Dell’impignorabilità della prima casa, analisi breve

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No, quindi, la dico semplice così si capisce, no? Praticamente, secondo me, la butto lì, cioè, se tu sei un poveraccio che ha sempre pagato le tasse, no, e tipo ti hanno licenziato, o hai perso il lavoro, o l’azienda, per un qualunque motivo che sia la crisi, o altro, e ti ritrovi con un debito che non riesci a estinguere, ecco, allora è proprio giusto che la prima casa non ti venga pignorata perché, incidentalmente, è l’ultima chance che ti rimane per provare a risalire, è un gesto compassionevole che lo Stato deve fare, perché lo Stato sei tu e dunque, insomma, ci siamo capiti.

Ma se tu sei uno che le tasse le ha evase, che ha rubato in primis a me, che le pago, che ha vissuto negli anni sprezzando i coglioni che cercavano di fare il loro dovere di cittadini, compiendo sacrifici, rinunce, barcamenandosi sulla soglia della povertà, o al di sotto del benessere, o della ricchezza, semplicemente perché ritenevano l’onestà un valore, perché volevano essere persone perbene, ecco, allora, in quel caso, per dire: TU DEVI ANDARE A DORMIRE SOTTO I PONTI, STRONZO, PERCHE’ HAI RUBATO IL MIO PRESENTE E IL MIO FUTURO.

Voglio dire: la pignorereste la prima a casa a Berlusconi?

Ecco, spero che l’analisi non sia stata troppo sofisticata. Un saluto. Grazie.

Alla fiera del web

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Alla fiera del web

Per errore

Una battuta su Peppe

Mi scappò

 

E venne il grillino

Che mi diede del Piddino

Per la battuta

Che su Peppe

Sul Web mi scappò

 

Alla fiera del web

Per errore

Una battuta su Renzi

mi scappò

 

E venne il Renziano

Che mi diede del grillino

Che mi diede del piddino

Per la battuta che su Renzi

Sul Web mi scappò

 

Alla fiera del web

Per errore

Una battuta su D’Alema

Mi scappò

 

E venne il dalemiamo

Che mi diede del renziano

Che mi diede del grillino

Che mi diede del piddino

Per la battuta che su Max

Sul Web mi scappò

 

Alla fiera del web

Per errore

Una battuta su Silvio

Mi scappò

 

E tornò il renziano

Che mi diede del Tsiprano

Che mi die’ del dalemiano

Che mi diede del renziano

Che mi diede del grillino

Che mi diede del Piddino

Per la battuta che su Silvio

Sul Web mi scappò

 

 

Alla fiera del web

Per errore

Una battuta sugli Usa

Mi scappò

 

E venne lo tsiprano

Che mi die’ dello yankiano

Che mi die’ del dalemiano

Che mi diede del renziano

Che mi diede del grillino

Che mi diede del Piddino

Per la battuta che sugli Usa

Sul Web mi scappò

 

Alla fiera del web

Per errore

Una battuta sulla Lega

Mi scappò

 

E venne il grillino

Che si era confuso

 

Alla fiera del web

Per errore

Una battuta su Eugenio

Mi scappò

 

E l’angelo della morte

Sul grillino

Sul piddino

Sul renziano

Sul D’Alemiano

Sullo yankiano

Sullo Tsiprano

Sul Silviano

Sul Legàno

 

Che alla fine

I miei maroni

placò

 

 

 

Pd e manifesti: finalmente una campagna perfetta

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Dei disastrosi manifesti Pd del passato sappiamo tutto. Da “conosci tizio”, a “Bersani Nosferatu” messo in ginocchio a pregare, passando per quelli praticamente autoparodianti che fecero schiantare di risate il web.

Ma ora c’è stato un cambio di passo, passato inosservato ai più.

Grafico, intanto. Al netto dei colori scippati a Poste Italiane, o al Lidl, si nota uno sforzo di modernità. E moderna è pure la scelta di non stressare da subito l’immagine di Matteo Renzi (forse perché impegnato a ballare il tango con Chiamparino) puntando su volti anonimi e sulle loro aspettative.

Certo, c’è quell’arietta da 2.0 Leopolda Style, dove si parte coi tavoli tematici opensource e poi si cerca di mettere il capo dei vigili di Firenze a responsabile dell’ufficio legislativo del Governo (e la consulta ti sfancula pure). Ma lo scatto c’è. E uno dei manifesti lo testimonia più di altri.

