A noi c’ha rovinato l’euro

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“A me, m’ha rovinato la guera, se non c’era la guera a quest’ora stavo a Londra. Dovevo andare a Londra a musicare l’orario delle ferrovie. Perché io sono molto ricercato… ricercato nel parlare, ricercato nel vestire, ricercato dalla questura… A me mi ha rovinato la guera, se non c’era la guera a quest’ora stavo a Londra” (Ettore Petrolini)

Quanti amici avete che potevano giocare in serie A ma poi, purtroppo, quel brutto infortunio… Quanti ne avete che “quei bastardi Equitalia, solo perché andavo a 230 sulla Statale”… Quante volte al giorno, gratis e ora anche pagando, sentite dire: “Ci ha rovinato l’euro”?

Ecco: sono cazzate. Tutte. Il vostro amico era una pippa. Se vai a 230 sulla Statale devono infilarti il napalm nello scappamento. E non ci ha rovinati l’euro.

Sì, lo so. Il gruppo Bilderberg. L’ordine mondiale. Davos. Sì, sì, conosco perfettamente i premi Nobel che affossano la moneta unica. Sì, sì, mi è chiaro il coacervo di interessi grigiastri che sovrintendono a quel buffo sistema chiamato capitalismo. Ma il punto è un altro: il punto è che noi siamo un popolo di ladri.

Ma ladri proprio, eh? Non cialtroni. Non simpatici furfantelli. Non maestri nell’arte di arrangiarsi.

Noi rubiamo. Rubiamo sulle tasse. Rubiamo sui servizi. Rubiamo quando c’è da fare la conversione da lira a euro. Rubano i privati, ruba lo Stato che raddoppia le tariffe. Rubano tutti quelli che possono, tanto chi vuoi che controlli.

Ce l’avete l’amico ristoratore che adesso piange miseria ma nel 2004 fatturava come la Siemens? La conoscerete, la tizia ingioiellata che dei ticket se ne frega perché i soldi che guadagnava dieci anni fa ce li ha alle Cayman e dichiara zero? E quello che ha raddoppiato i costi degli appalti perché aveva amici degli amici che glielo permettevano? Esatto.

E voi, noi, diciamoci la verità: mai un aiutino? Mai la fattura rifiutata per mettersi in tasca la differenza? Mai quella gonfiata così scarichiamo e chi s’è visto s’è visto?

Potrei continuare, ma dai che ci siamo capiti. Siamo un popolo di magliari arroganti. Che vota i banditi per cinquant’anni e poi si sveglia perché la casta stavolta non gli ha lasciato le solite briciole. Siamo gaglioffi, deresponsabilizzati, quelli che “è sempre colpa dell’altro”. Della guera, del ginocchio rotto, dell’euro.

Ma noi avremmo rubato anche in rupie.

Perché siamo, per citare il nostro preferito, con permanente o senza, turisti della democrazia.

Come eravamo stati (ed è il motivo per cui anche di quegli anni ci sentiamo incolpevoli), turisti della dittatura.

E votiamo, da sempre, chi ci dice che la colpa non è nostra.

 

 

 

Peppe, la polentina e la prossima fermata

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Ieri ho scritto un pensierino in cui difendevo Beppe Grillo dalle accuse giudiziarie del quale è oggetto, dicendo – era una provocazione – che certamente è in atto un complotto per fermare la (legittima, e questo lo penso davvero) battaglia No Tav e l’unico Movimento politico che (e anche questo lo penso, anzi: è una realtà incontestabile) si sia messo di traverso rispetto a quel progetto pieno di pesanti incognite (eufemismo) che sta investendo la Val di Susa.

Siccome però sono per la legalità come atto politico individuale, quotidiano, ho concluso che se mai capitasse a me, di commettere un reato, farebbero bene a indagarmi, processarmi ed eventualmente condannarmi.

Lo stile capzioso del mio componimento ha provocato commenti di vario genere. Alcuni pentastellati hanno applaudito, senza cogliere il riferimento finale. E in fondo hanno fatto bene: penso che sia un giorno triste quello in cui il leader indiscusso di un grande partito rischia la galera per qualcosa che riguarda, in qualche modo, la sua azione politica.

Altri hanno negato il fatto, rimbalzando la grottesca versione di Grillo, quella della gita per la “polentina” e dei sigilli violati a sua insaputa.

