Confessioni di un vedovo di Conte

Standard

 

La solita vita da mediano di Conte a Villa Pamphilj - Linkiesta.it

(ANSA – CASALINO) Giuseppe Conte mentre gli appare la buonanima di Rousseau

Avessi un centesimo per ogni battuta, o analisi più seriosa, sui due Governi Conte, avrei già acquistato da Roberto Saviano l’attico di New York che Roberto non ha mai posseduto. Eppure mi sono ritrovato iscritto dalla solita Bestiolina al club dei vedovi di Conte. Come sempre, sticazzi di quel che capita a me: ho le spalle larghe e le balle capienti. Il punto è la narrazione conformista per cui qualunque distinguo sul Governo dei Migliori, che sarà certo presieduto da un migliore, ma poi è fatto di tanti Peggiori come quelli precedenti, prevede di attribuire al reprobo sentimenti di nostalgia per quelli di prima. Ora: come si potrebbe provare nostalgia per Di Maio agli Esteri? Chi potrebbe rimpiangere la Lega al Ministero dell’Interno? Chi sano di mente verserebbe lacrime per aver perso Bonetti alle pari opportunità? Nessuno. Perché sono ancora tutti lì. E sul Cencelli 2.0 che ha attribuito le altre poltrone (sunteggio: ci interessa il recovery fund, gli altri ministeri sono scenografia) si potrebbe scrivere un saggio, qualcosa sulla politica italiana commissariata da circa una ventina d’anni. Poi però toccherebbe dire che la politica italiana se lo merita, il commissariamento. E che lo meritano quelli che l’hanno votata, la classe politica. Ma verrebbe una cosa lunga ed è domenica. Però, per concludere, se mi è concesso un francesismo: “vedova di Conte” stocazzo. Un saluto cordialissimo.

Lettera da un coglione a un presidente

Standard
La conferenza stampa di Draghi, oggi

(ANSA – NAZARETH) Mario Draghi subito prima della consueta sgambata sulle acque del Tevere

Caro presidente Draghi,

lasci che mi presenti: sono un coglione.

Chieda in giro, glielo confermeranno. Magari per motivi diversi da quelli che sto per elencarle. Ma poco importa.

Sono un coglione che ha preso multe, come tutti. Ha fatto casino con qualche versamento, come tutti. È stato inseguito per versare imposte che riteneva non dovute, come tutti. Ha persino subito qualche comportamento dello Stato che riteneva in patente malafede.

E ha sempre pagato.

Intendiamoci: sono un coglione fortunato. Ho sempre avuto il denaro per farlo. Magari l’ho distolto da attività “di necessità”. Anche se… cos’è poi cos’è la necessità? Chi può dirlo? Io avrei necessità di comprare il Bologna per far giocare De Silvestri solo nel parcheggio. Ma non so se la Finanza me la passerebbe.

Lei sì. Lei ha detto che se dieci anni fa avessi deciso che una mia qualunque necessità valeva il mancato pagamento delle tasse, avrei fatto bene. Perché oggi, ove l’avessi fatto, lei mi avrebbe appena detto che anche stavolta “scurdammoce o’ passato”. Poi, per carità, nel comunicarlo lei si è costernato, si è indignato, si è impegnato. Ha detto che va riformata la riscossione. Ma intanto ha gettato la spugna con gran dignità. Ha condonato. Sta per condonare. Sta per confermarmi che sono proprio un coglione.

E sa cosa, presidente? Che non va riformata la riscossione. O non solo quella. Va riformata la testa degli italiani. Va detto loro, andava detto, che siete davvero diversi. Che non si crea il ponte per l’ennesimo condono. Il prossimo. Anche quello, ovviamente, l’ultimo. Anche quello, di necessità. Colpa dei governi precedenti. Ma d’ora in poi…

Ma va bene, presidente. Va così. Almeno nella sua conferenza non c’era Casalino a fare da quinta e ad aver preparato la scena con qualche whatsapp. Però, ecco, ove avessi potuto farle una domanda le avrei chiesto una cosa sola: bravi tutti, bravo Elio, bravo Mario… ma nella giornata delle mafie, quand’è che facciamo sul serio? Perché sa, presidente, tra gli evasori di necessità che non pagheranno ci sarà certamente chi prendeva anche il Reddito di Cittadinanza e che ci stritola ogni giorno ché considera lo Stato, cioè Lei, ma anche tutti noi, una vacca da mungere.

La verà emergenza del Paese. Il primo tentacolo da recidere se si vuole ripristinare una sorta di legalità percepita.

Anche a loro, stasera, abbiamo detto “condoniamo, è da tanto tempo che non lo facciamo”.

E, diciamo, noi coglioni siamo un filo delusi.

Buon lavoro.