Questo.

rigore

Visto così, sembra solo uno slogan generico come gli altri, affidato una bella topolona invece che a un nerd che vuole la banda larga (a ragione), a una casalinga che si preoccupa di bufale e calembour, a un pensionato con la cravatta improponibile. Invece no. Invece è rivoluzionario. Per lo slogan. Sul rigore da battere.

Esso slogan, infatti, richiama:

1)    La sconfitta del rigore, cioè dei doveri, cioè in definitiva di quella culona della Merkel.

2)    La sconfitta della Germania nel calcio, cioè dei crucchi, cioè sempre di quella culona della Merkel.

Per la prima volta, cioè, e in un solo manifesto, il Pd propone:

1)    Il disimpegno dalle responsabilità assunte come Paese, come comunità.

2)    Un generico antieuropeismo non dissimile da Lega e Peppe.

3)    Il richiamo al tifo da stadio.

4)    La bella topolona.

C’è poi una quinta e decisiva novità: il popolo piddino, che un tempo attribuiva alle modalità dell’eventuale vittoria una certa importanza, ha fatto propria in un battito di ciglia la personalizzazione del partito e le tematiche così anni ’90 del nuovo leader.

Si spiega così il 34 per cento nei sondaggi.

Si spiega così il perché, in fondo, quel manifesto è semplicemente perfetto.

Renzi: “Devo parlarvi, giratevi”

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Oggi Repubblica ospita due pezzi satirici clamorosi.

Il primo è di Stefano Benni e racconta con l’arma scintillante del paradosso i tagli di Renzi: via due elefanti dall’Aida, via le catenelle dalle biro delle banche, via un paio di centimetri dalle supposte. Fa riderissimo.

L’altro è di Roberto Petrini e racconta i tagli veri: chiusa l’ambasciata di Rejkyavik, basta coi permessi sindacali dei dipendenti pubblici, ancora tagli alla sanità. Fa incazzarissimo.

Perché io non vedo per l’ennesima volta – e Renzi parla soprattutto di cose che non fa, figurarsi se avesse da raccontare qualcosa che ha in mente di attuare davvero – un accidenti di parola chiara sull’evasione fiscale.

Niente, nulla, nisba, zero scarabocchio.

E se non l’annuncia, se la evita, come ha sempre fatto, perché interromperebbe la luna di miele,  significa, cazzo, che non ha alcuna intenzione di inserirla come priorità dell’azione di governo.

E vuol dire, porca troia, che dei tagli alla sanità, alla cultura, ai servizi, come sempre soffriranno tutti. In termini chiarissimi, e crudeli. Mentre chi ruberà sulle tasse avrà in tasca l’argent de poche, e molto di più, per fottersene allegramente.

Altro che 80 euro.

Più il suo governo autoproclamato va avanti, insomma, più Renzi mi spinge alla personale rielaborazione di una poesia che fu dell’immenso Freak Antoni.

Non è “Cambia verso”.

E’: “Devo parlarti, girati”.

Grillo testimonial Woolrich. Te lo do io lo slogan!

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Va bene, Casaleggio non gli ha ancora insegnato a distinguere Youporn dai siti di escort, ma Peppe è decisamente più avanti. Pochi mesi fa visitava lo stand Woolrich di Pitti Uomo e, informano le cronache, si intratteneva a lungo coi proprietari. Da quel momento ha spesso indossato i capi di quel marchio (in bella evidenza). Delle tre l’una: o ama così tanto quei giubbotti che se li compra personalmente e fa loro pubblicità gratuita, o glieli regalano per portarli, e da genovese sarebbe un colpo perfetto, oppure la Woolrich è il primo brand dell’abbigliamento che decide di finanziare un partito usando un politico come testimonial. Certo, nel recente passato c’è pure Renzi che si fa il selfie con Dolce e Gabbana, dimentico dei loro guai col fisco. Ma ve l’immaginate Bersani sponsorizzato da una casa di mode? Chi avrebbe mai potuto sceglierlo? E con che slogan? “Il diavolo veste Standa”? Comunque, in segno di pace nei confronti del MoVimento, formato al divino insegnamento del medesimo secondo cui per la rivoluzione si lavora gratis, sono a offrirmi senza richiedere alcun compenso per fungere da copy della campagna, nel momento in cui la partnership tra Peppe e Woolrich verrà finalmente ufficializzata. Quella che a qualcuno potrebbe sembrare un’orrenda marchetta, per me è un geniale momento di comunicazione che merita uno slogan adeguato. Te lo regalo, Peppe. E come diceva Carver: se hai bisogno, chiama.

peppe woolrich