“Forse abbiamo sbagliato. Abbiamo sbagliato qualcosa nella comunicazione”.
E’ la frase cruciale dei 17 minuti di monologo nel quale Renzi ha spiegato, senza quei rompicoglioni dei giornalisti a fare domande, cosa intende per #buonascuola.
Tradotto: l’80 per cento degli insegnanti e la gran parte degli studenti che protestano non hanno capito. Lui concede: “Colpa nostra”. Ma pare d’intuire che pensi: “Mo’ ve lo rispiego, ciuchi”.
La riforma, parer mio, che non ho capito, ha due punti deboli su tutti. Apparentemente poco pratici, ma fondanti:
1) E’ pensata contro qualcuno. E’ uno spot pubblicitario contro quei fannulloni degli insegnanti.
2) Sparando contro gli insegnanti, ne rade al suolo la credibilità e disarticola quel minimo tessuto connettivo di impegno ed entusiasmo che ha supplito per troppi anni alla carenza di strutture e denari.
Ma questa è un’opinione, anzi due.
E’ invece un dato di fatto che, mentre si concedono sgravi a chi mandi i figli alle Private (private, non paritarie: chiamare le cose col loro nome è indice di onestà intellettuale), siano stati tagliati, Finanziaria dopo Finanziaria, i fondi all’istruzione. Anche da questo Governo.
Spendiamo infinitamente meno di ogni altra civile realtà europea.
Ciononostante il carrozzone sta in piedi. E per risanarlo, rendiamo bersaglio chi prova a tenerlo su con lo scotch.
Perché il punto è solo uno: parlare di meritocrazia, inflessibilità, regole cartesiane, è giusto. E’ giusto essere spietati con i professori lavativi (ce ne sono) che hanno scambiato il loro ruolo per una pensione anticipata, magari con la scusa che gli cascano le aule in testa e devono insegnare in istituti preistorici.
Ma per farlo, per avviare la rivoluzione, occorre crediblità.
E non sei credibile quando non applichi nemmeno uno di questi principi, per esempio, all’evasione fiscale. Che supera i 120 miliardi di euro l’anno. I 15 che servono alla scuola potresti prenderli da lì. E non sei credibile se, a proposito di merito, hai costruito la tua squadra di governo sul principio dell’obbedienza e dell’appartenenza geografica. Altro che competenze.
Non sei credibile – e qui sì c’è un errore di comunicazione – perché hai adottato, incidentalmente, inevitabilmente, per il tuo immaginario così Eighities che parte dalla ruota della fortuna e… si ferma lì, tutte le posture comunicative dell’uomo col quale hai scritto il Patto col Nazareno. Di fronte al quale l’Italia si è sempre divisa in due. Non tra destra e sinistra, categorie superate, ma tra chi sapeva che cacciava palle, eppure decideva di crederci in funzione “anticomunista”, e chi riconosceva quelle palle ma non aveva gli strumenti, il coraggio, la forza politica per contrastarle degnamente.
Ma entrambi sapevano trattarsi di palle.
Per questo, è vero, avete sbagliato comunicazione. Perché anche se la riforma fosse condivisa (non la è), sincera (non la è), lungimirante (non la è: consiglio questo bel commento del professor De Mauro), se anche la tardiva apertura a un minimo dialogo fosse vera (non lo so), la sua rappresentazione coinciderebbe in tutto e per tutto col coté estetico un po’ cialtrone e un po’ “virile” di zio Silvio.
Forse per questo, quel video, invece che l’Attimo fuggente, sembrava Pierino torna a scuola.