Altri ancora hanno contestato, dicendo – semplifico – che non tutti i reati sono uguali. Che anche durante il fascismo c’era chi finiva in carcere per aver violato brutte leggi con ottime ragioni. E meno male che c’erano. I renitenti, non le leggi.

Ecco, questo mi sembra il punto.

Il bello dei social è che una provocazione spesso porta a una sintesi. C’è, per una parte dei sostenitori di Grillo, la convinzione che commettere reati sia normale in presenza di battaglie che li giustifichino. E’ uno dei caposaldi di Thoreau, che la mia amica Arianna Ciccone ha avuto la gentilezza di ricordarmi.

Si chiama disobbedienza civile: i diritti che prevalgono sulle leggi costituite perché non le riconoscono.

È un concetto perfettamente chiaro a Grillo, che conosceva benissimo motivi e conseguenze del suo atto, come è del tutto evidente, peraltro, da questo filmato. Solo che poi s’è ben guardato dall’assumersene la responsabilità.

È, anche, un fulcro della battaglia No Tav, della Lega e dei vari movimenti antitasse, e, da come si muove, dell’accoppiata Grillo-Casaleggio: esistono cause giuste per cui commettere reati diventa una necessità difensiva, inevitabile.

Quali? Chi lo stabilisce? La battaglia contro un treno vale, per citare un esempio che mi è stato fatto, quella per i diritti civili nella Russia di Putin?

Grillo deciderà di compiere questo salto di qualità anche in altri campi?

Quando?

Avrebbe ragione?

Mentre ne dibattiamo – cortesemente, magari senza preconcetti – sarebbe quantomeno opportuno non prendersi per il culo con la polentina.

In alto i cuori.

Ps  Qualcuno mi ha chiesto se sono favorevole alla Tav. Non sono favorevole. Se interessa sapere il perché, l’ho spiegato qui tempo fa.

Diario social: la citazione di Flaiano

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Ieri sera sono andato a mangiare la pizza con mio fratello (e chissenefrega).

Tornato a casa, ho acceso la tv. C’era Daria Bignardi che congedava Alessandro Di Battista del M5S (e chissenefrega).

Poi è entrato Corrado Augias, che ha tra le altre cose fortemente criticato Di Battista (un po’ me ne frega, ma del fatto che lo racconti io, quello, e chissenefrega).

A un certo punto Augias ha parlato di una “indimenticabile citazione di Flaiano, che divideva gli italiani in ‘brillanti promesse’, ‘soliti stronzi e ‘venerati maestri'”. Solo che la citazione è di Alberto Arbasino (e chissenefrega).

L’ho scritto su Twitter e Fb, omettendo il latore dell’errore, perché fa molto inside joke tra noi pirlotti dei social (e chissenefrega).

Ne è seguita una discreta dose d’insulti: venduto, servo, cosa non si fa per la pagnotta, c’hai messo un’ora per cercarlo su Google, la prossima volta controlla prima di fare una figura di merda (e chissenefrega).

Io mica capivo perché tanta gente si scaldasse per Augias, che peraltro adoro. Comunque la citazione, tempo fa, l’avevo sbagliata pure io, attribuendola a Edmondo Berselli, ma per fortuna, quando ne trattai su La Lettura del Corriere, me lo corressero loro (e chissenefrega).

Poi qualcuno ha messo il soggetto nelle contestazioni, e ho scoperto che, appunto un’ora prima, Di Battista aveva correttamente pronunciato la più opinabile tra le infinite citazioni di Flaiano, quella sui fascisti italiani che sarebbero di due tipi, fascisti e antifascisti (e chissenefrega).

Quindi, sommessamente, volevo dire che, se tanto mi dà tanto, c’è anche caso che altre granitiche convinzioni maturate dai Cinque Stelle, o da chiunque altro, attraverso i social, non siano poi così precise (e chissenefrega).

 

Il Movimento Cinque Pialle

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Quando lavoravo a Cuore, la discesa in campo di Berlusconi fece da spartiacque.

Fino a quel punto, benché i tratti antirazzisti della rivista fossero del tutto evidenti, la generica foja antisistema faceva sì che molti leghisti si abbeverassero alla fonte verdolina. Magari piaceva loro il colore, non so.

Dopo, se ne andarono di botto circa 30/40.000 copie. Era nato il berlusconesimo (“Una scelta di campo”) e non c’era più tempo né per le mezze misure né per le mezze stagioni.

Mi capita lo stesso coi pentastellati.

