Amico lettore, oggi ti chiamo a dirimere una ilare diatriba tra me e un caro amico che di politica ne capisce più di me.
Dico, io, che questa cosiddetta Terza Repubblica è tale e quale alla prima, dunque ne ripercorre stilemi e figure. Dice, lui, che questo ragionamento è passatista. Antico. Inadeguato. E che (banalizzo) Toninelli e Forlani hanno la stessa sovrapponibilità di Mauro Corona e un rapporto cordiale con l’igiene personale.
Vado perciò ad argomentare.
La mia tesi: Di Maio è De Mita, Renzi è Craxi.
Spiego: il MoVimento Cinque Stelle è, ad oggi, la Democrazia Cristiana con la base elettorale di Ukip. Il gioco di prestigio sui programmi è persino banale: se per anni anabolizzi l’uditorio promettendo di uscire dall’Europa, dalla Nato, dall’Euro, dall’assemblea di condominio, mai potrai aspettarti che i tuoi groupie la pensino in modo men che antagonista. La rivoluzione da tinello è stato il tuo tratto distintivo. Poi però devi presentarti tra i broccati, nei salotti, davanti al baldacchino post-Mattarella del Quirinale, ed ecco ti doroteizzi platealmente. Apri e chiudi forni. Rassicuri. Anestetizzi. Porti cioè a compimento, finché dura, il disegno che Casaleggio, attraverso Grillo, aveva da sempre propagandato: incanalare la rabbia popolare per farne strumento di democrazia (sostiene lui) o di accentramento del potere (la realtà).
Perché Renzi sia non già Berlusconi, come la vulgata satirica suggerisce da anni (siamo guitti, si fa per celiare) ma l’erede di Bettino, è presto detto. Come lui, ha preso un partito di grande storia. Anzi, due. E l’ha disassato. Come lui, ha pensato di cavalcare un’onda lunga di infinita gestione della cosa pubblica, ma gli si è rovesciato il surf. Come lui, miscela intuizioni concrete e arroganza spicciola, seleziona classe dirigente solo se consenziente, commette plateali errori di strategia ma resta in sella. Tanto che sarebbe ora si riprendesse ‘sto benedetto partito, se deve gestirlo con lo stesso controller che usava per la Playstation di Orfini.
Entrambi, infine (Ciriaco e Bettino) sanno che questo treno potrebbe non passare più. Personalmente, per la collezione di chissenefrega del lettore, ritengo l’accoppiata Pd-M5S un buco nero che potrebbe inghiottire entrambi. Forse auspicabilmente. Certo è che Di Maio, in un angolino di se stesso, sa di essere Di Maio. Cioè la prosecuzione della Raggi con altri mezzi. Una Tesla senza conducente che vede avvicinarsi il guard rail perché il software non ce l’ha e non se lo può dare. Renzi, di contro, possiede il software – Minniti e compagnia – che in teoria potrebbe rallentare o evitare l’impatto. E a differenza di Berlusconi è già stato deprivato di veti da parte di chi solo tre mesi fa gli dava del mafioso, del dittatore, del Jerry Lewis meno divertente. Dunque si sta attrezzando per lucrarci su.
Sarà un’analisi naïf, ma potrebbe essere la piattaforma del governo Fico. Cioè di un esecutivo basato sulla convenienza e sul disprezzo reciproco.
Proprio come nella Prima Repubblica.