Scissione e liberazione: perché il Pd e Italia Viva dovrebbero separarsi per davvero

Standard
Tra Renzi e Zingaretti | Il Foglio

(ANSA – KODAK THEATRE) Zingaretti e Renzi quando vinsero l’Oscar per il miglior sorriso fasullo

Me lo chiedeva l’altro giorno Michele Serra in radio e non ho saputo dargli una risposta: ma perché nel Pd c’è una corrente renziana? In effetti: avendo Renzi un partito, come mai ci sono persone a lui afferibili in un altro? Michele, che ne sa molto più di me, ha escluso ciò che a me parrebbe ovvio: per condizionare due forze politiche in un colpo solo, uno delle quali da fuori, quindi con un maggiore peso contrattuale, in attesa di rientrare nel principale con la fanfara. Almeno nei desiderata.

Però, se la cosa sembra curiosa lui, figurarsi a un cacadubbi come il sottoscritto.

Causa recenti evenienze personali, che ho riassunto qui, voglio però evitare qualunque critica anche solo apparentemente distruttiva, anche perché mi pare che sia il Pd, sia Italia Viva, stiano perseguendo l’implosione con una pervicacia che non abbisogna di appoggi esterni. Dunque mi sforzerò di essere propositivo e di pronunciare una parola che nel campo della cosiddetta Sinistra, ove la si consideri tale anche in questa evenienza, ha spesso risuonato con esiti nefasti: scissione.

Perorandola.

Spiego: esiste nel Pd, se ho ben inteso, una cosa che si chiama “Base riformista”. Che non è di base, dacché non risulta sia minimamente popolare tra gli elettori. E non è riformista, ma sostanzialmente turbo-liberista e perfettamente aderente al progetto di Sinistra del Centrodestra che Italia Viva ha da tempo messo in atto. Base riformista è la responsabile principe di quello che potremmo definire l’incommensurabile puttanaio attuale. E questo al netto dei giudizi sulla vicenda di Nicola ZIngaretti, per la segreteria del quale, come credo chiunque, nutro la stessa passione che per un Bologna-Fanfulla 0-0 dell’84.

Il risultato è un partito oltre la crisi di nervi, in cui si gioca con le poltrone, anche accusando altre di puntare alle poltrone che si occupano al momento, e un altro partito che nei sondaggi viaggia costantemente alle temperature di Novosibirsk in dicembre.

La domanda di bassa politologia è appunto questa: davvero il Pd perderebbe qualche voto se quelli di base riformista se ne andassero? E, di contro, Italia Viva guadagnerebbe o no da una momentanea iniezione di deputati e da qualche uomo in più che magari sollevi sul cosiddetto territorio, battendo le fabbriche un ufficio del proprietario via l’altro, qualche consenso in più?

La dico ancora meglio: perché lasciare alla Lega la cosiddetta classe produttiva del Paese? Italia Viva non è concorrenziale con nessun partito di sinistra della galassia. Ma tra i due Mattei, ci sono sicuramente fior di imprenditori che sceglierebbero Renzi. Di più: magari lo farebbero pure votare. Togliendo consenso non già a quei pericolosi comunisti del Pd, ma proprio a Salvini.

Dunque, se ne gioverebbero tutti: il Pd potrebbe leccarsi le ferite, magari aprendo ‘sto cazzo di discussione programmatica davvero a chiunque, rifondarsi, fare un congresso allargato domani perché altrimenti non arriva vivo alle elezioni, e Italia Viva rischierebbe addirittura di non essere azzerata alle prossime elezioni politiche. Che, siccome si faranno con una legge comunque di deriva proporzionale, spingerebbero inevitabilmente alla scelta tra un asse Cinque Stelle Dedibbizzato, il Pd, la cosiddetta sinistra radicale (che non è radicale e forse per quello raccoglie poco) e il gruppo vacanze Visegrad.

A quel punto Renzi potrebbe decidere il miglior offerente, fingersi paciere, lucrare quel ruolo centrale che tanto ama, e quantomeno sostituire Di Maio agli Esteri. O passare definitivamente al lato oscuro della forza, come vorrebbero alcuni suoi consiliori economici che infatti flirtano pubblicamente tra Borghi e Bagnai.

Tra l’altro, dato il congelamento imposto dall’agenda Draghi, il Governo non ne risentirebbe punto.

Morale: Renzi vuole ancora scalare il Pd, ma non lo vogliono né il suo elettorato, né quello del Pd. Potrebbe più facilmente scalare Forza Italia, o la base leghista, invece di camminare a fianco di Salvini. A meno che non sia proprio quello il progetto in atto, e che il prossimo #staisereno non sia per l’ennesimo tizio che si sta fidando di lui.

Intanto, ecco, se state insieme ci sarà un perché. Ma è dentro di voi. Ed è sbagliato.