Anzi, con i cittadini simpatizzanti del Movimento Cinque Stelle, come cercherò di chiamarli, pena la morte per noia, dopo essermi preso del servo poiché utilizzavo il termine “pentastellati” in luogo del vetusto aggettivo “grillino”, che pare suoni denigratorio solo se pronunciato da persona esterna al cerchio magico.

Ho avuto un lungo periodo (parlo di radio) nel quale, con ogni evidenza, alcuni  cardini dei cittadini simpatizzanti… Eccheppalle. Ho avuto un lungo periodo, dicevo, nel quale alcuni cardini dei pentastellati – il fatto di buttare in satira le convinzioni sovrapponibili sul Pd, su Napolitano, sui governi tecnici, sull’onestà in politica – mi garantivano una certa qual simpatia da parte dell’audience peppesca.

Quando però Peppe è diventato un potere, ho inteso dedicarmi a lui, e alle prodezze dei suoi, con lo stesso linguaggio che adotto normalmente. Appunto come fece Cuore con la Lega. E la delusione, mi pare di intendere, è stata doppia. Dico le stesse cose di prima, sui nemici di Peppe. E passa. Ma appena il motteggio sfiora Casaleggio di Reno (copyright Simone Bedetti) ecco che esplode la sindrome dell’amante tradito.

Peggio mi sento, e si sentono, quando una certa qual concezione della democrazia e dell’educazione (non lo dici, che il presidente della Repubblica è un boia, non ci giochi, con la paccottiglia verbale mussoliniana, non lo scrivi, che in fondo Boia chi molla si può dire perché c’era prima del fascismo… potrei continuare ma l’alveo credo sia chiaro) mi porta a prendere qualcosa di simile a una posizione netta e non satirica.

Quando cioè, al netto delle clamorose ed evidenti divergenze tra il compagno Napolitano e me, tocca dire con chiarezza che tra lui, e il tizio che lo omaggia di epiteti alla Mario Moretti, viene giocoforza stare con Re Giorgio. Persino con Re Giorgio

Il capolavoro dei cittadini simpatizzanti… e che palle: dei grilllini, anzi, di alcuni grillini, perché ho l’onore di conoscerne dabbene, gente che andrebbe transennata per la passione e l’intelligenza che ci mette, è che la loro pialla per cui sono tutti uguali, per cui sei con loro o contro, quel lanciafiamme del pensiero che annichilisce il ragionamento e un vago confronto tra persone pure contigue, spinge tra le braccia della restaurazione, almeno a parole, almeno per una battuta, chi ha sempre detto quello che hanno scoperto con colpevole ritardo. Diciamo vent’anni.

Qual è il senso di questo inutile post?

Che naturalmente, se la divaricazione di cui sopra porterà il sottoscritto a farsi qualche ulteriore detrattore, vale la pena di citare uno statista che per Roberta Lombardi era bravo e giusto fino al 1921: me ne frego.

Anzi, per citare Cuore: e chissenefrega.

In alto i Cuori.

Renzi, Berlusconi e il porcellinum: riepilogo

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Il vecchio Pd governava e governa con Berlusconi, il nuovo Pd ci fa le riforme istituzionali.

Il vecchio Pd legittimava Berlusconi (e tutto il suo portato di illegalità, amoralità, che in vent’anni ha titillato e fatto esplodere l’anarchismo destrorso italiano, azzoppando il Paese per chissà quanto ancora), quello nuovo legittima Berlusconi e lo invita a casa propria. Dopo una condanna in via definitiva. E’ un messaggio devastante.

La vecchia legge elettorale era stata fatta contro qualcuno (Prodi), quella nuova viene fatta tenendo fuori qualcuno (Grillo) e a favore dei due partiti che la scrivono, pur non mancando di tutelare Alfano in modo che la voti pure lui e venga risarcito di essere stato scaricato dal Pd, dopo esserne stato brevemente usato.

La vecchia legge elettorale tradiva il referendum sul maggioritario, la nuova legge elettorale tradisce il referendum sul maggioritario.

La vecchia legge elettorale prevedeva listini bloccati nominati dai partiti, la nuova legge elettorale prevede listini bloccati nominati dai partiti.

Non si vota, non si decide. E’ una controfirma. Un porcellinum.

Ma il risultato, dicono tutti, è storico.

Vero.

Il risultato storico è che un anno fa il Pd aveva ridotto in macerie la casa della sinistra moderata. Mo’ è arrivato Renzi e su quelle macerie ha sparso la calce viva.

“Profonda sintonia”.

Con scappellamento spagnolo.

Olè.