Che cos’era la sinistra: un nome comprato ai grandi magazzini Gum

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(ANSA – TRASFERELLI) Il simbolo di Liberi e Uguali, disegnato da una pasticciera di Velletri

La ragione sociale è importante. I socialisti, i comunisti, i liberali, i repubblicani… Altri tempi, per carità. Ma capivi subito dove andavano a parare: tangenti, bambini alla griglia, poltrone di governo, piadina romagnola. E il nome Partito a me piace: comunica forza e consapevolezza. Significa far parte di qualcosa. Condividere ideali. Non mi fido di chi si definisce Movimento, Lega, o addirittura ha un nome da stadio. Di quelli che fanno politica fingendo che i politici siano gli altri. E allora, con affetto: ma perché #liberieuguali? Come si chiamano i militanti? Liberisti? Egualitari? Liberugualisti? Già in pancia avete i Possibilisti, i SinistriItaliani, gli Articolounisti, persino i Dalemiani. Ho apprezzato parecchio l’idea civatiana del partito che dice la verità anche quando è spiacevole, che conta sull’intelligenza degli elettori, anche se poi la nascita del nuovo rassemblement è piena zeppa di alchimie da politica preistorica e posti in piedi spartiti tra vecchi arnesi e nuovi velleitarismi. Di popolo, pochino. Però, se mi stai raccontando di voler ricostruire la mia casa politica, dimmi come ti chiami, almeno quello, e ti dirò se vengo anch’io. Non dico di avere il coraggio di essere conseguenti e scegliere un nome provocatorio (tipo “Partito impopolare”) e nemmeno di sfidare quella che sembra la vostra ossessione chiamandovi “Partito Veramente Democratico” (pensateci, al Tg1: “I veramente democratici hanno dichiarato…”). Però anche una cosa un po’ polverosa tipo “Partito progressista” andava benissimo perché avrebbe marchiato una diversità, una nettezza, il coraggio di offrire un modello alternativo ai vari populismi che anche il Pd incarna pur potendo vantare una denominazione tradizionale. Invece no: Liberi e Uguali. Sembra il nome di quelli che ti chiedono una firma per strada contro la droga. E anche oggi, ovviamente non solo per questo, vi voto domani.

9 pensieri su “Che cos’era la sinistra: un nome comprato ai grandi magazzini Gum

  1. Ciao Luca

    Sì certo, hai ragione: da chi “mi sta raccontando di voler ricostruire la mia casa politica” mi sarei aspettato una partenza migliore, con la proposta di un nome non dico piacevole ma almeno orecchiabile, però…

    Però, apprezzando il tentativo di una serie di persone che, una tantum, provano a radunare la frastagliata nebulosa della sinistra italiana sotto un’unica sigla (converrai come la consuetudine a cui siamo purtroppo avvezzi preveda esattamente il contrario) e incaricando di esserne il portavoce P. Grasso, uomo certo rispettabile, spero credibile, comunque spendibile e non logoro e riciclato…

    Guardandomi intorno, nel desolato panorama politico nostrano, tra zombi miliardari che hanno il fegato di spacciarsi per nuovi, un gruppo di nani saltimbanco radioguidati da un comico e un bulletto toscano che, a capo di un partito che avrebbe dovuto rappresentarla, la sinistra l’ha sgretolata, non posso non appigliarmi a questa nuova creatura, desiderando esercitare il mio diritto/dovere di cittadino, in qualità di elettore (fieramente, se pure confuso) di sinistra ed esprimere una preferenza.

    (Anche) per tale motivo, a differenza tua, io domani voterò realmente LU, sperando (forse illudendomi) sia meglio chiudere gli occhi e tapparmi le orecchie che non turarmi il naso, di fronte alla scheda elettorale.

    Con stima, un cordiale saluto, Marco D.G.

    • Jacopo

      Scusa Degiom, rammento un piacevole scambio in occasione di un altro post dell’ineffabile Bottura.

      Anch’io, per quel che vale, voterò per LU.

      Ma permettimi di farti notare la tua ingenuità, oserei dire il tuo candore.

      Perchè se io e te fossimo autori su rai3, e conduttori di un programma su radiocapital, e scrivessimo sul Corriere di Bologna, ma allora minchia di una minchia di una straminchia, potremmo davvero permetterci di votare gli “scissionisti”?

      No che non potremmo!
      Ci toccherebbe votare pd, e per essere proprio sicuri sicuri anche farlo capire urbi et orbi, che non si sa mai; e per essere ancora più sicuri anche tirare una spruzzatina, un oust di cacca su LU, con le prime stupidate che vengono in mente, non argute, nè originali, nè niente: sai mai che ci mandino a casa, altrimenti, che coi tempi che corrono mica è piacevole…

  2. Michael

    Ma è vera la storia che il nome Liberi e Uguali sarebbe in conflitto con una corrente del PD, per cui Grasso & C. avrebbero scelto “tutti” (con lettere minuscole)?

