Sono sodale di Michele Serra e stimo Annalisa Cuzzocrea di Repubblica. Inoltre ho conosciuto Francesco Merlo quando tentava di mettere ordine nel cubo di Rubik dell’informazione Rai e mi è sembrato un sincero democratico, animato da autentico spirito di servizio. Quindi destinato ad essere velocemente rigettato da un organismo che lo sentiva estraneo a sé.
Lo dico in premessa perché Tomaso Montanari ha scritto un pezzo criticandoli tutti (poiché loro si erano permessi di criticare lui, come scrive con grande onestà) e preferisco mettere in chiaro a mia volta i debiti sentimentali verso chi andrò brevemente a difendere.
Anzi: in realtà non difenderò proprio nessuno. Dirò perché le tesi di Montanari mi trovano in disaccordo.
Mi scuso se sintetizzo (qui trovate il pezzo per esteso) ma l’assunto del presidente di LeG (sempre sia lodata) è che la sinistra ha perso perché non ha capito le masse. Perciò il popolo – buono ed esasperato – vota per Lega e grillini. E questo perché il Pd di Renzi ha perso ogni contatto con la propria base anche a causa di intellettuali del piffero come Serra. Chiedo venia per il lessico, ma se non mi fanno scrivere su Micromega ci sarà un motivo.
Ora: su Renzi e sulla sua gestione del Pd le mie idee sono se possibile più estreme. Ne ho scritto e detto, in satira e non, di tutti i colori. Roba che al confronto Montanari è Orfini. Tra i tanti appunti, però, ce n’è uno che la sinistra del 3,2 (spiace: è pure la mia) non gli ha quasi mai rivolto con chiarezza: aver rincorso i populisti, per temi e linguaggi, a partire dal concetto di rottamazione, abdicando totalmente al ruolo non già di mero collettore, ma di guida politica, delle classi popolari.
Non mi rifarò alla vexata metafora di Barabba per ricordare come il popolo possa compiere vigorosi errori di prospettiva. Né ribadirò che il ribaltamento del pezzo di Serra (indichi un problema reale perché vuoi risolverlo, ti accusano ti disprezzare chi è vittima di quel problema) è lo tsunami di una deriva che proprio Renzi ha cercato malamente di cavalcare. Quella della popolarità spicciola, del like scambiato per voto reale, scevra da ogni strategia ma innervata solo di tattica, da cui il Pd è stato ovviamente travolto.
Anche Renzi era contro gli intellettuali che non capiscono, per dire. E contro i giornali che mistificano. E contro chiunque analizzasse i suoi errori, ridotto a gufo e rosicone.
Una collega che parimenti apprezzo molto, Arianna Ciccone, tra le altre cose benemerita organizzatrice del Festival del Giornalismo di Perugia, ha anche scritto che Serra avrebbe dovuto confrontarsi coi suoi accusatori in una lunga diretta Facebook. Il che avrebbe impennato gli accessi di Repubblica ma che nel sottoscritto ingenera una risposta che l’amica Arianna mi concederà, visto il nostro rapporto: col cazzo.
Nel senso che gli intellettuali, categoria alla quale dall’alto del mio diploma magistrale mi pregio di non appartenere, servono a dire cose anche impopolari. Finché non diventano popolari. A Montanari potrà anche non piacere il Serra “renziano”, ma cacciarsi nel grumo ostile social, proprio quando scrive una cosa platealmente di sinistra, potrebbe persino far pensare a un regolamento di conti.
Il Pd di Renzi è diventato minoranza rinculante anche, ma non solo, nel momento in cui ha rinunciato a quattro ovvietà identitarie in campo sociale (mantenendo la barra dritta solo su quelle civili, comunque importanti) per inseguire la comunicazione surreale che ha accarezzato e accompagnato fino al trionfo Lega e Cinque Stelle.
Inchiodare Renzi al mancato recepimento di molte istanze popolari (quali? Quelle sposate da Minniti sui rimpatri a nastro?) è a mio avviso più che miope. Vero: Brecht, citato da Paolo Rossi, derideva i partiti che volevano cambiare gli elettori. Ma cosa c’è di più – oddio – socialista che mediare verso le classi popolari il concetto che no, il ladro non è lo Stato, o gli extracomunitari. Sono quelli a fianco che non pagano le tasse. La criminalità contro cui rialzare la testa.
E che da una società più equa ci guadagnerebbero tutti. Conviene. E che, come focalizzava ottimamente Labranca in “Neoproletariato”, l’illusione indotta di appartenere alla borghesia uccide lo spirito di classe e porta alla ricerca non già di diritti, ma di privilegi (cioè gli stessi diritti, ma concessi sempre a meno gente, come in un qualsiasi jobs-act)?
A ben guardare, l’unico pregio attuale del Pd renziano è l’impopolarità. Peccato sia per i motivi sbagliati. Ma era impopolare pure Prodi, teoricamente. Che vinse due volte le elezioni. Eppure diceva la verità. Senza edulcorarla o avvelenarla a beneficio di telecamera. A differenza di questo Pd, ma anche e soprattutto di Lega e Cinque Stelle.
E c’è persino l’ipotesi (concludo) che la contestazione a Michele Serra sia il paradigma della situazione politica in cui è avvinghiato il cosiddetto popolo di sinistra: si ascolta la minoranza rumorosa, mentre nessuno chiede alla maggioranza ammutolita cosa ne pensa.
E la profezia autoavverante della vittoria altrui si fa voto, e poi governo.