La rinuncia di Cgil, Anpi e rispettabile compagnia alla manifestazione di sabato a Macerata è una ferita politica difficilmente rimarginabile.
Non tutte le manifestazioni sono uguali.
La Costituzione stabilisce che ognuno può perorare le proprie idee in gruppo, ma anche che l’apologia di reato e del fascismo violano il codice penale. Ergo: gli striscioni di Forza Nuova per Traini non sono una questione di ordine pubblico e vanno perseguiti. E una sfilata di fascisti per Macerata andrebbe sciolta, non “governata”.
Invece no: democratici e autoritari finiscono piallati, nell’immaginario, in due curve uguali e contrarie, entrambe legittime. E gli antifascisti, probabilmente per mero calcolo elettorale, vengono messi sullo stesso piano di chi inneggia a una dittatura efferata.
È il portato del senso comune, sempre più a destra, che ha preso il posto del buon senso e dei quattro valori in croce da cui è nata questa claudicante repubblica.
Generalmente in certi casi ecumenici si invita a non esibire i simboli di partito. Se questa manifestazione si fosse fatta, i simboli andavano invece portati tutti. Per contarsi. Per contare chi crede al primato dello Stato sulla giustizia fai da te.
Finisce invece che si lascia il campo a chi si autorganizzerà, andrà comunque, e molto più facilmente rischierà di cadere nelle provocazioni di chi è stato sdoganato nei talk-show ma sempre un fascista violento resta.
Mentre Minniti spiega che, nel caso, l’avrebbe vietata lui. E viene il dubbio che ai diretti interessati l’avesse comunicato in anticipo.
Un autogol da centrocampo.
Anzi: un autogolpe.