’asilo politico sono inadeguati al presente, che bisogna prendere atto di come sia impossibile separare chi fugge dalla miseria da quelli che scappano anche dal terrore e dalle persecuzione perché le tre condizioni – miseria, terrore, persecuzione – sono frutto delle politiche che anche noi, Europa, abbiamo applicato negli ultimi duecento anni.
La consapevolezza montante delle nostre responsabilità è inoltre benzina per gli estremismi tutti, copertura ideologica per gli Stati Islamici più o meno autoproclamati e, dunque, un pericolo molto più reale che la gestione collettiva e consapevole di un flusso migratorio che nasce da evidenti esigenze di sopravvivenza.
E’ una posizione complessa, per molti versi impopolare, che certamente comporterà prezzi da pagare. Al mio governo, in termini di voti. Al mio Paese, in termini di rapporti bilaterali con Paesi amici, gli stessi Paesi che hanno già abolito Schengen senza dircelo e considerano l’Italia niente di più che una battigia lanciata in mezzo al Mediterraneo. Anche la Gran Bretagna, che ha come capitale la città più multiculturale del Mondo.
Ma appunto non è più il momento di tattiche. Un grande italiano, Alcide De Gasperi, citando un teologo americano, diceva che i politici guardano alle prossime elezioni, gli statisti alle prossime generazioni. Noi abbiamo meno tempo. Quando tornerà a farsi sentire l’odore disgustoso dell’esplosivo, nelle nostre strade pulite, laddove crediamo scioccamente di essere al sicuro, dovremo aver quantomeno avviato un percorso culturale che costruisca una nuova e duratura stagione di pace. Dovremo opporre la ragione all’isteria. La coscienza alle viscere.
Dovremmo vincere, senza combatterla, la Terza Guerra Mondiale.
Per questo chiedo, oggi, un rivolgimento epocale delle politiche europee sull’immigrazione. Chiedo di non anteporre gli interessi commerciali alla dignità delle vite umane. Di rivedere la politica economica verso l’Africa con una rivoluzione di sistema che rimuova lo sfruttamento e crei, al contempo, nuove opportunità di guadagno, reciprocamente sostenibili. Richiamo l’Europa a quei valori cristiani che avremmo voluto inserire tra le radici della nostra Costituzione. Valori che contemplano la solidarietà al primo posto. Il bene che chiama il bene. Che tenta di convertire un guaio in una risorsa.
Adesso.
Chiedo di compiere, qui e ora, un atto di coraggio collettivo per il quale i nostri figli ci ringrazieranno.
Accogliamoli tutti.
Grazie per avermi ascoltato.
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