Il caso Diawara: di curve, insulti e prevalenza dei cretini

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Ha fatto bene. No, mi correggo: ha fatto benissimo. Amadou Diawara non poteva festeggiare meglio il gol che al 92’ ha permesso al Bologna di espugnare Marassi. Disponendone, gli avrei fornito un cartello lampeggiante con la scritta “gugu fatelo a vostra sorella”. Ma mi accontento che abbia imitato le movenze di un gorilla. Perché ci voleva un ragazzino a dirci che certe convenzioni si possono abbattere. Che quella roba lì è razzista, sbagliata. E sì, certo, poi è stato espulso. E tutti i cronisti hanno subito commentato dicendo che non si fa, che deve rendersi conto, che non è questo il modo. E il portiere avversario Perin ha detto che Diawara ora imparerà come vanno le cose negli stadi. Cioè che una massa indistinta può dare del negro a qualcuno, ma che il centro di cotanta attenzione manco può sfogarsi se per caso gli capita qualcosa di bello. E per assolverlo hanno persino detto che si era confuso col rossoblu della curva del Genoa e dunque ha esultato sotto la curva sbagliata. Perché si sa come sono quelle teste calde che vengono dall’equatore o giù di lì, mica hanno il senso dell’orientamento. Ha fatto bene, Diawara. Perché ‘sta roba che ci fa ridere e disperare è un gioco. Esultare non è reato. E in un mondo normale lo stadio non è un luogo nel quale i diritti civili vengono sospesi, nel quale gente che in strada da Diawara fuggirebbe a gambe levate, può permettersi di sputare su qualcuno per la pelle che porta. Ha fatto bene, Diawara. Lo rifaccia, la prego. Magari dopo un gol suo. E forza Bologna.

Uscito sul Corriere di Bologna