    Fonte: Propaganda Live, Zoro in arte Diego Bianchi

  3. Chiara

    È l’articolo 1 della dichiarazione universale dei diritti umani, no? Liberi e uguali in dignità e diritti. L’unico cruccio è che è tutto al maschile, ma forse qui chiedere di includere il femminile era davvero complicato, come direbbe la ministra Fedeli

  4. enrico

    Prima l’imprescindibile polemica di genere, poi la fondamentale riflessione di Bottura sul nome. Ovviamente, la notizia che nascerà una lista a sinistra della lista a sinistra che al mercato mio padre comprò.
    Ah che bello quando le tasche sono piene, quanti sofismi si possono fare..

  5. Ciao Jacopo
    Rispondo quando posso…

    Io veramente non riesco a capirti: più e più volte il nostro ospite, con una delicata metafora, ha sostenuto che piuttosto che votare pd si farebbe appendere per le palle al pennone più alto dell’Amerigo Vespucci e, per rincarare la dose, ha spalato a più riprese tonnellate di mer*a sul Pinocchio rignanese!

    Ma perchè caxxo mai non gli credi?

    Cordialità, MDG

    PS Tra l’altro sono ormai mesi che Luca, con mio enorme rammarico (che avevo espresso proprio in questo
    spazio), ha traslocato su Radio Deejay (non propriamente legato a proprietà risalente al Debenedetti)…
    Aggiornati! ;-D

    • Jacopo

      Caro Degiom, le giustificazioni del Bottura, come di tanti come lui, somigliano tanto tanto a quelle dei leghisti di una ventina di anni fa.
      All’epoca dicevano “premetto che non sono razzista, ma…” (ora invece non premettono più, e non dicono più ma).
      E’ un modo di fare che ha tante variabili, esiste anche quella “non sono omofobo, ho tanti amici gay, però…” e potrei continuare.

      Io ritengo che una forza, neonata o esistente da tanti anni, si può attaccare sul programma, sulla qualità delle persone che la formano, sulle sue condotte politiche del passato: se ci badiamo, sono tutti aspetti che offrirebbero spunto a critiche abbastanza sensate da muoversi a LU, critiche serie, che non ritengo sufficienti a impedirmi di votare per quella forza, tuttavia non prive di dignità.

      Qui critichiamo una formazione per il nome che si è scelta (che non è nemmeno così brutto, ma chissenefrega, opinione mia).
      Cioè: una formazione che è nata con un percorso tutto sommato abbastanza lineare;
      che si è data un “leader” (oggi si chiamano così) credibile ma non certo un autocrate;
      nella quale tre vecchi scarponi che hanno dato molto alla politica e alla sinistra, chi nel bene e chi nel male, si fanno tutto sommato da parte;
      nella quale gli scarponi di cui sopra, facendosi da parte, lasciano le redini a tre dirigenti della generazione successiva, tutti e tre ben formati da pregresse esperienze parlamentari, o amministrative, o entrambe le cose – e intendiamoci, nessuno di questi tre è Che Guevara (figuriamoci) e anche lì c’è chi stimo di più e chi mi lascia un po’ meno entusiasta, tuttavia anche quello dei tre che più si presta a critiche cresce anni luce rispetto a ognuno dei soldatini di Renzi (fuor di ipocrisia, dico che il più criticabile dei tre è Roberto Speranza, che almeno però ha dimostrato di avere una dignità nascosta da qualche parte, e l’ha usata dimettendosi da capogruppo quando poteva rimanere e leccare culi come tanti altri anche più vecchi di lui);
      una formazione infine (infine? mica tanto) che sta delineando un programma tutto sommato abbastanza chiaro, e, quel che più conta, di sinistra, o almeno qualcosa di simile.

      Insomma, una formazione che più o meno ha gli elementi basilari di quello che dovrebbe essere un partito di sinistra (o qualcosa di simile, ripeto).

      Però: non si chiama “partito” ed è formata da gente “ossessionata dal pd” (il pd di un segretario che insulta da anni personalmente esponenti di quell’area ma anche cittadini elettori che condividono le idee di quell’area, parla di rottamazione, di smartphone e monetine, eccetera eccetera; però sono loro gli “ossessionati” mica il segretario dell’editore di riferimento di Bottura).

      Insomma, non vedere che le differenze programmatiche, attualmente, sembrano essere profonde e sostanziali, del resto confermate da non pochi voti contrari o almeno astensioni su molti provvedimenti che hanno costituito il cuore del renzismo (e sui quali il solerte Bottura raramente se non mai ha fiatato) significa o essere vittime dell’aterosclerosi, ma non mi pare il caso.
      Oppure semplicemente essere in malafede.
      Ora, visto che il Bottura diciamo che deve molto al Partito (con la P maiuscola, ovviamente, e ci aggiungo pure gli applausi) viste le testate cartacee, televisive e radiofoniche (sì, recentemente è migrato su Deejay, fra un paio di lustri o forse tre ce lo ritroveremo tupamaro) sulle quali lavora, il cui collateralismo col Partito (di nuovo maiuscola, e di nuovo applausi) è abbastanza evidente, secondo me non è complicato scegliere l’alternativa esatta…

    • paolino

      veramente Deejay e Capital sono parte della stessa famiglia,e trasmettono dagli stessi studi. tuttalpiù ha cambiato piano,non certo editore.

      • Ops… Ho digitato una minkiata!…
        Grazie per essertene accorto e per avermi corretto, Paolino.

        Colgo l’occasione per salutare, oltre te, anche il nostro silente anfitrione e quel logorroico di Jacopo. ;-D

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