Il sottogoverno dei sottomigliori: una chiave di lettura

Standard
Grisù e il fuoco della creatività… | YAB

(ANSA – PAGOT) Draghi

Grisù e il fuoco della creatività… | YAB

Se avessi un giornale su cui farlo, oggi scriverei qualche riga sull’infornata di sottosegretar*.

Direi, con un giro di parole da elzevirista, ché sulla carta l’arzigogolo è spesso necessario, che mi è caduta la faccia per terra.

Sosterrei più o meno che non è tanto la qualità spesso indecente di alcuni dei nominati (e quella dei defenestrati, in primis la mite e preparata Sandra Zampa) a sgomentarmi. Ma l’impianto complessivo che è una sconfitta per la politica. Per chi l’ha votata a vario titolo, dunque è più direttamente corresponsabile di questa specie di Guernica, sia per chi non se ne sente rappresentato. Dunque subisce e basta.

Direi che il punto sta anche, certo, nell’aver messo ai servizi alla Difesa una che voleva bruciare i migranti, alla Cultura una che si proclama analfabeta, alle infrastrutture un’esperta di agricoltura, agli Interni un complottista che fa sparire i post contro Draghi, all’Economia quella che la dice lei, ma la dice sbagliata. Il guaio è più ampio.

Il guaio è che le ipotesi sono, diciamo, tre.

Dalla geografia ai libri non letti. Le gaffe di Borgonzoni, sottosegretaria alla cultura - Policy Maker

(ANSA – FRUIT OF THE LOOM) Lucia Borgonzoni mentre dimostra che conosce la prima persona plurale

La prima è che Draghi, applicando il Cencelli, abbia ceduto plasticamente alle richieste della maggioranza che lo sostiene. Una maggioranza Arlecchino, più che Ursula, della quale fa parte anche il tizio che firmò i decreti sicurezza e ora torna al Viminale. Immaginatevi con quali obiettivi. Una scelta, quella del Premier, che poi non si dice Premier ma a ‘sto giro è lo stesso, di piccolo cabotaggio. Che ne indebolisce il prestigio già ora. Un Supereroe che sta ai detti di Mister Papeete non s’è mai visto.

Il meglio del peggio del Carlo Sibilia pensiero - L'Espresso

(ANSA – ABACO) Carlo Sibilia mentre si chiede che fine abbia fatto il sesto dito

La seconda opzione è più fisiologica. Draghi è stato a lungo, ed è ancora, il Migliore che potevamo giocarci. Ma è un migliore che attiene a una cerchia. Di quella cerchia fanno parte alcune eminenze economiche che si sostanziano in nomi e milieu precisi. Al di là di Cavour, siamo nel campo – chiedo scusa per il Novecentismo – della Destra presentabile italiana. Draghi non è Ciampi e non è nemmeno Monti. Per certi versi è Conte (stessa provenienza, lombi infinitamente meno nobili) e infatti maltratta “quelli che ci fanno tanto divertire”. Se potesse essere il leader di uno schieramento moderato, probabilmente lo voterei pure. Ma non è uno schieramento di tutti. Tanto che nel Cencelli a pagare sono, plasticamente, le superstiti forze progressiste.

Il capo della Polizia Gabrielli sui migranti: "Sono contrario alle multe alle Ong" | Globalist

(ANSA – DIAZ) Franco Gabrielli di fianco a un tizio vestito abusivamente da poliziotto

Il terzo scenario è il più probabile ma anche il meno commestibile: Draghi dei sottosegretari se ne batte altamente (sul giornale avrei scritto: “non ne ha nemmeno contezza”) e dunque ha lasciato campo libero ai partiti perché tanto poi manovrerà personalmente, whatever it takes, l’unica emergenza che ritiene importante: la gestione dei 209 miliardi. Con passo sicuro, peraltro: i grillini non sanno di cosa si tratti, la sinistra democratica lascia fare, gli altri si sono messi a tavola con le migliori intenzioni. Tanto paga Bruxelles.

Se avessi un giornale su cui scriverlo, sosterrei che il “governo dei migliori” (in greco: Aristocrazia) è il dominio di un uomo degnissimo sulla pletora scomposta e interessata della classe sociale che, anziché guidarne gli esiti come accade altrove, ha distrutto questo Paese: la Borghesia. La quale, non a caso, esprime questa poltiglia parlamentare che il cosiddetto popolo ha ben volentieri votato.

Direi che se dovevamo uscire dalle sabbie mobili, le abbiamo appena scelte come sottogoverno. E che mi auguro perciò che Draghi possa issarsi su sé stesso per evitare ulteriori danni, magari aggrappandosi all’unica fune stentorea che questo Paese possiede: Sergio Mattarella.

Sperém, concluderei.